– La nave Aquarius, di Sos Mediterranee e Medici senza Frontiere, approda a Pozzallo, con a bordo 373 migranti salvati in acque internazionali, al largo della Libia, nella notte tra Natale e Santo Stefano. 139 persone, tratte in salvo dalla nave OpenArms della Ong Proactiva, sono stati soccorsi intorno alle 4 del mattino del giorno di Santo Stefano. I naufraghi, che si trovavano tutti a bordo di un solo gommone, provengono da 17 Paesi. Tra loro 30 minori, 8 dei quali non accompagnati, 7 bambini sotto i 13 anni e 2 donne in stato di gravidanza.
Sempre ieri, ma intorno alle 18.00, la nave Aquarius ha accolto a bordo altre 234 persone soccorse dalla nave militare spagnola Santamaria: provengono in maggioranza da Eritrea e Marocco ma anche da Libia, Etiopia, Guinea Conacry, Costa d’Avorio, Mali, Nigeria, Pakistan, Somalia, Sudan. Tra loro 39 minori, 24 dei quali non accompagnati e 7 di meno di 13 anni. Un giovane eritreo di 28 anni ha raccontato ai soccorritori della nave Aquarius che l’imbarcazione sulla quale si trovava aveva lasciato la costa libica il giorno di Natale: “Noi eritrei il 25 dicembre lo chiamiamo Natale italiano, dal tempo in cui l’Italia aveva colonizzato l’Eritrea. Forse per questo siamo stati fortunati e siamo stati soccorsi”, ha detto.
I trasferimenti si sono svolti rapidamente e senza incidenti, nonostante le cattive condizioni meteo: “Non ci aspettavamo soccorsi, in particolar modo perche’ il vento aveva iniziato a salire la sera prima e sembrava troppo pericoloso per un gommone insicuro tentare questo viaggio gia’ estremamente pericoloso. Ma, in realta’, le persone sono state spinte in mare il giorno di Natale e se queste persone erano disposte a correre questo rischio, alcune con le loro famiglie, e’ certamente perche’ non avevano altra alternativa che scappare via mare”, ha detto Klaus Merkle, Search and Rescue Coordinator di Sos Mediterranee a bordo della nave Aquarius.

La nave Aquarius sta ora facendo rotta verso nord in direzione di Pozzallo. Le condizioni meteo nel Mediterraneo peggiorano ancora: da oggi fino a venerdi’ si prevedono forti venti e onde alte 4-5 metri. Tra i 373 profughi ora a bordo della nave Aquarius vi sono diversi nuclei familiari con bambini e 32 minori non accompagnati, tra i quali anche due ragazzi di 14 e 13 anni che viaggiano da soli. 14 persone con ustioni dovute alla fuoriuscita di carburante e una persona con difficolta’ di deambulazione, trasportata in barella nella clinica di bordo, sono state affidate alle cure dei medici di MSF. Un giovane del Mali ha raccontato ai soccorritori di avere gia’ tentato tre volte la traversata: “La prima volta siamo stati arrestati dagli Asma Boys, i banditi”.
L’ultima volta, il gommone sul quale viaggiava e’ stato intercettato dalla Marina libica: “Quando la nave e’ arrivata e abbiamo visto la bandiera libica, abbiamo tentato di fuggire. Tutti erano preoccupati. Non ci hanno lasciato scappare ma hanno continuato a seguirci. Per non rischiare la vita delle persone, perche’ c’erano molte donne e molti bambini in mezzo a noi, li abbiamo lasciati fare. Nessuno e’ caduto in acqua, grazie a Dio”, ha detto. E ha aggiunto: “anche ieri quando la barca spagnola e’ arrivata eravamo preoccupati, ma dopo ho detto ai miei amici: “Guardate come queste persone ci trattano bene. Sulla nave libica, non ci hanno dato neanche acqua. Una volta sulla nave, sono andati in bagno a lavarsi prima di mangiare, lasciandoci senza cibo”.
Il giovane ha raccontato anche di essere stato condotto in prigione, una volta riportato a Tripoli: “Quando siamo arrivati al porto di Tripoli, le organizzazioni umanitarie c’erano, hanno preso i nostri indirizzi. Poi siamo stati messi sul bus e ci hanno portati nelle prigioni. Le prigioni non sono organizzate, si stava molto stretti, anche stare seduti era impossibile. Si cammina gli uni sugli altri. La’ le organizzazioni umanitarie non c’erano. Anche avere dell’acqua era difficile. Bevevamo lentamente perche’ non sapevamo se dopo ci avrebbero portato altra acqua. Un giorno hanno portato 5 litri di acqua, e poi abbiamo passato tre giorni senza. Abbiamo cominciato a bere acqua cattiva e ci davano da mangiare pasta cruda. Meglio rimpatriare rapidamente che essere nelle carceri libiche. Altri dicono che e’ meglio annegare che stare nelle carceri libiche. Rischiamo la vita ma e’ meglio annegare che essere arrestato dalla Marina libica. E’ come se stessimo vivendo di nuovo la schiavitu’. I neri sono i loro schiavi, questo e’ quello che pensano in Libia oggi”. (ITALPRESS)