Liliana Segre, Senatrice a Vita, al suo primo intervento in aula: “Questo odore di sangue non porta niente di buono”

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Mentre la città di Palermo si prepara ad affrontare un importante incontro-dibattito sulla violenza di genere, argomento impegnativo e sentito che verrà affrontato da una scrittrice che conosce bene il tema, la bagherese Dacia Maraini insieme al Prefetto Vittorio Rizzi coinvolgendo la Questura e la Polizia di Stato, vogliamo riportare il discorso fatto al Senato da Liliana Segre che, al suo primo intervento in aula, ha voluto affrontare il tema più dibattuto in questi giorni circa la violenza, l’immigrazione, la paura del “diverso”.

“Ho vissuto Auschwitz e mi rifiuto di pensare che la nostra civiltà democratica sia sporcata da leggi speciali. Se accadrà mi opporrò con tutte le forze”, ha quindi affermato con grande determinazione. “Sono qui per ricordare quelle vittime; salvarli dall’oblio non significa soltanto onorare un debito storico verso quei nostri concittadini ma anche aiutare gli italiani di oggi a respingere la tentazione dell’indifferenza, verso le ingiustizie e le sofferenze che ci circondano, a non anestetizzare le coscienze, a essere più vigili, più sensibili alla responsabilità che ciascuno ha verso gli altri”.

La Segre è una delle pochissime testimoni viventi dell’inferno di Auschwitz, ed è l’unica che riesce a mettere tutti d’accordo nell’aula del Senato. Sono parole che mettono in guardia, parole contro l’odio e contro il rischio di una nuova legge pensata per separare gli altri da “noi”. Gli altri, sottolinea Segre, sono i Rom e i Sinti, che in quel campo di sterminio dal quale lei uscì viva ci finirono pure, ma rimanendo un capitolo della storia della Shoah ancora oggi trascurato. Si opporrà quindi, ha chiarito, alla tentazione dell’indifferenza e al linguaggio dell’odio, all’hate speech che imbarbarisce la società, contro il quale ha già studiato un disegno di legge per istituire una commissione parlamentare d’indirizzo e controllo sui fenomeni dell’intolleranza, razzismo e istigazione all’odio social.

Liliana Segre è stata deportata da Milano al campo di concentramento nazista di Auschwitz Birkenau il 30 gennaio 1944 e sulla pelle porta ancora il numero matricola 75190. Il 19 gennaio è stata scelta dal presidente Sergio Mattarella come membro permanente del Senato, «per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale». Ad Auschwitz, a 13 anni, ha incontrato anche gli zingari, che a prima vista sembravano dei privilegiati: mentre lei e le altre ragazze stavano coi capelli rasati a zero, lontano dalle proprie famiglie e coi i vestiti a righe, loro vivevano tutti insieme, coi loro capelli ancora tutti in testa e senza il pigiama tipico dei prigionieri. «Ci dicevamo: che fortunati, questi, ma chi sono? Una mattina però non c’erano più: li avevano gasati tutti durante la notte. Non lo posso dimenticare».

L’allarme lanciato dalla senatrice segue l’appello che Alberto Melloni le ha rivolto dalle pagine di repubblica in merito al punto del contratto di governo che prevede, per i bimbi Rom e Sinti, l’obbligo di frequenza scolastica dei minori, pena l’allontanamento dalla famiglia o perdita della responsabilità potestà genitoriale. Il nostro codice penale in caso di inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori, prevede un’ammenda di soli 30 euro. Salvini ha detto che però non sono previste leggi speciali. “Se non ce ne sono, bene, ha detto la Segre, “io mi sono sentita in dovere, avendo assistito a quello che ho raccontato, di dire che mi opporrò a questa eventualità. Sono cose che io ho visto con i miei occhi, che ho subito e che hanno subito gli stessi Rom e Sinti. Ma neanche loro stessi sanno quello che è successo alla loro popolazione. Alcuni forse sì, quelli più vecchi. Io c’ero e ho il dovere di testimoniarlo. Salvarli dall’indifferenza è un debito storico nei loro confronti e a serve ad aiutare gli italiani a non anestetizzare le coscienze”.

Oggi che parte della politica se la prende con gli immigrati, promettendo di rispedirli a casa quasi fossero matrice di tutti i mali, si può forse fare un parallelismo tra quanto accaduto all’epoca con gli ebrei? Ha domandato alla senatrice la giornalista Simona Musco: “Non si possono fare paragoni tra quello che è accaduto e quanto accade ai migranti. Non sono di questa idea – ha risposto la Segre – la Shoah è stata decisa a tavolino politicamente, con l’esaltazione della razza superiore e ci sono voluti anni per metterla in pratica. Quello che accade oggi, invece, è una migrazione di massa dettata da elementi molto diversi: guerra, povertà, fame. Non si può generalizzare, sono assolutamente contraria a questo. Io ero una richiedente asilo clandestina, cercavamo di andare in Svizzera ma fummo respinti. Ma c’erano motivazioni che erano di una gravità inaudita. Noi sapevamo che saremmo stati deportati e uccisi. Non tutti gli immigrati che tornano indietro, invece, vengono sterminati. Sicuramente ci sono degli aspetti simili, ma non corriamo lo stesso pericolo”.

E continua: “Io non sono una politica e nemmeno un’opinionista. Sono una vecchia signora che da qualche mese si trova per caso ad essere senatrice a vita ed è la mia storia personale ad avermi portata a questa nomina. Credo che tocchi ai politici, ai ministri degli Esteri, mettersi d’accordo con gli altri Stati, non è il cittadino che può decidere cosa fare. I migranti sono però uno dei bersagli principali dell’odio social, spesso cavalcato dalla propaganda politica. I linguaggi sono cambiati perché sono cambiati gli stili di vita, le persone. Sono passate quattro generazioni. Quello che è rimasto uguale è la paura del diverso, che è sempre esistita. Non è un’invenzione della Shoah, viene da molto prima e non è mai passata”.

“Ho conosciuto la condizione di clandestina, di richiedente asilo, ho conosciuto il carcere, ho conosciuto il lavoro operaio” (…) “Non avendo mai avuto appartenenze di partito svolgerò la mia attività di senatrice senza legami di schieramento politico e rispondendo solo alla mia coscienza”. Si asterrà quindi dalla fiducia al governo, e valuterà volta per volta le scelte che il governo farà. L’idea di battersi contro il linguaggio dell’odio non è nuova per Liliana Segre, ed è un suo progetto che nasce anche prima di diventare senatrice. “Non c’è bisogno di andare ad alti livelli, basta una riunione condominiale, un sorpasso, per trovare l’odio… La violenza è talmente insita nelle persone che anche chi non ha a che fare con l’argomento in sé si sente in diritto di reagire. Noto questa sete di urlare, di tenere comportamenti violenti. È una cosa che si sente, questo odore di sangue che non porta niente di buono”. E promette: “Presenterò un disegno di legge sull’hate speech, contro l’odio, contro il razzismo, contro l’antisemitismo. Contro ogni forma di umiliazione, partendo dal bullo per finire a ciò che si sta vedendo. Ho letto anche io dei commenti d’odio su Youtube, ad esempio sul discorso del primo ministro o su quello di Renzi. C’è desiderio di colpire, quello che già vediamo negli stadi, ad altissimo livello. E lo stadio è un fenomeno popolare, è il termometro del paese. Ricordo che una volta si temevano gli hooligans, che bevevano ed erano violenti. Adesso abbiamo visto il il distintivo di Anna Frank utilizzato come insulto e altre cose gravissime”.

Questi comportamenti sono dovuti, per la Segre, alla mancanza di educazione, dello studio della Storia, una grande ignoranza dell’una e dell’altra. Al grande consumismo che ha portato alla ricerca di idoli identificati in calciatori, attori o personaggi dello spettacolo.

“Io sono vecchia”, ha dichiarato con serenità, “ma a volte vedo idolatrare dei personaggi che con l’arte non c’entrano nulla e adesso basta poco per vedere 80mila persone impazzite dietro qualcuno le cui doti artistiche sono discutibili. È un mondo che nei miei 88 anni è cambiato completamente”. (…) Restano le persone che hanno una storia alle spalle e che certe cose le han già viste. E dicono: attenzione, così si ricomincia”.

 

 

 

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