Urne. Il silenzio degli innocenti: peones sul piede di guerra

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Italian UDEUR senator Tommaso Barbato gestures against the Catholic UDEUR senator Sergio Cusumano at the Senate in Rome 24 January 2008. Italian Prime Minister Romano Prodi put his political survival on the line, calling for a vote of confidence in his centre-left government after 20 months in power. The crisis was sparked by the withdrawal of the centrist UDEUR party. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE


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Luigino Di Maio ha avvistato il pericolo. In caso di ritorno alle urne, ha annunciato, tutti gli eletti saranno ricandidati. Matteo Salvini è apparso meno avvertito. Può darsi che abbia fatto uno screening delle sue truppe e ha accertato di potere contare sulla loro fedeltà. Il problema, tuttavia, resta. Ogni volta che la legislatura è in bilico, i parlamentari si mettono di traverso. Istinto di conservazione, fisiologico. Il dissenso si scolora mano a mano che si arriva ai piani alti, ma i peones, anche quando seguono disciplinatamente le direttive dei capobastone, il dirittto al mugugno lo conservano e non ne fanno mistero.

Le campagne elettorali, anche quelle che si concludono con un successo, lasciano il segno: fatica, portafogli, stress. Sopportare tutti, credere a tutti, trattare con gentilezza chiunque. Costi che si cerca di non pagare nuovamente.
Figuriamoci in questi giorni che cosa passa per la testa degli eletti che ancora non hanno mai avuto il tempo di riposare dopo le fatiche elettorali. In caso di ritorno alle urne nel corso dell’anno, la legislatura conquisterebbe il primato della brevità.
Proprio per evitare che il mugugno si trasformi in qualcosa di più serio, Luigino Di Maio ha messo le mani avanti: non preoccupatevi ragazzi, sarete ricandidati e tornerete in Parlamento. Anzi, se abbassiamo la saracinesca presto e bene, gli italiani ci premieranno. Non abbiamo tradito il nostro credo. Sarà un ballottaggio fra noi e la Lega, spazziamo via tutti…
Questo l’orizzonte, che ci fa capire le ragioni del dissenso, immediato e forte, all’ipotesi annunciata dal Presidente Mattarella dalla vetrata del Quirinale, a conclusione delle consultazioni: il governo neutrale che traghetti il Paese fino a nuove elezioni e permetta di affrontare questione importanti, come l’IVA, la legge di bilancio, gli impegni con l’Europa.
Il governo “neutrale” è stato coniugato, da Di Maio e Salvini, come un governo tecnico. Un Monti bis, insomma. Vade retro Satana.
Las prospettiva, dunque, è chiara: il futuro degli italiani non potrà più contare sulla gamma del grigio: o Salvini o Di Maio. In seconda battuta: Giorgetti-Di Battista. Le seconde fila. A meno che i peones indossino l’abito delle grandi occasioni, reclutino i Responsabili e allunghino l’agonia della legislatura.
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