Il 20 maggio si svolgeranno le regionali in Val d’Aosta, il 10 giugno le amministrative ( il 24 ballottaggi) in 762 comuni italiani, sei dei quali con più di centomila abitanti (fra gli altri Messina e Catania) ed alcuni capoluoghi (come Trapani); il 21 ottobre sono previste le regionali in Trentino Alto Adige. A queste dati potremmo doverne aggiungerne un’altra, il 23 settembre, la prima utile per un ritorno al voto per le politiche nel caso in cui la prossima settimana ogni tentativo utile del Quirinale dovesse fallire.
Quest’ultima ipotesi, invero lontana, concluderebbe una sequenza di test elettorali così fitta da avere pochi precedenti nella storia politica italiana. A prescindere dal ritorno alle urne per il Parlamento, tuttavia, l’anno in corso conserva una sua peculiarità, perché nel corso di esso abbiamo votato già per le politiche e le regionali, in tempi diversi, in Molise e in Friuli Venezia Giulia. E’ come se qualcuno si fosse divertito a accendere micce lungo un percorso accidentato, costringendo i partiti a rimanere desti e in armi per 365 giorni.
I test realizzati in corpore vili registreranno con puntualità le onde emotive dell’elettorato, obbligando gli apparati e i leader a navigare a vista. Piuttosto che pianificare il futuro bisognerà inseguire gli eventi, uno dopo l’altro, modulando le proposte a seconda dei destinatari. Le priorità della Val D’Aosta e quelle del Trentino Alto Adige potrebbero avere qualcosa in comune, ma le amministrative di giugno, che porteranno ai seggi milioni di italiani, dovranno tenere conto delle enormi difficoltà in cui si dibattono i comuni.
Se alle due tipologie di voto – regionali ed amministrative – dovessimo aggiungere anche le politiche registrammo un primato ed avremmo la fotografia dell’Italia “politica” al completo.
Comunque sia l’anno in corso offre ai partiti una occasione irripetibile per misurare la loro duttilità e calibrare i loro impegni con una maggiore aderenza alla realtà rispetto al passato.
Difficile prevedere chi ci guadagna e chi è più bravo. Forse gli schieramenti tradizionali dovranno mollare gli ormeggi ideologici più in fretta possibile.