Scomparsi dal Parlamento i barricaderos del ’68. L’età o che cosa?

0
3
Condividi su Facebook
Tweet su Twitter
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 31-01-2014 Roma Politica Camera dei Deputati - Legge Elettorale Nella foto Deputati M5S durante il voto sulle pregiudiziali Photo Roberto Monaldo / LaPresse 31-01-2014 Rome (Italy) Chamber of Deputies - Electoral law In the photo Deputies M5S


Want create site? Find Free WordPress Themes and plugins.

Già seduti nei banchi della sinistra, tra i radicali, e qualcuno pure a destra, i volti noti dei barricaderos  italiani, dei leader del ’68, sembrano oggi – a cinquant’anni esatti  dalla contestazione studentesca – scomparsi dal Parlamento, con una  sorta di silenzio/rimozione che sembra mettere d’accordo tutti. Gli ex contestatori, divenuti onorevoli, lasciano cadere l’argomento, tra chi non vede questa assenza come un problema e chi si rifugia dietro  motivi anagrafici: “ormai siamo 70enni, largo ai giovani”.  Controcorrente Pier Luigi Bersani che non nasconde come quel vento  nuovo nato nel ’68 “sarebbe anche oggi un toccasana per la politica”.

Quella di chi dalle piazze sessantottine di tutta Italia, da Milano,  Torino, Trento, Padova e Roma, è poi arrivato nei banchi del  Parlamento è una storia che ha riempito le cronache politiche. Da  Mario Capanna, leader degli studenti milanesi e poi alla testa di  Democrazia proletaria, a Emilio Vesce di Potere operaio, a Marco Boato e Luigi Manconi, tra i fondatori di Lotta Continua, il primo in  Parlamento per sei legislature, l’altro senatore dem in quella appena  conclusa, solo per citarne alcuni, senza dimenticare la vicenda di  Toni Negri.

Quest’ultimo, già leader dell’Autonomia operaia, finito nel mirino dei magistrati per associazione sovversiva, viene scelto da Pannella come  simbolo della lotta alle leggi speciali e alla carcerazione  preventiva, divenendo, nel giugno dell’83, deputato con circa 13mila  preferenze e scatenando poi un caso, dopo la fuga in Francia, per  evitare l’arresto.

“Io ero giovane a quei tempi, ma il ’68 me lo sono fatto e non mi offendo certo se qualcuno mi dà del sessantottino”, dice Pier Luigi Bersani all’AdnKronos, rivendicando gli ideali che segnarono  quella esperienza.

“In quegli anni l’idea della contestazione, del rifiuto  dell’autoritarismo, fu quella che prevalse e – sottolinea l’ex  segretario del Pd – anche nella politica il ’68 trovò un orecchio  attento”.

Per Bersani “gli anni ’60 preparano il ’68 e gli anni ’70 lo  ‘realizzarono’ in Parlamento”. “Tina Anselmi chiude i manicomi perché  prima c’è stato Basaglia e poi il ’68 che rilancia la stagione dei  diritti”, perché “il 68 riuscì a ‘sbucare’ nei luoghi del Parlamento,  in un momento in cui le istituzioni dei rappresentanti erano  all’altezza, capaci di prendersi le proprie responsabilità”.

“Visto che il ’68 contestava le istituzioni sarebbe  meglio chiedersi, al contrario, come è che siamo entrati in  Parlamento, piuttosto che accorgersi ora che non c’è più nessuno dei  reduci di quella stagione”, spiega Franco Russo, tra i leader della  nuova sinistra, e poi deputato, per quattro legislature, prima con  Democrazia proletaria e poi con i verdi, fino al 2006. “Non so –  sottolinea all’AdnKronos – se dietro tutto c’è ‘l’astuzia della  storia’ di cui parlava Hegel, ma oggi la rappresentanza politica in  Italia, come anche in Francia, è completamente cambiata”.

“Chi è nei Palazzi ora – è il ragionamento di Russo – prende il voto  di chi è fuori, e, ad esempio, i Cinque Stelle mi pare rappresentino  abbastanza bene quella parte della società, fortemente precarizzata,  che ha 35-40 anni e che manda in Parlamento persone come loro, come ad esempio Roberto Fico, uno che ha fatto tanti lavori, anche nei call  center o lo stesso Luigi Di Maio”.

Per l’ex fondatore di Democrazia proletaria “i 70enni, come me, è ora  giusto che non ci siano, ma non rinnego l’esperienza parlamentare”  perché “come Dp abbiamo fatto bene a tentare di portare le istanze del ’68 nei Palazzi, anche se una riflessione su quello che è successo  andrebbe fatta ed estesa a tutta la sinistra”, alla luce degli esiti  finali. “Non siamo riusciti a costruire l’alternativa al sistema  capitalistico in un momento in cui si pensava fosse possibile”, si  rammarica Russo.

Luigi Manconi, ex senatore dem della scorsa legislatura, tra i leader di Lotta Continua (“ma io preferisco dire che ero un  semplice militante”) non vuole parlare del tema ’68: “La retorica del  reducismo – dice – mi è insopportabile, non è una tonalità che mi  appartiene”. “Tempus fugit”, taglia corto anche Massimo Cacciari:  l’assenza dal Parlamento dei sessantottini “non ha alcun significato  politico, visto che ne sono rimasti pochi pure fuori”.

Conclude così invece Bersani: “Per sbloccare la nostra impasse  attuale, spero che ci potremo svegliare un mattino con movimento che  dia freschezza alla politica e che ci sia una politica capace di tener le orecchie a terra, per ascoltare quello che viene da fuori”.

“Per ora non lo vedo, ma sperare è una cosa che nessuno ci può  vietare”, rivendica l’esponente di Leu, con uno slogan in pieno stile  sessantottino.

(Sai/AdnKronos)

 

 

Did you find apk for android? You can find new Free Android Games and apps.


LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome:

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.