Primo marzo. Mancano tre giorni alle elezioni politiche che avrebbero prodotto lo stallo più lungo della nostra storia repubblicana, e nella cornice del Salone delle Fontane all’Eur, davanti a una scenografia in cui il simbolo del Movimento 5 Stelle viene scientificamente nascosto (a vantaggio di bandiere dell’Italia su sfondo blu e la scritta a caratteri cubitali ‘Italia – 2018/2023’) Luigi Di Maio presenta la sua squadra di governo. Una squadra che nelle intenzioni del capo politico grillino doveva essere “patrimonio di tutto il Paese” e non solo del M5S, con le migliori energie e professionalità al servizio di un progetto politico che vedeva come frontman il giovane leader di Pomigliano d’Arco, lanciato verso la presidenza del Consiglio.
In quel team di “super competenze” c’era Giuseppe Conte, il prof. di Diritto designato allora come possibile ministro per la “Pubblica amministrazione, la de-burocratizzazione e la meritocrazia” e che poi gli eventi hanno ‘catapultato’ a Palazzo Chigi, alla guida del governo 5 Stelle-Lega. Molti di quei ministri ‘virtuali’ sono effettivamente diventati membri della squadra del “governo del cambiamento” presieduto da Conte, come ministri o sottosegretari. Altri invece sono stati ‘sacrificati’ sull’altare dell’accordo con la Lega.
Il caso più eclatante è quello di Andrea Roventini, il keynesiano indicato da Di Maio come ministro dell’Economia. “Sono ben contento di tornare alla mia vita accademica – dice all’Adnkronos Roventini, docente presso la Scuola Sant’Anna di Pisa -. Ero stato contattato dal M5S come tecnico, non avendo mai fatto parte del Movimento. Ho idee di politica economica ben precise, come si evince dai miei scritti”. Una sensibilità ‘progressista’ che mal si concilia con l’indirizzo politico del governo giallo-verde: “Con l’accordo tra 5 Stelle e Lega, questo mio avvicinamento non ha più funzionato. Ma se il Movimento ha bisogno di me può sempre chiamarmi”.
Al Salone delle Fontane l’economista si presentò bollando la ‘Flat tax’, cavallo di battaglia del centrodestra e in particolare di quella Lega ora partner di governo dei grillini, come ‘Fake tax’: “Lo penso ancora – puntualizza Roventini -, credo sia un errore, una scelta contraria allo spirito del Movimento. L’equilibrio tra Flat tax e reddito di cittadinanza è impossibile. La ‘tassa piatta’ è costosa, rappresenta un regalo ai ricchi e non serve alla crescita perché quei soldi poi non vengono spesi. Il reddito di cittadinanza invece cosa di meno e stimolerebbe di più i consumi”. Roventini non lesina critiche nemmeno alla gestione del tema immigrazione da parte dell’esecutivo legastellato: “L’Italia non ha un problema di immigrazione ma di emigrazione. Giovani obbligati ad andare all’estero per trovare un lavoro: questo è il vero dramma. E comunque 600 persone su una nave meriterebbero un’accoglienza umanitaria”, dice a proposito della vicenda Aquarius.
Tra i potenziali ministri finiti fuori dai giochi c’è anche Pasquale Tridico. Il professore di Economia del lavoro e Politica economica presso l’Università Roma Tre sarebbe dovuto diventare ministro del Lavoro – poltrona ora occupata da Di Maio – ma proprio nelle ore in cui la trattativa M5S-Lega stava per concretizzarsi, ha deciso di fare un passo indietro: “Non penso che il mio ruolo sia compatibile con la Lega. Nel Movimento 5 Stelle ci sono diverse anime… Io ero stato chiamato come tecnico su punti precisi ma dal momento che queste cose non ci sono è quasi naturale che io mi sfili”, ha spiegato Tridico a margine di un convegno.
Niente posto in squadra anche per la criminologa Paola Giannetakis, inizialmente indicata per il Viminale. Vicedirettore del Master in Intelligence e sicurezza dell’Università Link Campus di Roma (la stessa da cui provengono il ministro della Difesa Elisabetta Trenta e il sottosegretario agli Esteri Emanuela Del Re, entrambe promosse dalla squadra di governo ‘virtuale’ a quella reale), Giannetakis si era anche candidata con il M5S per un posto alla Camera, senza però venire eletta. Stesso destino per il campione olimpionico di nuoto Domenico Fioravanti, candidato alle politiche nel collegio di Torino e voluto da Di Maio come ministro dello Sport prima del voto del 4 marzo.
“Dispiace il fatto che nell’attuale governo non ci sia un ministero dedicato allo Sport. D’altronde, se avessimo vinto da soli forse molte cose sarebbero andate diversamente. Avere un partner di governo è come avere un socio in azienda: bisogna trovare un punto di incontro”, dice all’Adnkronos Fioravanti, che oggi fa l’imprenditore e gestisce un’azienda che produce costumi e materiale tecnico per sport acquatici.
L’ex atleta, medaglia d’oro a Sydney 2000, si dice “dispiaciuto” per la mancata elezione: “Purtroppo la legge elettorale non ha aiutato i partiti che correvano da soli. Alla fine ho ottenuto un riscontro molto positivo, raccogliendo nel mio collegio il 29% dei consensi contro il 36% della coalizione che ha vinto. E’ stata un’esperienza intensa, diversa da quella che ho vissuto con la mia carriera sportiva: nel nuoto gareggi contro un cronometro che ti dice subito se vinci o se perdi”. Fioravanti resta però in contatto con il M5S e si dice pronto a collaborare con il nuovo esecutivo in caso di necessità: “Da parte mia c’è sempre disponibilità qualora si richiedesse il mio contributo da parte del governo”.
Una menzione speciale la merita Mauro Coltorti. Il geologo classe ’54, eletto al Senato, era stato presentato come possibile ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti prima delle politiche. Ma non solo. Il suo nome compariva anche nella lista dei ministri presentata da Giuseppe Conte al Quirinale quel fatidico 27 maggio, quando, a un millimetro dal traguardo, il caso Savona ha rischiato di far naufragare il progetto di governo M5S-Lega. Passa qualche giorno e la trattativa si sblocca ma il nome di Coltorti viene depennato dalla lista definitiva consegnata al Presidente Mattarella: al posto del docente c’è Danilo Toninelli. Fuori dai radar, invece, la docente di Statistica Filomena Maggino, che nei piani di Di Maio sarebbe dovuta diventare ministro per la Qualità della vita e lo Sviluppo sostenibile. Per il resto della potenziale équipe governativa, l’approdo all’esecutivo si è concretizzato con successo. Oltre alle già citate Trenta e Del Re, Lorenzo Fioramonti (l’uomo che Di Maio avrebbe voluto a capo del Mise prima di tenere questo ministero per sé) è entrato in squadra come sottosegretario all’Istruzione mentre Alessandra Pesce è stata nominata sottosegretario alle Politiche Agricole.
Per Sergio Costa e Alberto Bonisoli confermata la nomina al vertice del ministero dell’Ambiente e del Mibact; Salvatore Giuliano e Armando Bartolazzi hanno ottenuto un posto nel sottogoverno rispettivamente all’Istruzione e alla Salute. Nessuna sorpresa, infine, per quanto riguarda Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, fedelissimi del capo politico: il primo è alla guida del ministero per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, al secondo sono state affidate le chiavi del ministero della Giustizia. (Ant/AdnKronos)