Altro ciclo consultazioni, Mattarella cerca di scongiurare urne, precedente-Fanfani, gli scenari possibili

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Tempo scaduto. Lunedì prossimo il  Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, convocherà nuovamente  le forze politiche e i presidenti delle Camere al Quirinale per un  terzo e ultimo giro di consultazioni. Se emergerà la possibilità di  dar vita a maggioranze parlamentari in grado di sostenere un governo,  diverse da quelle ipotizzate nelle settimane scorse e risultate  impraticabili (centrodestra-M5S e M5S-Pd), bene. Altrimenti il Capo  dello Stato darà un incarico per formare un esecutivo che arrivi  almeno a dicembre, per approvare la manovra economica che consenta di  neutralizzare il previsto aumento dell’Iva. E che se non riuscirà ad  ottenere la fiducia in Parlamento porterà il Paese alle elezioni a  fine estate.

Difficile immaginare altre soluzioni. A meno che allo studio alla  Vetrata i partiti non arrivino indicando un nome in grado di formare  un governo che riesca ad ottenere alle Camere una maggioranza certa o  si creino le premesse per far rivivere quelle formule che finora alla  prova dei fatti si sono rivelate irrealizzabili.

In altri termini, inutile parlare di esecutivo di minoranza; di  gabinetto in grado di trovare comunque senatori e deputati disposti a  sostenerlo; di alleanze tra centrodestra e Pd; di incarichi a questo o a quell’esponente politico. Scenari che Mattarella è disposto a  prendere in considerazione soltanto se prospettati concretamente nelle sedi previste dalla Costituzione, a partire dalle consultazioni,  indicando nomi e soprattutto numeri certi per quanto riguarda le  possibili maggioranze.

Tutto ciò dovrà però avvenire entro lunedì. Dopo sarà il Capo dello Stato a prendere una sua iniziativa, a ormai più di due  mesi dalle elezioni. Un tempo che Mattarella ha lasciato trascorrere  per rispettare l’esito delle urne e per dare modo alle forze politiche di confrontarsi per verificare la possibilità di “intese per formare  una coalizione che possa avere la maggioranza in Parlamento e quindi  far nascere e sostenere un governo”, visto che, come spiegò al termine del primo giro di consultazioni, “nessun partito, né schieramento  politico dispone, da solo, dei voti necessari per formare un governo e sostenerlo”.

Ora però il Paese non può più attendere. Soprattutto è la situazione  economica a preoccupare il Presidente della Repubblica, anche alla  luce degli ultimi dati che indicano l’Italia come fanalino di coda  dell’Europa per quanto riguarda la crescita, a cui si aggiungono oggi  le severe dichiarazioni del commissario Ue agli Affari economici,  Pierre Moscovici.

Una situazione destinata a peggiorare se con il nuovo anno dovessero  scattare quelle clausole di salvaguardia che prevedono l’aumento  dell’Iva, con un conseguente aggravio per i bilanci delle famiglie, un calo dei consumi, un effetto depressivo sulla produzione e un  peggioramento dei livelli occupazionali.

Per questo è necessario un governo che riesca almeno ad  arrivare a dicembre per approvare una manovra in grado di limitare o  impedire l’aumento dell’Iva o comunque di accompagnarlo con misure che ne bilancino le implicazioni negative.

Un’esigenza che Mattarella porrà davanti alle forze politiche,  sperando in un soprassalto di responsabilità. Lo sbocco dovrebbe  essere l’appoggio ad un esecutivo con presidente e ministri indicati  dal Capo dello Stato, con un profilo e una connotazione che possano  ottenere gradimento politico e fiducia in Parlamento, per una fase di  decantazione, uno scopo ed un orizzonte che in partenza troverebbero  nella legge di Bilancio e nella fine dell’anno i limiti  spazio-temporali.

Una parentesi che potrebbe essere impiegata anche per tentare di  modificare la legge elettorale, inserendo quei meccanismi che evitino  il riprodursi del’attuale fase di stallo, lasciando tuttavia che sia  il Parlamento a decidere se e come cogliere questa eventuale  occasione, senza coinvolgere il governo.

Difficile che in un contesto simile possa trovar posto  una prosecuzione del mandato dell’attuale governo guidato da Paolo  Gentiloni, espressione di una maggioranza sconfitta alle elezioni e  con ministri bocciati alle urne e che difficilmente potrebbero  raccogliere il consenso delle forze politiche eventualmente disposte a sostenere un esecutivo di transizione.

Nè potrebbe essere l’attuale premier a portare il Paese ad eventuali  elezioni a fine settembre. Toccherebbe al governo formato dal  Presidente della Repubblica se non ottenesse la fiducia in Parlamento, un po’ come avvenne con l’esecutivo che nel 1987 fu chiamato a guidare il presidente del Senato, Amintore Fanfani, dopo la fine del secondo  gabinetto Craxi.

Un rischio che Mattarella cercherà di scongiurare fino all’ultimo.  Votare il 23 settembre con l’attuale legge elettorale, dopo aver  sciolto le Camere a fine luglio, potrebbe significare veder riprodotto l’attuale quadro politico, con una nuova estenuante fase di stallo e  l’inevitabile esercizio provvisorio con annesse clausole di  salvaguardia e aumento dell’Iva. Ipotesi che potrebbe essere in  qualche modo bilanciata se dalle urne emergesse una chiara  maggioranza, capace di far nascere un governo in tempi rapidi,  fornendo così le necessarie rassicurazioni ai mercati e al sistema  economico riguardo la tenuta dei conti pubblici. Una prospettiva che  con il ‘Rosatellum’ appare però al momento lontana.        (Sam/AdnKronos)

 

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