Si preannuncia all’insegna di sfide cruciali il 2018 per le principali aziende italiane. C’è chi, come Ilva e Alitalia, dopo un 2017 vissuto ‘pericolosamente’, guarda a quello che verrà come l’anno della svolta per ripartire e c’è chi, in acque ben più tranquille, si trova di fronte importanti scommesse per giocare la carta della crescita sui mercati internazionali, come Fincantieri e Atlantia, impegnate in grandi partite oltreconfine. Ma non solo. C’è anche Leonardo che punta a una nuova stagione di rilancio e ci sono operazioni aperte per dar vita a nuovi player infrastrutturali come Fs-Anas. Uno dei dossier più complessi è sicuramente quello dell’Ilva. C’è il ricorso al Tar della Regione Puglia e del comune di Taranto a tenere con il fiato sospeso Governo e sindacati, che vorrebbero stringere la trattativa per arrivare a un accordo sul piano di Am Investco, la cordata guidata da Arcelor Mittal. Dopo il sostanziale via libera della Ue, che ha contestato aiuti di Stato pregressi per soli 84 mln, e la prospettiva di un ingresso di Cdp nella cordata al fianco di Intesa Sp, è quindi soprattutto sul rapporto con gli enti locali che si giocherà il futuro dell’acciaieria di Taranto. Chiaro, in questo senso, l’avvertimento del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda: senza il ritiro del ricorso si rischia la chiusura.
Ma anche Alitalia non è da meno. Dopo la clamorosa bocciatura da parte dei lavoratori del piano di ristrutturazione con il referendum di fine aprile, si è chiusa la stagione, che pure tante speranze aveva destato, targata Etihad, e la compagnia è in amministrazione straordinaria dal 2 maggio scorso. La missione della terna commissariale, composta da Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, è quella di vendere la compagnia. La procedura è nel vivo.
Sono scese in campo per Alitalia, con offerte vincolanti, big come Lufthansa ed EasyJet. Non sono ancora chiari i tempi dell’operazione: l’obiettivo è quello di chiudere entro le elezioni politiche o anche prima. Ma, come è avvenuto nel 2008, un dossier come quello di Alitalia in campagna elettorale rischia di essere molto spinoso. Intanto, sul fronte operativo e industriale, Alitalia sembra tirare un sospiro di sollievo. Sta recuperando sul fronte dei ricavi e, intanto, prepara il 2018 con nuove destinazioni di lungo raggio. Ma, come ammonisce Gubitosi, “la compagnia sta meglio ma non sta ancora bene”. Insomma, il volo è ancora lungo.
Per Leonardo, le sfide del 2018 cominciano subito. Il 30 gennaio, infatti, il cda approverà il nuovo piano industriale, che verrà presentato a Vergiate, in provincia di Varese, dove si trova uno dei più importanti siti della divisione elicotteri del gruppo. E, ha annunciato l’ad Alessandro Profumo che nello scorso maggio ha preso le redini del gruppo al posto di Mauro Moretti, sarà proprio l’elicotteristica una delle tre ‘gambe’, insieme ad aeronautica ed elettronica della difesa e sicurezza su cui poggerà il nuovo piano industriale. E sembra proprio che dal superamento delle criticità che si sono avute negli elicotteri e che hanno costretto a tagliare le guidance, parta il rilancio del gruppo.
Nel 2017, ha più volte detto Profumo, è stato toccato il punto più basso e i problemi dell’elicotteristica sono “assolutamente temporanei”. Centrale in questa ripartenza di Leonardo sarà la crescita dei ricavi e l’offensiva sui mercati internazionali con il rafforzamento dei presidi commerciali per il quale è stata creata una nuova struttura.
Ma la traiettoria di Leonardo si interseca con quella di Fincantieri in una importante partita che entrerà nel vivo nel 2018. Dopo il colpo di scena, ad agosto, arrivato con la decisione del Governo francese di nazionalizzare i cantieri navali di Stx quando ormai il gruppo navalmeccanico guidato da Giuseppe Bono era ormai a un passo dal traguardo, Italia e Francia nello scorso settembre hanno raggiunto un accordo che, oltre a sciogliere il nodo dei cantieri bretoni, definisce un percorso di integrazione sul militare tra Fincantieri e Naval Group.
Il primo step è quello del perfezionamento dell’accordo per Stx, dove Fincantieri deterrà una quota del 50% più un 1% in prestito per 12 anni. Si attende ora la conclusione di alcuni passaggi da parte francese per arrivare al closing all’inizio del prossimo anno. A febbraio, Fincantieri presenterà il nuovo piano industriale che terrà conto del nuovo perimetro con Stx. Più tempo ci vorrà sul fronte militare: la road map dell’operazione prevede un lavoro dei gruppi di studio fino al 30 giugno prossimo. Ed è qui che, per tutelare le proprie competenze, Leonardo punta a partecipare al tavolo negoziale con la joint venture Orizzonte Sistemi Navali, costituita al 51% da Fincantieri e al 49% da Leonardo.
Se Fincantieri guarda alla Francia, i riflettori di Atlantia sono sempre puntati alla Spagna. Ora, si attende la decisione della Cnmv, la Consob spagnola, alla controfferta su Abertis, presentata Acs, la società che fa capo al patron del Real Madrid Florentino Perez, attraverso la controllata tedesca Hochtief. Il via libera non dovrebbe arrivare prima della metà di gennaio. Il gruppo italiano ha, quindi, davanti diverse settimane per decidere come rispondere all’offensiva spagnola.
Quello che è certo è che, come l’amministratore delegato di Atlantia Giovanni Castellucci ha ribadito, quella del gruppo italiano non è l’ultima offerta: quella presentata a maggio, che prevede 16,5 euro per azione, non è l’offerta definitiva. Il gruppo, ha assicurato, ha “abbastanza risorse finanziarie per sostenere una eventuale guerra di rilanci”. Insomma, il fronte spagnolo è tutto aperto e promette
scintille.
Ma il 2018 sarà anche l’anno di un’altra importante aggregazione nel settore delle infrastrutture. A quasi due anni dall’annuncio, la fusione tra FS spa ed Anas è arrivata al traguardo, anzi, come ha detto il ministro Delrio ‘il dado è tratto’. Il Mef e il Mit hanno firmato i relativi decreti e dopo il via libera degli organi societari, quella che decollerà è un’operazione dai grandi numeri. Infatti, con il conferimento di Anas nel perimetro delle Ferrovie dello Stato, il gruppo gestirà una rete di 50 mila chilometri in totale e darà lavoro a circa 81mila persone. Genererà un fatturato di 10,5 miliardi di euro, investimenti per 8,1 miliardi, con un patrimonio netto totale di 41 miliardi. Nascerà, dunque, un soggetto imprenditoriale, che grazie allo sviluppo di sinergie, punta a competere sui mercati internazionali, soprattutto sul fronte della realizzazione di grandi infrastrutture di trasporto. C’è un altro appuntamento clou che attende un’altra azienda dei trasporti: Ntv. La società di Italo, infatti, corre spedita verso l’appuntamento della quotazione in Borsa. A fine gennaio, il consiglio di amministrazione delibererà sulla tempistica dello sbarco a Piazza Affari mentre il pool di banche italiane e straniere, costituito da Imi, Goldmann Sachs, Credit Suisse, Barclays e Unicredit è già al lavoro sul prezzo dell’ipo. Al momento, non c’è una data precisa; è escluso che questa possa avvenire nel primo trimestre del 2018. La decisione sarà legata alle condizioni di mercato e agli iter autorizzativi di Consob e Borsa italiana.
La quotazione segna una passaggio cruciale nel percorso di crescita dell’azienda guidata da Flavio Cattaneo e Luca Cordero di Montezemolo. Una crescita sostenuta dall’ampliamento della flotta e delle rotte. Ai primi 25 treni Italo Agv, si sono aggiunti nelle scorse settimane i primi 4 dei 17 nuovissimi Italo Evo, che porteranno complessivamente a un totale di 47 convogli. Aumenteranno così tratte e frequenze e, come annunciato da Montezemolo, arriveranno anche nuove assunzioni. (Mcc/AdnKronos)