Dalla confisca di Giovanni Falcone ad oggi: Porte aperte al Feudo Verbumcaudo

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In occasione del ricordo della strage di Capaci, venerdì 25 maggio alle ore 9,30 si terrà una visita aperta al pubblico al Feudo Verbumcaudo per permettere a chiunque fosse interessato di visitare la struttura, la cui confisca fu firmata dal Giudice Giovanni Falcone. Il Feudo Verbumcaudo che era di proprietà di Michele Greco, il “papa” di cosa nostra, è composto da una azienda agricola e da un terreno di 150 ettari. Oltre al Presidente dell’assemblea dei Sindaci Pino Lo Verde e da una delegazione di Sindaci soci del Consorzio, alla visita saranno presenti il Presidente di Confcooperative Sicilia, Gaetano Mancini, con il quale il consorzio Madonita per la Legalità e lo Sviluppo, ha avviato una collaborazione finalizzata al riutilizzo dei beni confiscati alle mafie; rappresentanti dell’Ente di formazione Cresm con il suo Presidente Alessandro La Grassa, che si occuperà dell’attività di formazione dei giovani che costituiranno la cooperativa che gestirà l’azienda agricola Verbumcaudo; il rappresentante legale Giuseppe Costanza del Consorzio Madonie 33 con il quale è stato sottoscritto un protocollo di partenariato per la gestione e la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia e per la diffusione della cultura alla legalità e gli eredi del conte Salvatore Tagliavia che è stato proprietario del Feudo Verbumcaudo. L’iniziativa si inserisce nelle attività promosse dal Consorzio Madonita Legalità e Sviluppo per ricordare la valenza simbolica che riveste un bene sottratto alla Mafia e che ritorna nella disponibilità degli onesti cittadini Siciliani.

“Un classico esempio di spoliazione mafiosa”. Così Giovanni Falcone aveva definito l’acquisizione da parte del boss Michele Greco del feudo di Verbumcaudo nel Comune di Polizzi Generosa. Una tenuta di ulivi, coltivazioni di grano, laghetti artificiali e caseggiati, originariamente di proprietà del conte Salvatore Tagliavia, armatore e sindaco di Palermo dal 1914 al 1920. Alla sua morte il legale Luigi Gioia cede la tenuta ai fratelli Michele e Salvatore Greco attraverso la società siciliana alberghi e turismo (Sat), con un iter complesso che avvia una serie di alienazioni dei beni della famiglia Tagliavia. È un prezzo di favore quello che cosa nostra paga per appropriarsi del feudo: appena 650 milioni di lire per un bene che al momento della confisca viene valutato invece 2,5 miliardi di lire.

Grazie alla mediazione dei fratelli Nino e Ignazio Salvo, esattori di cosa nostra, viene pure cancellata in 15 giorni, con un decreto del ministero delle Finanze, un’ipoteca per una tassa di successione non pagata. All’inizio degli anni Ottanta il boss Michele Greco riesce ad ottenere anche un mutuo dall’assessorato Agricoltura per apportare migliorie al fondo. Un possesso indisturbato fino all’arresto del “papa” di cosa nostra. Dopo un periodo di abbandono nel 1995, viene assegnato al comando del “12esimo battaglione dei carabinieri Sicilia” come area di addestramento, cui però il comando rinunciò quasi dieci anni dopo. Quando nel 2007 l’agenzia del Demanio assegna il feudo al Comune di Polizzi Generosa perché lo utilizzi a fini sociali trasferisce anche un’ingente ipoteca risalente al 1985 proprio quando l’odissea del feudo sembrava avviarsi alla conclusione. Il giudice del tribunale di Termini Imerese, infatti, decide di assegnarne la gestione a titolo gratuito ai fratelli Battaglia, proprietari dei terreni confinanti e che di fatto hanno sempre gestito Verbumcaudo, al punto da costringere gli inquirenti a effettuare verifiche sui loro rapporti con il boss Michele Greco. Ma è grazie alla perseveranza del sindacalista Cgil Vincenzo Liarda che la società civile e il mondo dell’associazionismo intuiscono l’importanza del riutilizzo del bene a fini sociali. Un’attività di sensibilizzazione che gli causerà oltre 15 intimidazioni. La prima arriva il 26 aprile del 2010, con una lettera minatoria negli uffici della Cgil di Polizzi, cui ne seguono altre contenenti proiettili e polvere da sparo. Poi il danneggiamento alla macchina della moglie e, il 29 agosto dello stesso anno, la minaccia più pesante: 9 alberi di ulivo della campagna di Liarda vengono tagliati a colpi d’accetta. Al sindacalista viene assegnata una scorta, revocata nel marzo seguente, mentre le intimidazioni non si fermano. Prima gli bruciano la macchina, poi la casa di campagna, a ribadire che il feudo Verbumcaudo non può essere sottratto a cosa nostra. La svolta arriva nel 2011, con l’allora direttore dell’agenzia nazionale dei beni confiscati, il prefetto Mario Morcone, che estingue parzialmente il debito della banca grazie a una transazione con Unicredit sull’ipoteca accesa dai Greco.

Nel luglio 2011 la Regione Siciliana annuncia la disponibilità ad acquisire il feudo pagando tutti gli oneri connessi e lo concede per 99 anni a titolo gratuito al territorio delle Madonie perché diventi un’occasione di sviluppo. Quindi l’assegnazione al Consorzio Sviluppo e Legalità.

Una parte di questa confisca è oggi gestita dalla Cooperativa Lavoro e Non Solo di Corleone.

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