Diceva George Steiner: “Quando una lingua muore, un modo di intendere il mondo, un modo di guardare il mondo muore insieme ad essa”. E con l’ottica di non dimenticare è stato organizzato un convegno diluito in due giorni che ha avuto come filo conduttore il linguaggio. Esperti a confronto per raccontare l’identità di un popolo, i suoi usi e i suoi costumi, il significato delle parole, gli inusuali atteggiamenti delle persone durante particolari eventi. Questo fine settimana, presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Palermo, professori universitari, esperti sociologi e antropologhi insieme in un excursus con più sfaccettature. L’evento è stato organizzato dal Centro studi filologici e linguistici siciliani insieme con la Fondazione Ignazio
A parlare del convegno, intervistato da Sicilia informazione, Ignazio Buttitta nella sua duplice veste di presidente della Fondazione “Ignazio Buttita” e di relatore nel convegno raccontando ai presenti aneddoti e storie legate all’alimentazione, ai pani cerimoniali e alle tavole rituali partendo dall’altare di San Giuseppe.
“I veri organizzatori sono stati i ragazzi, un gruppo studentesco che voleva fermamente approfondire questi argomenti e ci hanno voluto coinvolgere come istituzione, come persone individuali per parlare della pluralità culturale e linguistica della Sicilia attuale in una prospettiva anche storica. Naturalmente facendo i conti con la realtà contemporanea che è in continuo mutamento. Abbiamo voluto dare uno sguardo processuale alla realtà temporanea non possiamo fissare o guardare solo alla tradizione perché costantemente essa si rinnova nell’incontro con nuove parole, nuovi riti, nuovi oggetti, nuove istanze che vengono dall’interno stesso dell’evoluzione sociale della società occidentale ma anche dalle culture che vanno, via via, affluendo attraverso gli immigranti. Un’occasione questa – continua il professore – per fare il punto sullo stato dell’arte su alcuni argomenti centrali nel dibattito sia demologico sia linguistico”.
In un’aula gremita di ragazzi tanti gli argomenti toccati non facendo sfuggire nulla sui cicli produttivi tradizionali. Ogni relatore ha trattato argomenti come la festa, l’alimentazione, la cultura materiale, le arti popolari, il teatro tradizionale, la musica. Temi di carattere generale trattati a largo raggio per non distrarre la platea. L’ordinazione materiale e immateriale del folklore è stato rappresentato in una prospettiva di studio ma sempre con lo sguardo diretto alla contemporaneità.
“L’iniziativa –aggiunge Giovanni Ruffino presidente del Centro di Studi Filologici Siciliani –ha puntato al rapporto tra lingua e cultura regionale. Una cultura, quella tradizionale, oramai talvolta evanescente. All’Università non si può trascurare lo studio della linguistica regionale, sia la dialettologia sia la etno-antropologia in chiave regionale. Il patrimonio della cultura contadina e marinara in sostanza patrimonio tradizionale in gran parte scomparso è ricchissimo di documenti e di testimonianze e quindi bisogna approfondire gli studi con lo scopo di riflettere ancora una volta su questo tratto identitario che è forte non solo in chiave folklorico e vagamente nostalgico ma ragionandoci sopra. E il miglior posto per queste ricerche è certamente l’Università”.
Ad intervenire sui singoli aspetti della cultura regionale, da quelli linguistici a quelli linguistici etnografici, tutti coloro i quali, giovani e anziani, si occupano di queste cose nella facoltà di lettere di Palermo: linguisti, dialettologi, demologi intendendo per demologi esperti di tradizioni orali, di cultura materiale e di etnomusicologia .Tutti i contributi parimenti e meritevoli di attenzione perché hanno abbracciano tutta la gamma delle possibilità.
Gli interventi dei dialettologhi e dei linguistici ad esempio sono stati improntati sull’atlante linguistico della Sicilia, una esplorazione a tutto campo sugli aspetti della cultura dialettale. Poi hanno seguito approfondimenti sulla lingua e dialetti. Non sono mancate le relazioni da parte degli etnoantropologi che hanno riguardato la cultura materiale, le tradizioni orali e la musica popolare.
Collateralmente si è ricordato durante le due giornate di studio la figura di Antonino Buttitta, di quanto lui ha scritto sul buon uso del magistero, della promozione culturale in ambito istituzionale e di come si è adoperato nella ricerca della cultura come studioso, ricercatore ma anche come preside di facoltà .