Sul mensile “Millennium” Carlo Lucarelli, lo scrittore autore di numerose trasmissioni sui cosiddetti “misteri d’Italia” tra cui il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro, la strage del DC 9 e quella di Piazza della Loggia, la morte del presidente dell’ENI, Enrico Mattei, la bomba alla stazione di Bologna e tante altre vicende, sostiene che, in realtà, in questi casi, non ci si trovi in presenza di “misteri” ma di segreti, cosa diversa dato che, afferma Lucarelli, “mentre il mistero ha a che fare con l’insondabile, il segreto è una cosa diversa. E’una cosa che si sa ma non si dice” Una verità una spiegazione, una serie di eventi che qualcuno – spesso molti, a volte tutti – conosce, ma che tiene per sé”.
Io credo che per capire i grandi crimini impuniti del passato ma anche del recente presente occorre prendere le mosse dalla considerazione che le varie realtà criminali non possono essere viste come fenomeni separati ed indipendenti le une dalle altre, ma costituiscono le tessere, ben connesse tra loro, di un unico sistema criminale ; in altri termini si è in presenza di un coordinamento organico delle varie realtà criminali operanti nel mondo. A questa ipotesi si contrappongono le affermazioni di coloro che ritengono una siffatta visione frutto di visionarietà o di dietrologia esasperata. Certamente non è facile dimostrare se ci si trovi in presenza di una interconnessione tra varie realtà criminali o se invece questa visione sia frutto di dietrologia. Un fatto però è certo e cioè che sono rimaste giudiziariamente accertate connessioni sia tra le varie realtà criminali (mafia, massoneria , servizi deviati, terrorismo, criminalità comune, finanza) che tra queste e gruppi di persone che dovrebbero essere al di sopra di ogni sospetto e che potrebbero essere depositarie dei segreti che stanno alla base delle più gravi vicende criminali verificatesi in Italia nel corso degli anni.
Se l’indagine sulle singole vicende viene effettuata separatamente per ciascuna di esse, si finisce con il perdere di vista gli eventuali collegamenti tra le stesse vicende. Esaminando infatti con estrema attenzione e nel suo complesso la ampia documentazione esistente sulle varie vicende criminali che hanno interessato il nostro Paese e non soltanto, è possibile, ad esempio, cogliere la connessione tra il fenomeno mafioso, la P2 e il terrorismo, il che porta a ritenere come non ci si trovi in presenza di forme di contiguità o di collaborazione sporadiche o casuali bensì di un vero e proprio potere organico caratterizzato da personaggi di notevole spessore che, sebbene appartenenti a realtà apparentemente distanti le une dalle altre, di fatto operano nell’una e nell’altra realtà all’interno delle quali si muovono per la realizzazione di interessi criminali convergenti.
Si pensi, ad esempio, per rimanere nell’ambito siciliano, alla loggia massonica segreta Scontrino,(definita una piccola P2 siciliana) operante nel trapanese dietro la facciata del circolo culturale Scontrino e nella quale erano presenti uomini politici, industriali, mafiosi tutti accomunati dagli stessi interessi. Una dimostrazione di questo intreccio è data da quanto scrivevano i magistrati della Procura di Trapani a proposito del trasferimento del dirigente della Squadra mobile di tale città, poliziotto scomodo in quanto impegnato in indagini che coinvolgevano i potenti della città. Si legge infatti nella requisitoria redatta dal Sostituto procuratore Francesco Messina : “La capacità di penetrazione e quindi di influenzare l’attività della pubblica amministrazione è ampiamente dimostrata….in tale ottica, un primo accadimento che deve rappresentarsi è quello relativo al trasferimento del dottor Saverio Montalbano, dirigente della Squadra Mobile…” E’ appena il caso di osservare che nella suddetta Loggia, tra i “fratelli” erano presenti appartenenti alle Forze dell’ordine, politici, burocrati del comune, mafiosi coinvolti in stragi i cui interessi illeciti erano certamente minacciati da quel funzionario di polizia eccessivamente solerte e che opportunamente venne allontanato da chi, all’esterno, aveva tutto l’interesse a liberarsi di un valido e tenace investigatore.
Altro esempio di connubi tra massoneria, P2, alta finanza è dato dalla loggia coperta di piazza del Gesù denominata Giustizia e Libertà. Di tale Loggia, come accertato e come scrive Roberto Fabiani nel suo libro “I massoni in italia”, facevano parte i generali Giuseppe Aloja e Giovanni De Lorenzo, Franziskus Konig, arcivescovo di Vienna, tra i politici Giacinto Bosco, Marcello Simonacci, democristiani, Luigi Preti Socialdemocratico, Gianni Cervetti, dirigente comunista. Tra gli esponenti dell’alta finanza e delle banche si ritrovavano nella Loggia Eugenio Cefis, iscritto dal 15 settembre 1961, Leopoldo Modugno, allora dirigente delle partecipazioni statali, Guido Carli iscritto dal 19 settembre 1967, e persino Enrico Cuccia, amministratore delegato di Mediobanca, importante esponente del mondo bancario nazionale ed internazionale. Presenti anche i vertici militari come Corrado Sangiorgio, generale di corpo d’armata, comandante dei carabinieri, massone dal 14 febbraio 196 e Arnaldo Ferrara capo di stato maggiore dell’Arma iniziato il 15 luglio 1969. Ma tra le file della Loggia Giustizia e Libertà non mancavano esponenti dei vertici della magistratura, quali il Procuratore Generale di Roma Carmelo Spagnuolo, massone dal 1944, uno dei magistrati all’epoca più potenti d’Italia. Non mancavano inoltre esponenti della organizzazione mafiosa come don Agostino Coppola, economo della cattedrale di Monreale, condannato alla pena di 18 anni di reclusione in quanto associato alla banda del noto mafioso Luciano Leggio. Una riprova del fatto che, nel perseguimento di interessi comuni, potessero convivere, nella stessa Loggia soggetti che nulla avevano in comune , è dato, ad esempio, dalla presenza nella stessa organizzazione di personaggi che si odiavano a morte come Cuccia e Sindona, Aloja e De lorenzo o ancora di personaggi dalle ideologie opposte come lo stalinista Gianni Cervetti, il socialdemocratico Luigi Preti e il democristiano di destra Marcello Simonacci. La Loggia Giustizia e Libertà si fuse poi con la P2 di Licio Gelli dando luogo ad una forza imponente. Scrive in proposito Andrea Fabiani nel succitato libro : “Non era mai successo che molti degli uomini che tengono in mano una nazione stessero riuniti nella stessa sala a celebrare gli stessi riti e professare le stesse idee : il padrone del Quirinale che non era il Presidente della Repubblica ma il volitivo ed inamovibile segretario generale, Nicola Picella; il padrone dei servizi segreti Vito Miceli; il padrone della Banca d’Italia, Guido Carli, il padrone della RAI, Ettore Bernabei, il padrone della più importante Procura della Repubblica d’Italia Carmelo Spagnuolo; il padrone del pozzo senza fondo Italcasse Giuseppe Arcaini; il motore immobile della Camera dei Deputati, Francesco Cosentino; il potente capo di stato maggiore dei carabinieri Arnaldo Ferrara; il padrone di una banca di importanza internazionale, Enrico Cuccia. E un uomo furbo ed ambizioso che teneva strette in mano le chiavi del cuore di Giulio Andreotti, Michele Sindona”
Un connubio tra mafia, massoneria, P2 e terrorismo nero sembrerebbe ravvisabile nell’omicidio del Presidente della Regione Piersanti Mattarella. Secondo le dichiarazioni del terrorista nero Cristiano Fioravanti, poi ritrattate, l’uccisione di Mattarella sarebbe stata dovuta ad uno scambio di favori tra la mafia e i terroristi neri. In particolare l’omicidio sarebbe stato effettuato in cambio della evasione dal carcere dell’Ucciardone di Pierluigi Concutelli, leader siciliano di Ordine Nuovo. Dell’omicidio Mattarella aveva anche parlato Alberto Volo, militante di estrema destra il quale disse : ““L’omicidio Mattarella era stato deciso perché quello di Reina non aveva sortito l’effetto sperato”. Facendo poi riferimento ad un colloquio intervenuto con l’esponente di Terza posizione Ciccio Mangiameli, poi ucciso a Roma dallo stesso Valerio Fioravanti , riferiva Volo “A proposito di una mia precisa domanda, Mangiameli mi disse che l’omicidio Mattarella era stato deciso in casa di Licio Gelli, persona quella di cui sentii fare il nome per la prima volta in quella occasione. Quando gli chiesi chi fosse, Mangiameli rispose che si trattava di uno dei capi della massoneria” Come è noto con sentenza definitiva sono stati assolti i terroristi di estrema destra Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, individuati sulla base delle dichiarazioni di Cristiano Fioravanti quali esecutori materiali del delitto mentre è stata riconosciuta la responsabilità per l’omicidio dei soli componenti della cupola mafiosa.
Da quanto peraltro emerso dalle indagini allora effettuate, non è priva di fondamento la tesi sostenuta da Falcone e dagli altri pubblici ministeri della Procura di Palermo secondo cui sarebbe stato Pippo Calò a fare da tramite tra Cosa Nostra e i terroristi neri per la realizzazione dell’omicidio del presidente della regione siciliana. Sarebbe stato infatti Calò, esponente di spicco della commissione mafiosa, con l’incarico di tenere i rapporti con le altre organizzazioni criminali, ad ingaggiare Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini per l’esecuzione dell’omicidio. Di recente la Procura di Palermo ha disposto la riapertura delle indagini in direzione della pista nera. L’avvocato Crescimanno, che ha sollecitato la riapertura delle indagini, ha dichiarato “la mafia c’entra certo che c’entra. Ma quello di Mattarella lo ritengo un omicidio più politico che mafioso”. Un dato comunque è certo e cioè che anche in questo grave fatto di sangue si intravede la presenza di realtà criminali diverse, mafia, massoneria, terrorismo nero, politica che avrebbero agito in sintonia tra loro per il perseguimento di interessi comuni . E non è senza significato il fatto che, allorquando si verificò l’omicidio del presidente della regione erano massoni sia il Questore di Palermo che il dirigente della Squadra mobile. Entrambi vennero poi rimossi a seguito delle iniziative politiche intraprese da Pio La Torre.
Un intreccio di interessi politico mafiosi si intravede oltre che nell’omicidio del presidente della Regione Sicilia in quelli del segretario regionale della DC, Michele Reina e del segretario del partito comunista Pio La Torre. Tre infatti sono le costanti che ritroviamo in questi tre delitti : gli appalti, la finalità di impedire che la sinistra andasse al potere, la presenza incombente, in tutti e tre gli omicidi della figura di Vito Ciancimino che , come disse Buscetta, “era in mano ai corleonesi di Totò Riina”.
La presenza di connubi innominabili tra finanza, terrorismo nero, servizi segreti italiani e Cia può riscontrarsi nei fatti verificatisi nel 1974 che fu un anno di violenza e di scandali. In quell’anno a Padova il giudice Giovanni Tamburino portò alla luce la trama della “Rosa dei venti”, una organizzazione che si proponeva, attraverso un colpo di Stato, di creare un governo autoritario e presidenzialista. Tale finalità doveva essere perseguita mediante il coinvolgimento nel golpe di esponenti dei servizi segreti, il Sid parallelo, la CIA, politici, finanzieri, gruppi massonici, imprenditori, neofascisti e anche appartenenti alla criminalità comune. Il progetto golpista prevedeva che Sindona avrebbe dovuto ricoprire la carica di ministro delle finanze. Il magistrato arrestò il capo del Sid, generale Vito Miceli ; l’inchiesta sottratta dalla Corte di Cassazione, alla competenza di Padova, venne trasferita per competenza all’Ufficio istruzione del Tribunale di Roma e qui archiviata. Sempre nel 1974, il 28 maggio, a Brescia, in piazza della Loggia, durante una manifestazione sindacale contro la violenza fascista esplode una bomba provocando una strage che provoca 8 morti e 94 feriti e poco tempo dopo, il 4 agosto, una bomba viene collocata sul treno Italicus esplodendo tra Firenze e Bologna provocando 12 morti e più di 50 feriti. In tutti questi gravi delitti, considerata anche la breve sequenza temporale nella quale si verificano e la presenza costante di soggetti appartenenti sempre alle stesse realtà criminali, non può non intravedersi un filo conduttore comune e un progetto mirante alla realizzazione di ben precise finalità.
Ed ancora connubi innominabili in passato è dato riscontrare tra l’organizzazione Gladio, un servizio segreto deviato, la CIA, la Nato e gli industriali italiani. In una intervista rilasciata al Corriere della Sera Economia, il 14 novembre 1990, Piero Bairati, docente di storia economica all’Università di Torino e profondo conoscitore della grande impresa in Italia, alla richiesta di chiarire i rapporti tra Gladio e l’economia e in particolare se la grande impresa in Italia avesse finanziato servizi segreti deviati come Gladio affermava : “Personalmente non ho le prove. Posso però dire che vi sono sempre stati rapporti molto stretti tra la grande industria, la Nato e gli americani. I servizi segreti americani non hanno mai cessato di tenere gli occhi sulle nostre imprese, specie dopo l’apertura dei mercati dell’ Est…..Quanto ai finanziamenti a servizi segreti tipo Gladio, essi provenivano dall’oltreoceano. Non credo che gli industriali italiani avessero bisogno di tirare fuori i soldi, vista la generosità degli americani. Gli americani avevano vinto la guerra e volevano dire la loro sugli assetti politici italiani. Avevano una paura matta del comunismo….. A metà degli anni 50 gli americani governavano le grandi imprese italiane…”
I coinvolgimenti poi finanche della Confindustria e della Confagricoltura nel colpo di Stato di destra che nel 1964 si andava preparando in Italia sembrerebbe emergere dal testo di un telegramma pubblicato dal Corriere della sera nel maggio del 1991dal quale sarebbe provato come nel luglio del 1964, le massime autorità civili e militari americane sapessero che in Italia si andava preparando un colpo di stato di destra. Nel telegramma, spedito “dal comandante della base Setaf di Verona al comandante in capo delle truppe americane in Europa alla base di Weidelberg, in Germania occidentale si legge tra l’altro che : “Col pretesto di riaccendere i sentimenti patriottici degli italiani si vuole creare una atmosfera favorevole a bloccare l’attuale tendenza politica e a istallare un nuovo ordine” e che “i finanziamenti verranno forniti dalla Confindustria e dalla Confagricoltura”
Intrecci tra politica, massoneria, terrorismo nero e alta finanza si intravedono anche in molti dei delitti c.d. eccellenti,. Per ritornare all’omicidio del presidente della regione Piersanti Mattarella, infatti, nel fascicolo dell’inchiesta su tale delitto , vi sono numerose tracce dei rapporti tra il gruppo dei fascisti palermitani che fu “la base” per Fioravanti, servizi segreti e massoneria, tracce che non sono mai state adeguatamente approfondite, malgrado le assicurazioni in tal senso dell’allora Alto Commissario per la lotta alla mafia. E’ auspicabile che tali approfondimenti vegano effettuati a seguito della recente riapertura delle indagini da parte della Procura di Palermo. Nel 1986, Angelo Izzo, uno dei pentiti neri, in un interrogatorio reso al pubblico ministero di Bologna, Libero Mancuso, ebbe a dichiarare : “Sia Valerio Fioravanti, sia Pierluigi Concutelli (il terrorista palermitano condannato all’ergastolo per l’omicidio del giudice Occorsio) mi dissero che erano la mafia e gli ambienti imprenditoriali legati alla massoneria, nonché esponenti romani della corrente dc avversa a Mattarella a volere la sua morte”.
Lo stesso dicasi per ciò che riguarda il sequestro e l’omicidio del presidente della DC Aldo Moro nel quale si intravede l’ombra della massoneria e dei servizi segreti italiani ed americani. Basta dire che del comitato tecnico- operativo costituito al Viminale durante la lunga detenzione di Moro, tutti i componenti, eccetto Cossiga, erano piduisti. Di tale comitato in particolare faceva parte lo psichiatra romano Franco Ferracuti, esperto in criminologia, in rapporti con l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Il settimanale Avvenimenti, in un articolo pubblicato il 9 agosto 1990 affermò che Cossiga, allora Presidente della Repubblica, ”sapeva dei rapporti tra Gelli e il professionista Ferracuti, iscritto alla P2” (tessera numero 2137). Il Ferracuti venne coinvolto nelle indagini sulla strage di Bologna, a causa della sua amicizia con Aldo Semerari, anche egli criminologo, esponente neofascista, poi ucciso dalla camorra. I legami poi tra il Ferracuti e i servizi segreti italiani ed americani emergono dalla testimonianza del generale Giulio Grassini, piduista (tessera n.1620), anche egli membro del comitato costituito al ministero degli interni per il caso Moro : “Mi resi conto che il Ferracuti aveva rapporti con elementi dell’FBI e della CIA. Il Ferracuti poi, secondo quanto affermato dal settimanale di cui sopra, dichiarò ai giudici di Bologna “di conoscere Cossiga e di essere stato introdotto da lui nel SISDE. Inquietante poi è la circostanza che la stampatrice usata dalle BR per redigere i comunicati emessi durante i 55 giorni del sequestro del presidente della DC, venne portata nella tipografia brigatista di via Pio Foà a Roma da Mario Moretti, stampatrice che proveniva da un reparto unità speciali dell’esercito, sigla RUS che altro non era, come dichiarato dal generale Gerardo Serravalle alla Commissione stragi, che “una proiezione del centro addestramento gustatori, Il Cag di Alghero”. Lo stesso Serravalle precisò che il RUS era un settore supersegreto “sempre compartimentato da tutti”. Il RUS era uno dei compartimenti segreti di Gladio, che altri non era che una propaggine della CIA. Così come inquietante è la presenza sul luogo dell’agguato del colonnello dei servizi segreti Guglielmi che di tale presenza fornì versioni contrastanti e smentite da alcuni testimoni. Emanuele Macaluso il 26.9.1982, dichiarò all’”UNITA’ : “Noi siamo tra coloro che non hanno mai creduto che a rapire ed uccidere il presidente della DC siano state solo le Brigate rosse che organizzarono l’infame impresa. Abbiamo sempre pensato che gli autonomi obiettivi politici delle Br coincidessero con quelli di potenti gruppi politico-affaristici, nazionali ed internazionali che temevano una svolta politica in Italia”
E che dire della vicenda della scomparsa e della uccisione del giornalista del quotidiano palermitano “L’ORA” Mauro De Mauro che indagava, per conto del regista Francesco Rosi, sulla fine del presidente dell’ENI Enrico Mattei, morto otto anni prima ? Anche in tale vicenda si intravede la presenza di mafia, massoneria, servizi segreti, interessi dell’alta finanza. Nella vicenda De Mauro infatti si coglie chiaramente l’intervento, oltre che del boss mafioso di Riesi, Giuseppe Di Cristina, l’intervento dei servizi segreti che avrebbero punito il presidente dell’ENI per la sua politica tendente a scavalcare gli interessi petroliferi americani. Tali interessi trovarono nei boss mafiosi e in alcuni personaggi siciliani ( ma anche a livello nazionale del mondo della politica e della finanza legati alle grandi compagnie petrolifere americane) gli anelli intermedi attraverso cui si realizzò il sequestro e l’uccisione di De Mauro che avendo compreso tutto ciò e minacciando di rivelarlo, costituiva un pericolo e un ostacolo da eliminare a tutti i costi. De Mauro muore perché si imbattè, forse involontariamente, nell’intreccio mafia, massoneria ed alta finanza, in quell’intreccio in cui si imbatterono negli anni passati e in quelli recenti tante altre vittime eccellenti, magistrati, investigatori, servitori dello Stato. Dichiarò in una intervista a Repubblica, l’allora giudice istruttore di Palermo Giacomo Conte che era arrivato ad immaginare la regia dei “servizi paralleli” : “Alcuni elementi emersi nel processo De Mauro posso essere collocati a fatti recenti. A quel complesso che fa riferimento alla strage del rapido 904, al ruolo di Fioravanti, alla strage di Bologna con due alti ufficiali dei servizi segreti condannati al processo di appello”.
Massoneria e servizi segreti americani compaiono anche nell’omicidio del premier svedese Olaf Palme. Ciò emergerebbe dalle rivelazioni rese alla televisione tedesca e al TG 1 da un ex agente della CIA presentatosi con lo pseudonimo Razin. Questi ha parlato di un telegramma con cui Licio Gelli preannunziava al massone italo americano Philip Guarino la decisione di uccidere il premier svedese Olaf Palme che sapeva troppe cose sul traffico internazionale di armi. Razin ha anche parlato dei rapporti tra CIA, P2 e terrorismo internazionale e dell’esistenza di una “super P2” di cui facevano parte numerosi esponenti “di altissimo livello” nonché dell’attentato all’aereo della Pan Am a Lockerbie, in Scozia, nel natale del 1988. In ordine a tale ultima vicenda, in una intervista pubblicata su “Avvenimenti” nel 1990 dichiarava : “C’erano agenti della CIA a bordo di quell’aereo, tornavano da una missione in Libano per la liberazione degli americani tenuti in ostaggio laggiù. Fu la P2 ad organizzare quell’attentato. Sul Jumbo c’era anche Bernt Carlsson, commissario per la Namibia all’ONU e collaboratore di Olaf Palme. Carlsson aveva con sé una valigia di documenti che provavano il coinvolgimento della P2 nel traffico di armi. Si decise di fare saltare l’aereo per far scomparire tutto”.
Molte altre sarebbero le vicende, oltre quelle trattate, nelle quali compaiono sempre i medesimi protagonisti appartenenti alle varie realtà criminali. Gli appartenenti a tali realtà sono a conoscenza delle motivazioni che hanno determinato i gravi fatti delittuosi di cui si è detto e degli altri di cui non si è trattato. Le cose, ad esempio, che sapeva Gelli, le sapevano e le sanno anche altri che però non le rivelano e le tengono per sé. Ciò perché queste verità costituiscono ancora oggi un arma di ricatto essendo indubitabile, come disse anni fa in una intervista al Corriere della Sera il magistrato milanese Gherardo Colombo, che “Il compromesso in Italia è sempre stato opaco e occulto. La storia della Repubblica è una storia di accordi sottobanco e di patti occulti. L’Italia la si può raccontare a partire da una parola “ricatto”.
I misteri o meglio i segreti italiani vanno esaminati non come capitoli ed episodi separati gli uni dagli altri, ma come una unica successione di eventi dove personaggi ed avvenimenti convergono in un unico progetto. Probabilmente una tale operazione effettuata da chi è deputato ad indagare, al di la del silenzio dei protagonisti, potrebbe dare qualche risultato insperato.
Voglio concludere queste mie considerazioni ricordando quanto detto da Pier Paolo Pasolini in una intervista al Corriere della Sera del 14.11.1974. Disse allora Pasolini : “Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpes” istituitisi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna nei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque , sia i vecchi fascisti ideatori di “golpes”,sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine gli “ignoti” autori delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione : una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della CIA (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato ( del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della CIA, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum”
Segreti dunque ma non misteri.