E’ un episodio degno di una comica finale quello accaduto a Gela venerdì scorso in consiglio comunale, dove all’ultimo momento, ancora una volta, il sindaco Messinese – eletto con il M5S e poi “espulso” – si è salvato ancora una volta dalla mozione di sfiducia grazie ad un ripensamento dell’ultimo momento. La “comica”, infatti, ha anche le caratteristiche di un thriller, sebbene – almeno a Gela – non faccia ridere né sorprenda alcuno. I gelesi sono abituati, a quanto pare, ai ripensamenti dell’ultima ora, in corso d’opera. Poiché, comunque, questi episodi di ripetono, c’è chi cerca di individuare il “terminator”, cioè colui che, grazie ad un fiuto volpino ed una conoscenza puntuale di uomini e cose, riesce a salvare il primo cittadino dalla capitolazione.
Tutti i sospetti indicherebbero nel vice-sindaco, Siciliano, l’uomo dotato di virtù taumaturgiche. Messinese può dormire su quattro guanciali, insomma, perché il suo body guard politico riesce a sventare ogni agguato.
Può darsi che questi apprezzamenti sul conto del vice sindaco siano meritati, ma una cosa è certa, la normativa sulle mozioni di sfiducia messa in campo dai legislatori dell’Ars gli dà una mano: è una specie di camicia di forza, trasforma sindaco e giunta in un fortino inattaccabile. Pensate un poco, stando alle regole per far votare il consiglio comunale la mozione di sfiducia del sindaco, e mandarlo a casa, ci vogliono dodici firme di altrettanti consiglieri comunali. Poi in onsiglio occorrono almeno due terzi dei voti. Fin qui è tutto chiaro. Solo che le dodici firme sono intoccabili.
Se qualcuno dei dodici ritira la firma, anche all’ultimo istante, la mozione di sfiducia non può essere più votata. La ragione? Il pentito, o i pentiti in zona Cesarini, non possono essere sostituiti da altri consiglieri. Insomma, la griglia vale solo sulla sottrazione e non sulla somma.
Chi si è pentito? La consigliera di Diventerà Bellissima, che ha ritirato la firma dalla mozione presentata dai consiglieri di Forza Italia. I quali però non hanno voluto accettare per tempo le firme di altri consiglieri di opposizione – Pd, M5S – per parare eventuali pentimenti.
La vicenda, dunque, ha guadagnato le qualità di una comica finale grazie alle ambiguità che l’hanno contraddistinta. Non si capisce se i presentatori della mozione abbiano voluto fare sul serio, se Messinese ha una maggioranza-ombra, se gli oppositori siano davvero tali e se il sindaco è ancora gradito, sopportato o… Naturalmente ci sono i malpensanti, che hanno fatto la loro diagnosi: i consiglieri non avrebbero affatto voglia di rinunciare alle indennità della loro funzione, indennità che perderebbero a causa della mozione di sfiducia; l’approvazione non manda a casa solo il sindaco, ma anche l’intero consiglio comunale.
Niente di nuovo nel sole. E’ capitato tante volte in altri consessi civici e nelle assemblee legislative. La sceneggiata, però, potrebbero magari risparmiarsela.