Fra i trattamenti cui erano sottoposte le reclute alla caserma della Folgore Gamerra nel 1999 c’era l’ingestione forzata di escrementi, raccolti dagli allievi, che ne sarebbero stati i consumatori. Questo “rito” è stato ricordato dal generale Enrico Celentano, comandante della Folgore, nel corso della sua audizione davanti alla commissione d’inchiesta sulla morte del parà siracusano Emanuele Scieri. Era chiamato la “comunione”, e seguiva alcune prove “iniziatiche”, come la posizione della sfinge, che Scieri subì durante il suo trasferimento alla caserma Gamerra da Scandicci dove aveva svolto l’addestramento.
La posizione della sfinge costriunge le reclute a sedere in posizione eretta durante il viaggio in bus, senza appoggiarsi sulla spalliera con il riscaldamento al massimo livello (siamo a Ferragosto) e sciarpe al collo. C’è dell’altro, ed è tutto contenuto nello Zibaldone, che circolò alla Folgore un mese prima della morte del parà siciliano. Un fascicolo che raccoglie consuetudini, espressioni di uso comune e opinioni prevalenti del corpo di eccellenza dell’esercito italiano.
C’è anche una mappa dell’Italia. La Sicilia viene indicata come “Gheddafi land”. Di conseguenza coloro che arrivano da Gheddafi land devono subire un supplemento di trattamento, il cui scopo, in realtà, è di far far comprendere subito a chi arriva chi comanda in caserma.
Emanuele Scieri – buona educazione, istruzione universitaria di prim’ordine, una sensibilità matura dei diritti – accolto dalla Folgore per le sue caratteristiche fisiche e di formazione, è agli antipodi. Forse manifestò presto, appena messo piede in caserma, la sua idiosincrosia verso ogni forma di prevaricazioni. Ma c’è chi sospetta che avrebbe potuto scoprire il business dei “nonni”, lo spaccio di hashish e maryiuana.
Interrogato da Sofia Amoddio, Presidente della Commisssione d’inchiesta, anche lei di Siracusa come Scieri, sulla morte del parà, il generale Enrico Celentano illustra una tesi assai singolare. Vedendo il corpo senza vita del parà, Celentano pensa che si sia arrampicato sulla scaletta di ferro, da dove si stramazza per provare la sua agilità fisica. Il suo addome era adiposo, annota Celentano, una circostanza inusuale fra i parà, che curano meticolosamente la condizione fisica. Insomma, potrebbe essersi sentito un “diverso” ed esser salito sulla scala di ferro, alta una trentina di metri, al fine di mostrare che il suo adipe non aveva nulla a che fare con le sue qualità fisiche.
Allucinante. Sul cadavere di Emanuele Scieri sono state trovate tracce di percosse subite, non rilevate durante le prime indagini. Quindi, né suicidio, né disgrazia, ma il “massacro” del parà siracusano, ed il successivo tentativo di costruire un depistaggio.
Federica Sciarelli, Chi l’ha visto, ha riproposto il caso Scieri mercoledì, a conclusione della puntata, facendo parlare anche la Presidente della Commissione d’inchiesta, Sofia Amoddio. “E’ stato ucciso”, ha detto chiaro e tondo, la deputata siciliana, avvertendo di avere secretato ampi brani della relazione conclusiva (45 audizioni, seimila pagine) consegnata alla Procura di Pisa, che ha riaperto l’inchiesta, archiviata in precedenza sia dalla Procura militare (La Spezia) che civile (Pisa).
Nessuna anticipazione sulle parti secretate, che contengono i nomi dei presunti colpevoli, perché è in corso un’istruttoria, ma anche fiducia nel lavoro portato a termine.
Le indagini della Commissione hanno scoperto episodi e particolari che non erano stati oggetto di attenzione da parte degli inquirenti nella prima fase della indagini. Per esempio una telefonata partita dalla caserma e diretta al Generale Celentano nella notta della scomparsa in caserma di Emanuele Scieri, appena arrivato. E una visita ispettiva, due giorni dopo, dello stesso Celentano insieme con un altro alto ufficiale alla Gamerra, considerata dalla rete di comando “di routine”, contrariamente a quanto è stato accertato dalla Commissione.
Altro elemento venuto a galla durante l’inchiesta parlamentare è la sopravvivenza di Emanuele Dscieri alla caduta. Secondo il medico legale della famiglia Scieri il parà avrebbe potuto essere salvato se fosse stato trovato nelle quattro ore successive all’evento. Ma così non è stato. Il controappello serale, obbligatorio in caserma, ha certificato l’assenza di Scieri, ma questa circostanza non ha suscitato alcuna apprensione né iniziativa.
Scieri, insomma, è stato ucciso due volte. Quando è stato buttato giù dalla scala, dopo essere stato percosso e ridotto in fin di vita, e quando è stato lasciato a terra, moribondo.
La madre di Emanuele, Elisabetta Guarino, ha ricordato, nel corso della trasimissione “Chi l’ha visto”, il suo arrivo a a Pisa, dopo la morte del figlio. “Lele era sereno, tranquillo, l’avevo sentito il giorno prima…”, ha detto. “Mi ha chiamato sotto la torre pendente, l’ultima telefonata, il giorno prima. L’indomani, sabato, provo a telefonare, solito orario, non mi ha risposto. E’ il 15 agosto, anche il 16 niente…Il 17 la visita dei carabinieri, ho saputo da loro della morte di Emanuele…. A Pisa ci portano dal magistrato, volevano lanciare il sospetto di un suicidio gli dico…com’è possibile, era così sereno, Il magistrato non era andato a vederlo, com’era suo dovere. Ci trattenne pochissimo, voleva liberarsi di noi. No, Ho capito che lì non avremmo saputo, non sapevano che cosa dire”.
Sarà Elisabetta Guarino a cercare la verità, insieme con gli amici di “Lele”. 17 anni difficili: delusioni cocenti, il muro di gomma, le indagini lacunose delle prime ore. Poi lo spiraglio grazie all’incontro con Sofia Amoddio. Risoluta, tenace. Un investigatore “onorevole”. Senza precedenti. E’ la svolta.