I conti in tasca all’Ars, costa 425 mila euro al giorno. E’ denaro ben speso?

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Stefano Zito, fresco di elezione, deputato regionale del M5S, ha debuttato nell’Assemblea regionale siciliana con una “denuncia”: il Parlamento siciliano costa ben 400 mila euro al giorno, la paga dei deputati 25 mila euro al giorno. Zito si è rammaricato sia per i costi alti in sé sia per il fatto che l’Assemblea abbia iniziato la sua attività nella legislatura appena aperta dopo ben 40 giorni, in grave ritardo.

Il deputato ha ricordato che una recente seduta dell’Assemblea ha avuto la durata di qualche minuto, cosa che gli ha permesso di calcolare quel minuto 425 mila euro sottratte alle risorse pubbliche.

Che cosa ne deve pensare un cittadino che ha il problema di mettere un piatto di pasta a tavola per sé e la propria famiglia? Gli basterebbero mille euro al mese per  sopravvivere. Le sue considerazioni non possono che essere molto negative: andassero a lavorare e guadagnarsi la pagnotta quei deputati e tutta le loro truppe cammellate. Meglio niente che mantenere questi perditempo buoni a nulla. Ma è questo che vogliamo, mandare in discarica le istituzioni democratiche?

Certo, ci sono quelle che non funzionano  perché non sono ben rappresentate, ma la quando l’inefficienza è insopportabile ci sono strumenti – il voto è fra questi – per mandare a casa i perditempo e gli incompetenti.

Il deputato Zito non lo sa, ma la sua propensione al calcolo, sic et simpliciter, pur utile, è una miccia accesa sotto Palazzo dei Normanni, anzi sotto ogni altra assemblea rappresentativa: provocare l’indignazione e suscitare rabbia senza spiegare come stanno le cose, fa di tutta l’erba un fascio e soprattutto attribuisce alle istituzioni colpe che sono di coloro che sono stati scelti per rappresentarle.

Se fai i conti della serva per misurare l’efficienza delle istituzioni, la produttività di un Parlamento, le buone pratiche della politica, il risultato è l’esatto opposto al quale Zito probabilmente tende. Il cittadino comune, esasperato, privilegia la forca, altro che stipendi per i deputati. La storia ci ricorda che non si salverebbe nemmeno Zito dall’ira del popolo.

Inoltre, non c’è niente di più complicato del calcolo della produttività parlamentare. Se si lavora molto e male, meglio starsene con le mani in mano. E se le paghe dei deputati sono magre, quelli che hanno competenza e intelligenza, essendo valorizzati e ben pagati, non rinunceranno al loro reddito e diserterebbero le funzioni pubbliche, e gli altri, chiamati a decidere su provvedimenti di grande rilevanza economica – in grado di fare la fortuna di uomini e aziende – potrebbero subire le tentazioni del mondo. Retribuire, dunque, in modo soddisfacente i rappresentanti del popolo non è solo giusto, ma assai utile. I costi della democrazia sono i costi della libertà.

L’inefficienza si cura combattendo i privilegi,  l’incompetenza,  il virus della corruzione, l’interesse privato, il crimine  ecc. scegliendo  uomini e donne con la testa sulle spalle e competenti.

C’è stato un tempo in cui era la scuola a subire la contabilità del ragioniere, perché ai costi dell’istruzione non si riusciva a contrapporre le entrate dell’istruzione. Gli inglesi, con il loro pragmatismo, hanno risolto alla radice il problema: la loro grammatica divide i sostantivi fra countable e encountable. La scuola è ancountable, l’entrata si percepisce attraverso la qualità della classe dirigente (manager pubblici e privati, imprenditori, burocrati, amministratori).

Il problema, dunque, non è quanto costa la scuola o il Parlamento, ma come la scuola e il Parlamento fanno il loro mestiere. Altrimenti, le istituzioni saranno gestite da padroni e predoni, e non dai rappresentanti del popolo, sostituibili quando non ci sanno fare. E se ciò non avviene, dobbiamo batterci il petto mille volte, perché siamo noi, votanti ed astenuti, ad averne la colpa.

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