Surplace, il record è di 66 giorni. Siamo a 44, la svolta entro martedì

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La svolta è attesa tra domani e  dopodomani, quando, salvo fatti nuovi che dovessero emergere dalle  consultazioni, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,  prenderà un’iniziativa per cercare di arrivare alla formazione di un  governo cosiddetto di tregua che guidi il Paese almeno fino a  dicembre. Due mesi ormai sono passati dalle elezioni, 44 giorni dalle  dimissioni del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, presentate  il 24 marzo, dopo l’avvio della diciottesima legislatura con le sedute inaugurali e l’elezione dei presidenti di Senato e Camera.

Una crisi lunga ma non lunghissima, nell’Italia che in diciassette  legislature, a partire da quella iniziata dopo le elezioni del 18  aprile 1948, ha visto susseguirsi 61 governi, spesso con intervalli di parecchie settimane, pur in presenza di un quadro politico più  definito di quello attuale e con protagonista uno dei leader più  longevi. Ad esempio all’epoca del pentapartito basato sul cosidetto  Caf e con Giulio Andreotti premier.

Siamo ancora lontani dai 66 giorni che nel 1992 trascorsero dall’avvio dell’undicesima legislatura e la nascita del primo governo di Giuliano Amato o dai 64 che passarono dalle dimissioni di Ciriaco De Mita  all’avvento del sesto governo Andreotti.

Spesso le lunghe impasse sono state intervallate da  elezioni anticipate, con esecutivi in carica solo per gli affari  correnti, e naturalmente prima di avviare le procedure per averne uno  nuovo occorreva necessariamente aspettare lo svolgimento della  campagna elettorale, il voto e i venti giorni prima dell’insediamento  del nuovo Parlamento.

Ampie parentesi quindi tra un gabinetto e l’altro nei settanta anni  che ci lasciamo alle spalle, ma anche inizi di legislatura  particolarmente complessi come quello attuale, su tutti quelli nel  1992, già ricordato, e nel 2013, quando si incrociarono con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro nel primo  caso e il riconfermato Giorgio Napolitano nel secondo. Senza  dimenticare, con riferimento agli inizi degli anni Novanta, i  tumultuosi cambiamenti legati alle inchieste di tangentopoli e  drammatiche vicende come l’attentato a Giovanni Falcone.

Un capitolo a parte naturalmente va scritto per il triennio 1976-1979, nel pieno degli anni di piombo culminati con il rapimento e  l’uccisione di Aldo Moro, l’artefice con Enrico Berlinguer  dell’accordo tra Dc e Pci, base della nascita dei governi di  solidarietà nazionale.

Le contrapposizioni tra Ciriaco De Mita e Bettino Craxi; la creazione dell’asse tra lo stesso Craxi, Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani, ricordato con l’acronimo Caf e suggellato nel cosiddetto  patto del camper; i contrasti all’interno della Dc tra la sinistra da  un lato, il grande centro e gli andreottiani dal’altro; rendono  difficile la formazione dei governi che si alternano negli anni  Ottanta, anche se poi risultano nella storia tra quelli con una durata maggiore.

Il primo ministero guidato da Craxi nasce il 4 agosto del 1983, a soli 23 giorni dall’insediamento della nona legislatura. Resterà in carica  quasi tre anni, risultando così il terzo per durata, ma quando si  dimette si apre una crisi particolarmente complessa.

Si protrarrà per 35 giorni, dal 27 giugno del 1986 al successivo primo agosto, quando si insedia il Craxi bis basato sul cosiddetto patto  della staffetta, che di lì ad un anno avrebbe dovuto portare a palazzo Chigi il segretario della Dc, Ciriaco De Mita.

Ma sarà un percorso più travagliato del previsto e  destinato ad interrompersi presto. Dopo le elezioni anticipate nella  tarda primavera del 1987, il governo di Giovanni Goria e la crisi di  un mese che si apre dopo le sue dimissioni; il leader della Dc  riuscirà ad arrivare alla guida dell’esecutivo il 13 aprile 1988.  Tuttavia sarà una stagione di breve durata.

La nomina di Forlani alla segreteria della Dc nel febbraio dell’anno  successivo crea le premesse per le dimissioni di De Mita che arrivano  il 19 maggio. Ci vorranno 64 giorni, la crisi più lunga della storia  repubblicana senza passare per elezioni, prima di vedere nascere il  sesto governo presieduto da Giulio Andreotti, il decimo per durata in  assoluto. Resterà in carica fino alle dimissioni del 29 marzo 1991. In questo caso si dovranno attendere 14 giorni prima che giuri per la  settima ed ultima volta da presidente del Consiglio.

Ed è sempre lui il protagonista di fasi complesse che caratterizzano  la formazione dei suoi tre governi nella drammatica legislatura  compresa tra il 1976 e il 1979. Il primo nasce il 29 luglio del ’76,  con l’astensione del Pci, a 24 giorni dell’insediamento delle nuove  Camere.

Si dimetterà il 16 gennaio del 1978 e soltanto 54 giorni dopo, l’11 marzo, cinque giorni prima del rapimento di Moro e  dell’uccisione della sua scorta, formerà il nuovo gabinetto, stavolta  con il sostegno del Pci. Andreotti andrà avanti fino alle dimissioni  31 gennaio del 1979. Passeranno 48 giorni prima di dar vita ad un  nuovo esecutivo, il 20 marzo, destinato a portare il Paese ad elezioni anticipate dopo la mancata fiducia.

Nel continuo avvicendarsi dei governi che ha caratterizzato la storia  repubblicana, solitamente le crisi più lunghe hanno avuto una durata  compresa tra i trenta e i cinquanta giorni. Ad esempio quelle che  portarono ad un susseguirsi di esecutivi guidati dal democristiano  Mariano Rumor.

Il secondo nasce il 5 agosto del 1969, esattamente 31 giorni dopo le  dimissioni presentate il 5 luglio. Per la nascita del terzo occorrerà  invece attendere 48 giorni, dalle dimissioni del 7 febbraio del 1970  alla nomina del 27 marzo.

Il 6 luglio successivo presenterà nuovamente le  dimissioni, sostituito un mese dopo da Emilio Colombo, alla prima  esperienza da presidente del Consiglio. Si dimetterà un anno e mezzo  dopo, il 15 gennaio 1972. Dopo 33 giorni di crisi, lascerà il posto al primo governo Andreotti, che non avendo ottenuto la fiducia porterà il Paese alle prime elezioni anticipate della storia repubblicana.

Con la nuova legislatura Andreotti resterà ancora in carica fino al  luglio 1973, quando si aprirà una nuova stagione con governi a guida  Rumor. Quello che si dimette il 3 ottobre del 1974, aprirà una crisi  che si chiuderà soltanto 51 giorni dopo, con l’insediamento del quarto esecutivo a guida Aldo Moro. Succederà a se stesso il 12 febbraio  1976, dopo una crisi iniziata 36 giorni prima con le dimissioni del 7  gennaio.        Tornando indietro nel tempo, è negli anni Sessanta che iniziano a  registrarsi crisi di governo particolarmente prolungate. Un mese passa dalle dimissioni di Antonio Segni, il 24 febbraio 1960, alla nascita  del governo di Fernando Tambroni.

Moro, all’epoca dei primi governi organici di  centrosinistra, dimessosi il 21 gennaio 1966, dovrà attendere 33  giorni per succedere a se stesso alla guida del suo terzo esecutivo.  Un mese era invece passato tra le dimissioni di Giovanni Leone, il 5  novembre 1963, e la nascita del suo primo gabinetto il 4 dicembre  successivo.

Complicate anche le fasi che portano alla formazione dei governi agli  inizi degli anni Ottanta, quando per la prima volta si arriverà ad  avere un presidente del Consiglio non espresso dalla Dc, vale a dire  Giovanni Spadolini, arrivato a palazzo Chigi il 28 giugno 1981, 33  giorni dopo le dimissioni di Arnaldo Forlani.        A partire dagli anni Settanta iniziano gli scioglimenti anticipati  delle Camere, spesso alla fine di prolungate crisi di governo.  Particolare la situazione del 1987, quando dopo le dimissioni di  Bettino Craxi del 3 marzo, il 15 aprile viene nominato presidente del  Consiglio per la sesta volta Amintore Fanfani. Ma sarà la Dc, con un  voto di astensione alla Camera, a bocciare la nascita dell’esecutivo,  per decretare così la fine della legislatura.

Nella cosiddetta seconda Repubblica sono due gli  scioglimenti anticipati, che arrivano non prima di aver comunque  verificato la possibilità di proseguire la legislatura. Nel 1996, dopo le dimissioni l’11 gennaio del governo di Lamberto Dini che era  succeduto al primo gabinetto di Silvio Berlusconi, il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, il primo febbraio affida ad Antonio  Maccanico l’incarico di formare il nuovo governo.        Il tentativo è quello di arrivare ad un esecutivo di larghe intese che consenta la realizzazione delle riforme istituzionali. Ipotesi che si  rileva però impercorribile, con la conseguente rinuncia di Maccanico  il 14 febbraio, seguita, due giorni dopo, dallo scioglimento  anticipato del Parlamento, il secondo durante il mandato di Scalfaro.

Anche nel 2008, dopo le dimissioni il 24 gennaio di Romano Prodi, il  presidente del Senato, Franco Marini, la settimana successiva viene  incaricato dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, di verificare tra le forze politiche le possibilità di consenso su una riforma delle  legge elettorale e di sostegno ad un governo che accompagni  l’approvazione di tale riforma, assumendo nel frattempo le decisioni  più urgenti.

Preso atto del fallimento del tentativo, il Presidente
della Repubblica il 6 febbraio scioglie le Camere, con le elezioni
fissate per i successivi 13 e 14 aprile.

Napolitano sarà poi al centro di uno degli avvii di legislatura più
tormentati della storia repubblicana, che in qualche modo ricorda quello attuale. Cinque anni, fa dopo il voto del 24 e 25 febbraio, il centrosinistra ottiene la maggioranza soltanto alla Camera.

Pier Luigi Bersani, ricevuto il 22 marzo l’incarico di verificare
l’esistenza di un sostegno parlamentare che consenta la formazione del governo, una settimana dopo è costretto a gettare la spugna.

Nel frattempo, alle difficoltà legate alla formazione  del nuovo esecutivo, si somma la necessità di procedere all’elezione  del Capo dello Stato. Dopo la duplice bocciatura di Franco Marini e  Romano Prodi ad opera dei franchi tiratori, Napolitano accetta la  rielezione il 20 aprile.

La situazione si sblocca il 24 aprile, con il conferimento  dell’incarico ad Enrico Letta, che giura il 28, 44 giorni dopo  l’insediamento delle nuove Camere.

Non furono facili neanche le prime settimane della seconda  legislatura, apertasi il 25 giugno del 1953. L’ottavo governo di  Alcide De Gasperi, nominato il 16 luglio, non ottenne la fiducia e  soltanto il 17 agosto, a quasi due mesi dell’insediamento delle  Camere, fu nominato presidente del Consiglio Giuseppe Pella,  incaricato dal Capo dello Stato, Luigi Einaudi, senza procedere prima  alle consultazioni.

Dieci anni dopo, ci vollero 36 giorni, dal 16 maggio,
primo giorno della quarta legislatura, al 21 giugno, per la nascita
del governo di Giovanni Leone, esecutivo di transizione prima della stagione dei governi organici di centrosinistra.

Dopo vari incarichi andati a vuoto, fu Francesco Cossiga che il 4
agosto del 1979 riuscì a formare il primo governo dell’ottava
legislatura, apertasi 45 giorni prima.

Complicato e drammatico nel 1992 l’inizio dell’undicesima legislatura,che si inaugura il 23 aprile, dopo elezioni che hanno consegnato una maggioranza risicata alla Dc e ai suoi tradizionali alleati. Il 28 si dimette il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, anticipando di qualche settimana la scadenza naturale del mandato.

Gli succede Oscar Luigi Scalfaro, eletto il 25 maggio,
due giorni dopo l’attentato a Giovanni Falcone. Il 28 giugno nascerà il primo governo guidato da Giuliano Amato, 66 giorni dopo l’insediamento delle nuove Camere.

Un record che comunque potrebbe resistere, se nei prossimi giorni, su input di Mattarella, si arriverà alla formazione di un nuovo governo. Anche se con tutte le incognite legate alla durata di questo nuovo ipotetico esecutivo.

(Sam/AdnKronos)

 

 

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