Con un documento dell’ufficio provinciale Pd di Caltanissetta e dei giovani dem rivolto alla segretaria nazionale e a quella regionale si è aperta una vera e propria battaglia contro la deputata nazionale uscente Daniela Cardinale.
“Non è più possibile – scrivono i dirigenti dem – subire decisioni assunte da gruppi ristretti di plenipotenziari e capicorrente. I candidati nei collegi uninominali e plurinominali non possono arrivare dall’alto solo al fine di consolidare leadership ed equilibri interni di partito. Non vorremmo arrivare a iniziative eclatanti, al disimpegno, alla chiusura dei circoli.”
Ancora più diretto nei giorni scorsi Renzo Bufalino, vicesindaco di Montedoro e componente dell’Assemblea nazionale del Partito Democratico.
“Le candidature dinastiche rischiano di fare implodere (per la parte in cui deve ancora finire di implodere), il Partito Democratico. Ci sono scelte che non possono essere procrastinate a partire da un serio e profondo rinnovamento del partito che lasci maggiore spazio ai giovani. Se il Pd scende sotto la soglia del 23, 24%, sarebbe una catastrofe”.
Un’indignazione, quella degli ex “bandiera rossa”, che non può che trovarci solidali.
Peccato che il partito negli ultimi decenni abbia trovato il modo di cambiare nome, ma non quello di cambiare la testa, ovvero l’abitudine a ragionare con una doppia morale e di essere capace di ribellarsi ai vertici solo quando questi, in sostanza, non esistono più.
L’abiura all’ on. Daniela Cardinale, da concittadini e simili, giunge stranamente adesso , alla sua terza – ripetiamo terza – candidatura. Evidentemente il pacchetto voti del padre, ex potentissimo ministro di origine non certo rossa, faceva comunque comodo quando la fanciulla ascese per la prima volta a Montecitorio.
Sul ringiovanimento richiesto, visto che la Cardinale non è più l’adolescente di allora, ma ha soltanto trentacinque anni, forse ci sarebbe qualcosa in più da chiedersi.
Come mai gli arditi dirigenti dem dal cuore della Sicilia non hanno protestato quando – parliamo solo delle ultime elezioni nazionali – hanno visto l’eterna Anna Finocchiaro continuare il suo trentennio parlamentare, sforando le norme sui limiti ai mandati imposti dal partito?
E venendo ai voti siciliani, di questi limiti si è fatto beffa il potente Lumia, così come Angelo Capodicasa con una presidenza della regione alle spalle e tre legislature.
E sulle candidature calate dall’alto ci ritroviamo, noi siciliani, ad essere rappresentati anche da Luigi Bersani ( senza offesa, naturalmente) e da Genovese padre (e qui qualche riserva ci sarebbe stata).
Come vediamo, l’indignazione non ha limiti, dentro e fuori il Pd.