I misteri inesplorati del caso Moro

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Mancano pochi giorni al 9 maggio, giorno in cui, 40 anni fa, si conclusero, con l’assassinio del presidente della DC Aldo Moro, i 55 giorni della sua prigionia .Il cadavere di Moro, sequestrato dalle Br il 16 marzo del 1978, venne infatti rinvenuto il 9 maggio, all’interno di una  Renault 4, parcheggiata nella via Caetani di Roma, tra la sede della Democrazia cristiana e quella del Partito comunista. Se sul sequestro Moro  quella che è stata ufficialmente accertata è una verità accettabile è tuttavia vero che numerose zone d’ombra ancora esistono , zone d’ombra che forse non si ha interesse a portare alla luce. Cosi’ dicasi per il ruolo che nella vicenda ebbero alcuni personaggi sui quali non si è sufficientemente indagato o sul ruolo che nel sequestro e nell’assassinio ebbero alcuni servizi segreti come il Mossad, il servizio segreto iraniano. Così dicasi per i brigatisti Corrado Simioni  e Giovanni Senzani. Simioni,ex socialista, venne introdotto nelle Br da Renato Curcio ed era insieme a Vanni Mulinaris il direttore del centro culturale parigino Hyperion.

Ma cosa era l’Hyperion?  Nei mesi successivi all’uccisione di Aldo Moro venne accertato, dai servizi segreti italiani, che dietro la facciata di questo istituto culturale, costituito a Parigi da alcuni docenti italiani, in realtà si celava una struttura terroristica con diramazioni e collegamenti internazionali.  Questa ipotesi formulata dai Servizi trovò peraltro riscontro nelle dichiarazioni di alcuni pentiti riportate nel mandato di cattura emesso nei confronti di Corrado Simeoni e Duccio Berio, due dei fondatori dell’Istituto, ai quali vennero contestati i reati di costituzione di banda armata, attentato alla personalità dello Stato e violazione della legge sulle armi. Nella motivazione del provvedimento cautelare, emesso dalla magistratura romana si legge che l’Hyperion avrebbe avuto contatti con le BR oltre che con la RAF, con l’ETA, l’IRA, l’OLP e il movimento francese NAPAP. Vanni  Mulinaris, come si è detto uno dei direttori del centro Hyperion, venne considerato sia dalla magistratura romana che da quella veneziana, che indagavano sugli stessi fatti, come il terzo personaggio di spicco della –centrale estera- della Brigate Rosse. Nelle indagini poi condotte dalla magistratura romana, in particolare dal giudice Priore e da quella veneziana, condotta dal giudice Mastelloni, l’Hyperion venne individuata come una struttura con le caratteristiche della –colonna- in stretto contatto con i clandestini in Italia, dedita anche al reperimento e alla distribuzione di armi ad organizzazioni eversive del Nord Europa e dei paesi mediorientali.  Il collegamento tra l’Hyperion e le Brigate rosse venne alla luce in occasione del mandato di cattura emesso dal giudice veneziano Carlo Mastelloni a carico del leader palestinese Yasser Arafat e di Salah Khalaf, capo dei servizi segreti di Al Fatah, per i reati di detenzione e traffico di armi, mandato di cattura che venne poi annullato dalla Cassazione per un vizio di forma. Ebbene, sarebbe stato Salah Khalaf ad avere i primi contatti a Parigi con le Brigate rosse, in particolare con Mario Moretti, attorno il 1976-77. Secondo quanto sostenuto dal giudice Mastelloni, il contatto tra Salah e Moretti sarebbe avvenuto per il tramite di tre italiani insegnanti alla scuola di lingue Hyperion : Vanni Mulinaris, Duccio Berio e Corrado Simioni. Successivamente la funzione di mediatore tra i palestinesi, le BR e gli altri gruppi eversivi europei – sempre secondo quanto risulta dall’inchiesta veneziana- sarebbe stata assunta da JeanLuis Baudet “corrispondente in Francia del brigatista Giovanni Senzani, circostanza quest’ultima risultante dagli appunti sequestrati a quest’ultimo. Da tali  appunti emergerebbero, sia pure per sigle, per ciò che riguarda il traffico d’armi, dei riferimenti ad Arafat e ad Al Fatah nella persona del menzionato Salah Khalaf. Ulteriore collegamento tra il Khalaf e le Brigate rosse, per ciò che concerne il traffico di armi, venne alla luce in occasione della scoperta di un vero e proprio arsenale sulle colline trevigiane del Montello dopo la liberazione del generale Dozier. Quivi vennero rinvenute delle armi simili a quelle sequestrate a militanti dell’IRA o facenti parte di una partita venduta all’OLP. Emerse poi dall’inchiesta veneziana che alcuni agenti del Sismi sarebbero stati a conoscenza di questo traffico d’armi non avendone peraltro fatto cenno nei loro rapporti, omissioni per le quali vennero inviate delle comunicazioni giudiziarie ad ex ufficiali del Sismi. Che vi fosse un collegamento tra servizi segreti stranieri e Brigate rosse risulta in maniera evidente dal dossier inviato dal presidente cecoslovacco Vaclav Havel in Italia agli inizi del “90”, dossier dal quale emerge in maniera inequivocabile il legame tra i servizi cecoslovacchi e le Br. D’altra parte nel libro di Mitrokhin si riferisce che c’era un allarme del KGB ( il servizio segreto russo) perche non venissero fuori i legami tra i suddetti servizi e le BR. Giovanni Pellegrino, presidente della commissione stragi, in una intervista al Corriere della Sera, dichiarò che la Commissione aveva richiesto di acquisire l’archivio delle spie dato che ciò sarebbe stato importante per ricostruire le cause delle stragi, del terrorismo di opposto colore e” i misteri perduranti su caso Moro”.

E a proposito degli “agenti doppi”  e della tesi sostenuta dal Generale Dalla Chiesa secondo cui dietro il terrorismo italiano vi sarebbe stata una centrale unica “Est-Ovest”,  alla domanda se, allorquando era scoppiato, in relazione ai perduranti misteri del sequestro Moro, il caso del pianista Igor Markevitch, personaggio che poteva essere interpretato nella suddetta chiave, così rispondeva Pellegrino : “Si se si fosse dimostrato il ruolo di Markevitch – come quello dell’anfitrione di Firenze che ospitò la direzione strategica delle Br durante il sequestro – forse si potrebbe parlare del caso di un agente doppio del KGB e del Mossad. La Commissione è interessata, in questa fase dei suoi lavori, a capire quale trattativa si è instaurata ad un certo punto con i brigatisti per il recupero delle carte che contenevano le informazioni fornite da Moro. A questa operazione di recupero potrebbe essere stato interessato il servizio segreto israeliano, il Mossad. Nello stesso tempo, noi vogliamo scoprire chi erano gli intellettuali che facevano parte della direzione strategica delle Br” Igor Markevitch è un direttore d’orchestra russo di origini ebree , naturalizzato italiano, imparentato con i Caetani, una delle più importanti famiglie della nobiltà romana, indicato da una fonte del Sismi, degna di credito, come uno degli uomini che interrogarono Moro. Si legge infatti in un rapporto del Sismi in data 1980 : “Il 14 ottobre 1978, fonte del servizio segnalava che un certo Igor, della famiglia dei duchi Caetani, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle Br che, in particolare avrebbe condotto tutti gli interrogatori di Moro, della cui esecuzione sarebbero stati autori materiali certi “Anna” e “Franco”  Il Markevitch, come accertato secondo un rapporto del ROS dei carabinieri, sarebbe stato presentato da Senzani a Mario Moretti e avrebbe avuto il ruolo di intermediario tra alcuni servizi segreti esteri e le Brigate rosse, per la liberazione di Moro che era a conoscenza di riservati segreti concernenti la Nato, segreti che Moro, in una lettera indirizzata all’allora ministro dell’interno Cossiga, aveva minacciato di rivelare ai brigatisti. L’ipotesi che il Markevitgh sia stato colui che sottopose ad interrogatorio Moro, sembra essere avvalorata dal tenore delle domande rivolte a quest’ultimo, che denotavano un livello intellettuale non compatibile con quello dei brigatisti, decisamente inferiore. D’altra parte Franceschini, uno dei fondatori delle Br, ha espresso dubbi sul fatto che possa essere stato Moretti a interrogare Moro in quanto, considerata la complessità delle lettere scritte dal presidente della DC, era chiaro che Moro aveva un interlocutore che almeno era al suo livello e che non poteva essere né Moretti né Senzani. Quella del ruolo avuto nel sequestro Moro dal Markevitch è una pista non adeguatamente approfondita se si considera che il coordinamento del sequestro fu collocato a Firenze e che durante il sequestro il Comitato esecutivo dei brigatisti si riuniva in una villa nei pressi di Firenze, immobile che le indagini giudiziarie identificarono come un immobile ubicato nel feudo Caetani La Farnia. Il Markevitch quindi avrebbe ospitato a Firenze, nei 55 giorni del sequestro Moro, il Comitato esecutivo dell’organizzazione terroristica. Secondo Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca, autori del libro “La storia di Igor Markevitch”, questi era sostanzialmente chiamato a gestire il sequestro per scongiurare “il rischio di una grave destabilizzazione degli equilibri interni italiani e internazionali» che sarebbero, appunto, derivati dai segreti Nato di cui Moro era uno dei custodi. Ma qualcosa, forse, non andò com’era previsto che andasse. Nelle ultime ore frenetiche, forse, addirittura, negli ultimi secondi di vita dell’esponente Dc, «man mano che la trattativa procedeva, ci furono passaggi di mano dell’ostaggio, a cui corrisposero anche trasferimenti fisici da un covo all’altro. Alla fine, Moro arrivò là dove avrebbero dovuto liberarlo. E dove, invece, fu assassinato». Nel 1978 il Sismi, mentre il presidente della DC era prigioniero, svolse sul Markevitch degli accertamenti dei quali non vennero mai informati né il ministro dell’interno né la magistratura. Soltanto nel 1997, Valerio Morucci, nella sua audizione  dinanzi la Commissione stragi, fece riferimento a un misterioso signore che agiva all’ombra del comitato esecutivo che aveva la cabina di regia a Firenze. Non vi è dubbio che vi era un interesse degli americani a contrastare la politica intrapresa da Moro volta a legittimare il partito comunista facendolo entrare nell’area di governo sia pure con la formula della astensione. Significativo in proposito è il fatto riferito da Moro ad Andreotti e da quest’ultimo raccontato, di un vero e proprio avvertimento rivolto dall’allora segretario di stato americano Kissinger, a Moro invitato ad essere molto cauto nel perseguire la suddetta finalità. Kissinger, in quella occasione, minacciò che se l’Italia avesse perseguito tale strategia avrebbe tagliato gli aiuti economici di cui l’Italia in quel momento aveva particolare bisogno. Ma un interesse a contrastare la politica intrapresa da Moro non avevano soltanto gli americani ma anche altri paesi europei come la Gran Bretagna. Ha riferito infatti il cofondatore delle brigate rosse Alberto Franceschini, in una recente intervista al Corriere della Sera, che dai documenti desecretati in Gran Bretagna, risulta che bisognava a tutti i costi fermare Moro che, avendo intenzione di perseguire una autosufficienza energetica dell’Italia, minacciava gli interessi petroliferi degli inglesi nei loro possedimenti ex coloniali in Irak e nel Sudan. In tale intervista Franceschini si chiedeva se fossero stati gli inglesi a coinvolgere gli americani o gli americani a coinvolgere gli inglesi. L’interesse a contrastare la politica di Moro da parte dell’America e della Gran Bretagna nasceva quindi sia da motivazioni ideologiche quali l’anticomunismo ma anche da interessi economici riguardanti le grandi risorse energetiche. In proposito non può non ricordarsi che anche Enrico Mattei, presidente dell’ENI, ucciso dall’esplosione di una bomba posta all’interno dell’aereo con il quale dalla Sicilia stava facendo rientro a Milano, perseguiva una politica di autosufficienza energetica dell’Italia, ponendosi in conflitto con le grandi compagnie petrolifere americane, le cosiddette “cinque sorelle”. Ma la presenza di servizi segreti stranieri nella vicenda del sequestro Moro emerge anche da quanto riferito da Franceschini nella suddetta intervista nella quale sostiene che fu il Mossad, il servizio segreto israeliano, a contattare, durante la prigionia di Moro, le Brigate rosse. Ha dichiarato Franceschini : “I servizi israerliani avrebbero detto noi non vogliamo dirvi cosa dovete fare, l’importante è che facciate e noi faremo di tutto per aiutarvi, fornendo armi e tutto ciò che serviva e poi saremmo stati noi a decidere. Il loro fine era quello di far si che l’Italia venisse destabilizzata  e quindi il fatto che le Br avevano creato questo fatto destabilizzante a loro andava perfettamente bene, perché voi in Italia avete un ruolo fondamentale da svolgere nel mediterraneo e nel nordafrica . Il fatto che la vostra politica non sia più in grado di controllare la situazione permette a noi israeliani di tenere sotto controllo la situazione e diventare il paese più importante per la Nato rispetto agli interessi dei francesi e degli inglesi e in parte degli americani. In definitiva le BR furono utilizzate dai servizi israeliani. Dice Franceschini . “sarebbe stato più strano che non avessero tentato di utilizzarci. La verità giudiziaria nei vari processi Moro si basò quasi esclusivamente sulla ricostruzione della vicenda che ne fece il brigatista Valerio Morucci nel suo c.d. memoriale, redatto in carcere con la collaborazione del giornalista democristiano Remigio Cavedon. Si è sempre ritenuto, sulla base della ricostruzione della vicenda effettuata dall’ex brigatista, che nel sequestro e nell’assassinio di Moro tutto fosse chiaro. Nel memoriale si sostiene che la strage e i 55 giorni di prigionia di Moro vennero eseguiti e gestiti soltanto dalle BR senza l’intervento di complicità esterne, di manovre o trattative occulte. In realtà, da quanto fin qui detto appare evidente che nella vicenda Moro vi furono interessi anche internazionali oltre che nazionali, alla sua eliminazione, aspetti oscuri che non furono o non si vollero adeguatamente scandagliare.

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