Scieri, delitto quasi perfetto. La caccia ai colpevoli nel racconto di Sofia Amoddio

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Toni pacati, gesti misurati, il sorriso appena accennato,l’abbigliamento sobrio: sembra adottare l’arte del mascheramento Sofia Amoddio, deputata e avvocata penalista siracusana, tanto lontana appare dalla protagonista di una inchiesta parlamentare senza precedenti, che ne ha fatto il primo investigatore della storia parlamentare italiana. L’avvocata, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Scieri, è infatti una donna caparbia dal carattere forte e risoluto E’ stata capace di smontare pezzo dopo pezzo la costruzione di un delitto quasi perfetto, protetto dalle alte cariche militari, dal torpore delle istituzioni, dalla polvere del tempo e da una giustizia che, talvolta, lascia per strada vittime innocenti.

Dall’aprire del 2014 Sofia Amoddio ha investigato senza tregua sul ritrovamento del cadavere del parà siracusano Emanuele Scieri in circostanze misteriose in una caserma della Folgore a Pisa dopo appena un giorno dal suo arrivo.

Grazie a Sofia Amoddio ci sarà giustizia per Lele Scieri. Avevano fatto credere dapprima che si fosse suicidato, poi che fosse rimasto vittima di “nonnismo”, un gioco crudele di commilitoni anonimi. Ora, a conclusione del lavoro della Commissione d’inchiesta, la magistratura di Pisa ha nelle mani circostanze e nomi di possibili colpevoli, e può far luce su un mistero che per quasi diciassette anni è stato “coperto”dall’omertà.

Sofia Amoddio si è scontrata con il muro di gomma della Difesa e le resistenze politiche. Ha fatto parlare chi taceva, ha messo sull’attenti generali e colonnelli insofferenti, fino a che non ha portato a termine la sua missione: riaprire il caso Scieri, archiviato, e “fare giustizia per Lele”.

“Lo dovevo a Isabella Guiarino, sua madre”, racconta l’onorevole Amoddio. “Era un giorno di marzo del 2013, quando venne a trovarmi insieme con i componenti del Comitato Verità e Giustizia per Lele, costituito nel 1999. Le dissi che sarebbe stato assai difficile avere una legge per ottenere la  Commisssione parlamentare d’inchiesta. Ci avevano provato tante volte senza successo. E in ogni caso non sarebbe bastata la Commisssione per avere la verità…”

Si mostrò anche lei scettica. E allora perché…

“Non mi piace dare speranze quando ce ne sono poche, volevo che Isabella Guarino sapesse a che cosa saremmo andati incontro”

Non la scoraggiò, dunque.

“Tutt’altro, quella donna aveva il diritto di chiedermi un impegno. Politico e morale. Non mi sarei mai sottratta”.

Perché scelse lei il Comitato?

“Sono avvocato, sono il deputato di Siracusa, e forse hanno avuto fiducia in me. Sanno che non mi tiro indietro e che faccio il mio lavoro con passione…Non so”

Lei è riuscita laddove centinaia di parlamentari hanno fallito. Non si contano il numero di interpellanze, interrogazioni, mozioni, disegni di legge caduti nel vuoto. Due inchieste giudiziarie, Procura di Pisa e la Procura militare di La Spezia, senza esito. Una inchiesta amministrativa della Difesa finita nel nulla. Ed una Commissione d’inchiesta modificata perfino in corso d’opera…

“Avrebbe dovuto indagare su Lele ed invece si fermò al nonnismo. Un buon lavoro, ma quel delitto in caserma non fu sfiorato”

Per la prima volta, non si conoscono precedenti, una Commissione parlamentare d’inchiesta fa riaprire un caso giudiziario. Lei ha capovolto una consuetudine.

“Il Procuratore Capo di Pisa Alessandro Crimi, ha riaperto il caso. Un magistrato diligente e sensibile. Ho istaurato un rapporto di collaborazione efficace, ho raccolto molti elementi che permettono di arrivare alla verità e punire i colpevoli, ma il giudizio non compete alla Commissione d’inchiesta”.

Onorevole, lei mi sembra fiduciosa.

“Non posso negarlo, confido nel lavoro fatto e nella giustizia. Isabella Guarino è consapevole che essere arrivati a questo punto è già un successo. Per quanto mi riguarda, però, voglio giustizia. Gli atti sono coperti da segreto istruttorio, non posso rivelare nulla. So che c’è quel che serve, anche i nomi, per avere giustizia”.

Qual è stata la svolta nella sua indagine?

“Quando abbiamo scoperto conversazioni telefoniche e ispezioni fatte nel giorno in cui quel povero ragazzo è stato ucciso. Quando i generali annaspavano. Quando abbiamo scoperto che in caserma si spacciava droga…”

…e che Emanuele Scieri avrebbe potuto assistere a qualcosa che ha preoccupato gli spacciatori.

“Ci sono investigatori e magistrati che vaglieranno gli indizi e le prove. …”

Presidente della Commissione d’inchiesta, avvocato, di fatto PM e giudice. Una bella responsabilità. Eppure ha fatto mostra di scetticismo inizialmente.

“No, non era scetticismo, odio dare aspettative, specie ad una madre cui è stato ammazzato il figlio. Lo so bene che contraddice la più importante delle consuetudini politiche…”

Appunto, dare aspettative fa parte del suo mestiere.

“La politica, per come la si intende comunemente, non c’entra niente con questa storia. E invece c’entra. Le istituzioni parlamentari hanno responsabilità immani, devono surrogare se occorre…”

Generalmente accade il contrario.

“E’ vero, io ho avuto la fortuna di fare un lavoro che è nelle mie corde, sono un avvocato penalista. In definitiva non ho fatto altro che il mio dovere. Da deputato, cittadino, professionista”.

 

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