Arnone mette a tacere Sgarbi. Miccichè gli strappa il microfono e..

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(essepì) Giuseppe Arnone, di professione avvocato, con una vocazione per la politica, si è conquistato lo spazio nei giornali con una tenacia ed una costanza che non ha eguali. Ormai basta che si trovi nei paraggi perché finisca con il rubare visibilità a chiunque. Nella Sala Mattarella di Palazzo dei Normanni è riuscito a lasciare ai margini nientemeno che Vittorio Sgarbi, Gianfranco Miccichè e il generale Mario Mori, tutti insieme, con una disinvoltura che ha del sorprendente.

Chi ha avuto modo di seguire i talk show che vedono ospite Sgarbi, sa di che parliamo. Sgarbi è devastante, non lascia scampo. E invece a Palazzo dei Normanni ha dovuto subire la verve di Giuseppe Arnone, che si è accaparrato il microfono, incautamente concesso dal padrone di casa (Miccichè), e ha svolto la sua requisitoria contro la magistratura siciliana, la stampa “asservita” e il popolo bue, che presta orecchio a chi non lo merita.

Nella foto il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gianfranco Miccichè, insieme al generale Mario Mori, all’assessore Vittorio Sgarbi, ed a colonnello Giuseppe De Donno.

Vittorio Sgarbi è stato costretto a tacere perché non aveva il ruolo per togliergli il microfono dalle mani, e ne aveva un altro, di assessore ai Beni culturali della Regione siciliana, che gli impedivano di usare le armi migliori (e vincenti) del talk show. Il risultato è che ad un certo punto, il Presidente dell’Assemblea – una giacca attillata che gli impediva movimenti bruschi – l’ha raggiunto e gliel’ha strappato di mano, rimproverandogli di non avere rispettato la consegna. Arnone aveva concordato, infatti, un intervento di otto minuti, non uno in più, durante i quali si sarebbe occupato unicamente di Mario Mori.

La determinazione di Miccichè ha colto di sorpresa, invero, Arnone: pareva che stesse per tornare al suo posto, in prima fila, ma superato il momento, Arnone è tornato in sé, quello di sempre, e ha accusato Miccichè e gli altri organizzatori  di avere paura. Una tragedia. La platea, molti giornalisti presenti, ha assistito ad uno sconcertante depistaggio di una iniziativa che avrebbe dovuto mostrare il lato positivo, e poco conosciuto, di Mario Mori e De Donno, imputati nel processo sulla trattativa in un’aula del Tribunale di Palermo.

Che Sgarbi e Miccichè nutrissero qualche preoccupazione è indubbio, l’iniziativa – non solo il microfono –  gli stava sfuggendo di mano. Quando mai a Palazzo dei Normanni si era svolta una requisitoria contro magistrati. Arnone, infatti, non si è limitato a dire peste e corna delle toghe che avevano avuto a che fare con lui (110 procedimenti, cinque richieste di manette), ma ha sguainato un’arma…cartacea, locandine e un dossier a colori di una ventina di pagine, oggetto di “sequestro” preventivo (a dire di Arnone). Una black list a colori con titoloni roboanti. Nomi e cognomi di ministri , dirigenti politici, sindaci, magistrati “arruolati” in bande del malaffare.

Arnone avrebbe voluto distribuire il giornale, ma Miccichè ha dato ordine ai commessi di impedirlo. Avrebbe dovuto ammanettare Arnone per riuscirci. Arnone ha omaggiato i giornalisti del suo elenco di “ladroni, quaquaraquà e feccia…”. Impossibile riferirne i contenuti, sarebbe un suicidio.

In conclusione, il docufilm di Mario Mori ha guadagnato le retrovie, nonostante la vigilia di polemiche che aveva fatto accorrere la stampa Palazzo dei Normanni. Una imprudenza, pagata cara. E dire che Vittorio Sgarbi, incolpevole per ignoranza (su Arnone), presentando il documentario, aveva dato prova di cautela. Ha letto invece che parlare a braccio, come fa sempre, per evitare strascichi giudiziari. Quoque Homerus dormitat.

 

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