(Carmelo Miduri) IL giovane capitano Scotten dei Servizi Segreti USA fu inviato nelle province occidentali della Sicilia per le fasi di conoscenza e preparazione della OPERAZIONE HUSKY,come fu chiamato lo sbarco in Sicilia degli Anglo-Americani. Fece un dettagliato rapporto «su un fenomeno che avrà gravi implicazioni per la situazione politica attuale e futura dell´isola e del resto d´Italia». Gli americani volevano capire cosa stava succedendo in quel pezzo irrequieto d´Europa liberata.
Nel suo rapporto Scotten scrisse che «A parte le opinioni popolari o gli aspetti politici, questo è un problema estremamente importante: tutti coloro che non ne sono venuti a contatto diretto però hanno serie difficoltà a valutarlo». Fu così che il capitano Scotten scoprì la mafia, scrisse una decina di anni fa Attilio Bolzoni su “La Repubblica” . E fu così che gli Alleati scoprirono che lo sbarco del 10 luglio del 1943 aveva riportato nell´isola non soltanto la libertà ma anche i suoi vecchi padroni: i boss di Cosa Nostra.
In quel rapporto che l´ufficiale della Military Intelligence inoltrò al brigadiere generale Julius Cecil Holmes – sei pagine custodite nei National Archives di Kew Gardens, alle porte di Londra – c´è la prova di un accordo cercato dagli agenti segreti statunitensi e britannici con la mafia siciliana.
In quel documento si ritrovano le tracce di un negoziato fra gli apparati di sicurezza e le “famiglie” mafiose, probabilmente la genesi di un patto che porterà nel nostro Paese – decennio dopo decennio e strage dopo strage – all´abitudine “trattativista”, al dialogo permanente fra poteri politici e poteri criminali. Da Portella della Ginestra fino a Capaci, dalle spie inglesi agli uomini dei servizi di sicurezza italiani, un intrigo che affonda le sue radici nei mesi che seguirono l’Operazione Husky.
Bolzoni, che come sapete è uno dei giornalisti meglio informati sulla storia della mafia degli ultimi cinquanta anni dice , con una metafora efficace che quei patti scellerati “da storia si fanno cronaca”. Nel senso che la cronaca criminale, e spesso anche politica, dei decenni trascorsi dallo sbarco in poi, risale a quel momento storico. Quel momento storico dà lo spunto a Salvatore Parlagreco per costruire la trama dell’ “Operazione lure”. interessante romanzo giallo intriso di fiction che tuttavia percorre il senso piu’ profondo della politica e della storia criminale della Sicilia e non solo
In un sua ricerca Attilio Bolzoni scrisse “Vicende lontane che si intrecciano con l´attualità più inquietante, le carte del passato che in qualche modo spiegano un presente ancora avvolto nel mistero: lunghe e indisturbate latitanze di capi mafiosi, covi immancabilmente protetti, complicità fra alti funzionari dello Stato e assassini, massacri di Cosa Nostra e depistaggi, bombe di mafia e di Stato.” Ed è ciò che vediamo anche in questo romanzo Sembra quasi che il W. E. Scotten, a conoscenza di avesse consegnato anche a Parlagreco il suo rapporto per ispirarlo settanta anni dopo.
Non so se Plarlagreco lo ha letto, presumo di si.
Il dossier porta la data del 29 ottobre 1943 (cartella del Foreign Office 371/37327, numero di protocollo R11483) ed è stato archiviato a Kew Gardens alla fine della guerra. Un dossier pubblicato per la prima volta dallo storico Rosario Mangiameli – nel 1980 – in “Annali della facoltà di Scienze politiche” dell´Università di Catania, oggi merita di essere riletto e interpretato per tutto ciò che sta affiorando in Italia sulle collusioni di Cosa Nostra. Oggetto del rapporto: «Memorandum sul problema della mafia in Sicilia».
Il Prof Mangiameli ebbe a scrivere che al paragrafo 13 del rapporto c’era il passaggio più riservato e tortuoso del resoconto di Scotten. La parte del dossier che conteneva le «possibili soluzioni per affrontare il problema mafia». E dove, per la prima volta, compariva quella parola: negoziato.
La soluzione del problema posto da Scotten, secondo il libro di Parlagreco avrebbe potuto essere la SICILIA 49° Stato degli USA. Una ipotesi che somiglia molto alla ipotesi indipendentista dei primi anni del secondo dopoguerra. E comunque una mirabile soluzione narrativa che da la possibilità a Parlagreco di far scorrere una narrazione fra il vero, il non vero ed il verosimile .
Dopo un´analisi della realtà criminale siciliana, il capitano Scotten suggeriva ai suoi superiori come il Governo militare alleato avrebbe dovuto muoversi.
E valutava tre ipotesi:
- A) un´azione diretta, stringente e immediata per controllare la mafia;
- B) una tregua negoziata con i capimafia;
- C) l´abbandono di ogni tentativo di controllare la mafia in tutta l´isola e il ritiro in piccole enclaves strategiche, attorno alle quali costituire cordoni protettivi e al cui interno esercitare un governo militare assoluto».
L´ufficiale della Military Intelligence riferiva poi ai suoi superiori, nel dettaglio, la praticabilità delle tre soluzioni prospettate.
Il primo punto è riportato al paragrafo numero 14 del Rapporto Scotten: «La prima soluzione – il controllo della mafia, ndr – richiede un’azione fulminea e decisiva nell´arco di giorni o al massimo di settimane (…) e l´arresto simultaneo e concertato di cinque o seicento capifamiglia – senza curarsi della personalità e delle loro connessioni politiche – affinché siano deportati, senza alcuna traccia di processo, per tutta la durata della guerra (…)».
Il secondo punto è al paragrafo numero 15. Ed è tutto dedicato alla trattativa con i boss di Cosa Nostra. Scrive Scotten: «La seconda soluzione sembra apparentemente quella il cui successo è meno garantito. Ma la sua buona riuscita dipende dall´estrema segretezza di fronte ai siciliani e al personale stesso del Governo Militare Alleato».
E aggiunge il capitano: «Dipende anche dalla personalità del negoziatore e dalla sua abilità nel conquistare la fiducia di questi capimafia da contattare sui seguenti punti:
1) l´unico interesse degli Alleati nel governare la Sicilia consiste nella continuazione dello sforzo bellico;
2) gli Alleati non desiderano interferire negli affari interni della Sicilia e desiderano restituirne il governo al popolo siciliano al momento opportuno;
3) gli Alleati acconsentono a non interferire con la mafia, a patto che questa accetti di desistere da tutte le attività riguardanti il movimento e il commercio di generi alimentari o di altri beni di prima necessità, oppure di prodotti che servono alla prosecuzione della guerra (…) e a patto che la mafia concordi nell´astenersi dall´interferire con il personale e le operazioni del Governo Militare Alleato».
Che cosa, americani e inglesi, avrebbero potuto offrire in cambio? Scotten non ha dubbi: «Questo significa l´accettazione a un certo grado, da parte degli Alleati, del principio dell´omertà, un codice che la mafia comprende e rispetta interamente». In sostanza propone ai superiori un armistizio con i boss: loro non «interferiscono» con gli affari del Governo militare, gli Alleati chiudono gli occhi su tutto il resto.
La terza soluzione ipotizzata dal capitano – ritirarsi in alcune zone della Sicilia e lasciare alla mafia il controllo del territorio – è giudicata dallo stesso ufficiale «debole» e «così da essere interpretata dal nemico [la Germania nazista], dal resto d´Italia e dagli altri Paesi occupati». Una via non praticabile per Scotten: «Ciò significherebbe consegnare la Sicilia per lungo tempo ai poteri criminali».
Come poi sono andate le cose in Sicilia è noto. Gli Alleati non hanno abbandonato l´isola e non hanno mai deportato un solo mafioso. Al contrario. Molti capimafia sono stati i primi sindaci nei paesi della Sicilia liberata, altri boss hanno trafficato con i grandi capi del Governo militare alleato, gli aristocratici e i latifondisti legati a Cosa Nostra sono diventati i «rispettabili» signori che hanno governato l´isola subito dopo il fascismo.
Gli appunti del capitano Scotten raccontano molto di quella stagione. Sul ritorno dei boss: «I contatti da me sostenuti con la popolazione siciliana, concordano pienamente sul seguente fatto: la mafia è rinata. Tale fenomeno non è sfuggito alla sezione Intelligence del Governo militare e all´inviato speciale del Dipartimento di Stato Usa Alfred Nester, ex console americano a Palermo (…) Il terrore della mafia sta rapidamente tornando e, secondo i miei informatori, la mafia si sta ora dotando di armi ed equipaggiamenti moderni, il problema si moltiplicherà creando difficoltà alla Polizia».
Sulla capacità corruttiva di Cosa Nostra: «La popolazione siciliana non crede che i carabinieri o gli altri corpi di polizia siano in grado di affrontare la mafia. Li ritiene corrotti, deboli e, in molti casi, in combutta con la stessa mafia. Carabinieri e polizia ricevono individualmente una parte dei guadagni dei vari racket, ma anche intere porzioni di questi introiti».
Sulle infiltrazioni nel Governo militare alleato: «Molti siciliani si lamentano del fatto, ed è la cosa più inquietante, che molti nostri interpreti di origine siciliana provengono direttamente da ambienti mafiosi statunitensi. La popolazione afferma che i nostri funzionari sono ingannati da interpreti e consiglieri corrotti, al punto che vi è il pericolo che essi diventino uno strumento inconsapevole in mano alla mafia».
Alla fine del suo rapporto, il capitano della Military Intelligence descrive il clima che si respira nell´isola negli ultimi mesi del 1943: «Agli occhi dei siciliani, non solo il Governo Militare Alleato non è in grado di affrontare la mafia, ma è arrivato addirittura al punto da essere manipolato.
Ecco perché al giorno d’oggi molti siciliani mettono a raffronto il Governo Militare Alleato e il Fascismo… Sotto il Fascismo la mafia non era stata interamente debellata, ma veniva almeno tenuta sotto controllo. Oggi invece cresce con una velocità allarmante e ha raggiunto addirittura una posizione di rilievo nel Governo militare alleato».
Qualcuno avrà mai risposto per iscritto al capitano Scotten? Dice Attilio Bolzoni : “Si ritroverà mai un´altra carta con le decisioni prese dagli Alleati per risolvere il problema della mafia? Basterebbe qualche foglio ingiallito – dice Attilio Bolzoni – , basterebbe anche una sola pagina per scoprire fino a dove si è spinta la «soluzione B» proposta dall´agente segreto Scotten in missione in Sicilia.
Vi sono poi altri elementi sottolineati da Parlagreco sull’interesse degli USA di annettere dopo la guerra la Sicilia. Innanzitutto la posizione strategica nel Mediterraneo e gli interessi americani in funzione anti Unione Sovietica. Considerando la forza del Partito Comunista Italiano di allora .
Ecco, il romanzo di Salvatore Parlagreco contiene, seppur in modo romanzato appunto, ma con dettaglio e sequenze quasi cronicistiche, tutto ciò: il patto con la mafia che nel racconto diventa una non dichiarata convivenza nello Stato 49esima stella degli Usa. Come ci sono i colpi di mano politici, i tradimenti, gli attentati. Fatti seguiti da un giornalista italiano, alla ricerca di un collega scomparso la cui famiglia ebbe un ruolo nei vari passaggio di questa storia.
Nel racconto ad un certo punto la Sicilia ”americana” vorrebbe tornare italiana con un referendum . Come un desiderio di tornare alla “normalità” .Lo stesso racconto, dove spiccano anche alcune personalità che sono il file rouge del romanzo, conclude in qualche modo con l’affermazione gattopardesca che anche questo cambiamento, il ritorno all’Italia, non produrrebbe un vero cambiamento.