Un paio di settimane fa è stato inaugurato ad angolo fra via Principe di Paternò e viale Regione Siciliana il più grande supermercato del gruppo tedesco Lidl in Sicilia.
E’ il settimo in città e si estende con 1400 metri quadrati dedicati alla vendita. Fra qualche settimana, in via Sampolo, aprirà i battenti un punto vendita del gruppo Conad, con qualche miigliaio di metriquadri di offerte di prodotti alimentari e affini. Un centinaio di metri prima esiste da anni un altro Supermercato, del gruppo francese Carrefour e, quasi difronte, un altro punto vendita, di un gruppo nazionale. Qualche anno fa c’è stata l’irruzione dei grandi Ipermercati, situati però in zone esterne al tessuto urbano, con un’offerta non solo alimentare, ma che spazia in vari campi merceologici o ospitando punti vendita privatì o di catene nazionali, Una realtà ormai diffusa a livello nazionale e internazionale capace addirittura di cambiare usi e costumi delle famiglie e di stimolare studi su queste moderne agorà della solitudine. Realtà che indubbiamente hanno inciso nel tessuto commerciale della città, ma senza l’irruenza e le conseguenze determinate dai superspacci alimentari.
Libero mercato e concorrenza che hanno finito per fare terra bruciata di centinaia e centinaia di piccole attività commerciali di quartiere, impossibilitate a resistere alla guerra dei prezzi al ribasso, senza potere contrattuale coni grandi produttori , oberate da costi crescenti e balzelli fiscali di ogni genere. Sono i negozi che ancora offrono un dialogo con i clienti, la possibilità di fare ogni giorno la spesa a chi non ha l’automobile, a chi è solo, magari con pochi soldi e la voglia di scambiare qualche chiacchera. Il punto di riferimento dei tanti anziani che popolano la città e che non hanno voglia di cambiare le proprie abitudini. Attività che danno da vivere, sempre più con difficoltà, a chi le gestisce, a qualche dipendente, sono una rendita per i proprietari dei magazzini che abbassano sempre più definitivamente la saracinesca, per un residuale mondo di piccoli produttori e fornitori tagliati fuori dalle dinamiche della grande distribuzione.
Una realtà che svuota e impoverisce tutti i quartieri, ci inonda di cibi provenienti da ogni parte del mondo, cambia le abitudini alimentari impoverendo le nostre tavole di tanta ricchezza agroalimentare prodotta “a km. zero”. Anche se perlopiù non sono botteghe storiche, come pomposamente si nominano alcune, sono certamente una realtà consolidata, accudita da generazioni, ancora utile, cui il Comune potrebbe dare qualche forma di sostegno anche per stimolare i giovani a raccogliere un’eredità familiare che oggi appare senza futuro.