PD in mano ai ghostbusters, sconcerto e tensione dopo il soccorso rosso

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Accorrere in soccorso del vincitore è una vecchia abitudine di un certo modo italiano di praticare la  politica. Non meraviglia perciò che, a fronte dei prevedibili malumori di una parte della maggioranza, sei deputati dell’opposizione abbiano immesso nell’urna la scheda con il nome di Gianfranco Micciché; abbiamo visto simili comportamenti altre volte e continueremo probabilmente a vederli. Ciò che scandalizza, invece, è l’incapacità di far fronte alla condizione di prostrazione politica del PD siciliano che è apparsa in tutta evidenza anche in occasione della seduta di sabato a palazzo dei Normanni.

Si è cercato di nascondere sotto il tappeto il disastro elettorale del 5 novembre in nome di un precario armistizio concluso in occasione della visita siciliana del segretario Matteo Renzi, ma come era naturale attendersi le braci hanno continuato ad ardere sotto traccia e sono ridiventate fiamme alte alla prima occasione.  PD in mano ai ghostbuster?

Era chiaro che salvare il “soldato Rayan” non sarebbe stata la soluzione dei mali di un partito che appare ormai destrutturato e in preda a violenti scontri interni e che ha sostanzialmente rinunciato al rapporto con la propria base di militanti. E’ un vuoto politico quello che si è creato nel centrosinistra siciliano; ma in politica il vuoto è una contraddizione in termini e sarà in ogni caso riempito da qualcun altro. Non a caso il presidente Musumeci, nel corso del congresso che trasforma “Diventerà bellissima”in un nuovo partito politico, ha sottolineato che la sua proposta ha convinto anche elettori del centrosinistra.

Certamente, il neo eletto governatore gode della luna di miele che rende facile  la strada dei vincitori, ma  cento giorni fanno presto a passare e le prime prove di questa maggioranza non brillano per compattezza e qualità della proposta.  Il presidente dell’ARS Gianfranco Micciché ha dovuto chiamare in campo addirittura la crisi del marxismo per fare l’occhiolino agli alti burocrati di palazzo dei Normanni preoccupati per le loro retribuzioni ed ha  proposto di trasformare la Commissione Antimafia in “Anticorruzione”, con una differenza  non semantica ma sostanziale, che rappresenta un preoccupante passo indietro. Nel frattempo, i primi passi del neo assessore al Bilancio prof. Gaetano  Armao fanno  intravedere un tentativo di enfatizzare la presunta crisi finanziaria per prendere tempo ed aspettare tempi migliori nel rapporto con Roma, per esempio dopo le prossime elezioni nazionali.

Se questo è il quadro, ci sarebbe bisogno di un’opposizione forte e determinata che metta in luce le contraddizioni della maggioranza e mobiliti energie ed intelligenze in  tutto il territorio.  Una qualità dell’azione di contrasto alle scelte del centrodestra che non può essere garantita dall’autoreferenzialità dei grillini. E invece  i democratici sono avviati nella loro crisi interna ed appaiono sostanzialmente incapaci, anche per il rifiuto di attivare una seria riflessione critica ed autocritica sull’esperienza del governo Crocetta e sugli errori della campagna elettorale, di rappresentare qualsiasi istanza di cambiamento della società siciliana. Istanze che rischiano di essere debolmente rappresentate solo dalla volonterosa ma solitaria presenza di Claudio Fava.

Detto con franchezza, non si capisce cosa sia diventato il partito democratico in Sicilia: diverse volte, dopo il 5 novembre, abbiamo sentito dire che la presenza della sinistra tradizionalmente intesa è divenuta rara avis in quest’Assemblea. E’ certamente un problema, ma non il principale. Il nodo gordiano è che una parte significativa del personale politico democratico che si è affermato nella recente competizione elettorale non ha alle spalle alcuna esperienza né cultura di opposizione. E’ arrivato, provenendo da tutt’altri luoghi, in un partito che si trovava sulla cresta dell’onda del successo e si ritrova in una compagine politica destinata ad una lunga marcia nel deserto.

Ancora non si capisce cosa questa condizione determinerà, ma le prime avvisaglie sono del tutto negative. Il secondo tempo dell’avvio della XVII legislatura dell’ARS con l’elezione del Consiglio di presidenza è un’altra prova per un gruppo dirigente che sembra sempre più confuso ed indeciso sulla propria collocazione e sulla direzione della propria azione politica in un momento cruciale della vicenda politica siciliana.

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