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A pochi giorni dall’avvio della dodicesima edizione di Manifesta, ospite di Palermo, cominciano a identificarsi i temi cardine della rassegna: multidisciplinarietà, partecipazione e coesistenza.
L’aspetto principe di questa edizione di Manifesta è la natura interdisciplinare del team che l’ha organizzata e curata, aspetto che si riflette nella selezione dei partecipanti, i quali si muovono e operano all’interno di discipline differenti. Per esplorare la “coesistenza”, in un senso più ampio, nell’epoca dei flussi planetari, usando la lente di Palermo, sono stati coinvolto scrittori, botanici, attivisti, giornalisti, geografi, antropologi, registi, architetti, artisti ecc. Manifesta 12 mette in campo un dialogo multidimensionale tra voci di diversa natura, dove le pratiche artistiche sono l’intersezione di discipline e modi di agire molteplici. Giorgio Vasta, per esempio ‒ scrittore e sceneggiatore palermitano ‒ è stato invitato a sviluppare una nuova produzione narrativa su Palermo: una serie di cinque storie immaginarie legate a frammenti sconosciuti della città, ideate da Vasta stesso e da altri autori quali Emma Dante e Fulvio Abbate. Le storie saranno narrate e riunite in una app.
Questo progetto è inteso come un omaggio alla lunga tradizione di storytelling che caratterizza Palermo. Più in generale, i partecipanti italiani sono stati selezionati in base alla loro capacità di innescare processi di attiva collaborazione con i cittadini locali, le associazioni, le istituzioni ‒ tra gli altri Unipa e il Centro Sperimentale di Cinematografia.
Questa edizione di Manifesta cerca di “abitare” la città e di fondersi con essa. Bregtie van der Haak ha poi precisato, nell’intervista concessa ad Artribune, che la volontà comune è stata quella di connettersi alle dinamiche esistenti, “evitando di comportarci come un circo in movimento che tocca la città per qualche mese e poi sparisce senza lasciare traccia”. Manifesta 12 collabora con istituzioni quali il meraviglioso Orto Botanico, il Centro Sperimentale di Cinematografia, scuola leader nel campo della filmografia documentaria, e con l’eccellente Festival delle Letterature Migranti, ma anche con dozzine, forse centinaia, di scrittori, fotografi, insegnanti, studenti, ricercatori, designer, storyteller.
“Non credo molto all’idea che l’arte possa magicamente unire in qualche modo le persone e smorzare le tensioni. Alcune opere potrebbero farlo, ma altre faranno l’opposto. Gli artisti svelano anche i conflitti, mostrano le tensioni e portano lo sguardo su realtà difficili”; sottolinea Haak: “La città di Palermo è già ricca di favolosi interventi di Street Art che mettono in luce la sua complessa realtà” (…) “Spero anche che alcuni dei meravigliosi spazi messi a nostra disposizione e restaurati proprio per Manifesta rimangano aperti e attivi sul piano culturale a lungo, anche dopo la fine di Manifesta. Non solo il Teatro Garibaldi, ma anche il cinema all’aperto La Sirenetta, a Mondello, ad esempio. E’ il più emozionante cinema all’aperto che abbia visto in vita mia”.
Altro tema su cui Manifesta ruota attorno è la “coesistenza“, legata al concetto di “giardino planetario” proposto da Gilles Clèment: Manifesta è un progetto, una piattaforma che articola pratiche di coesione e coesistenza, che genera esperienze multidisciplinari, avvicinando attori locali, forme di coinvolgimento e modi di fare. Il nostro futuro come cittadini palermitani, del resto, dipende dalla nostra capacità di dare vita a comunità dove s’incontrano soggetti radicalmente diversi fra loro, e questa è già l’apprezzabile politica e la speciale lungimiranza del nostro sindaco, Leoluca Orlando: gli stili di vita, le migrazioni, l’instabilità politica, il flusso globale dei capitali richiedono nuove politiche capaci di creare possibili forme di benessere condiviso. Lo stesso Clément sta lavorando con il collettivo Coloco e svariate altre associazioni del quartiere ZEN (un quartiere realizzato secondo i dettami dell’architettura cosiddetta “brutalista“, che in passato ha pesantemente subito la violenza della mafia) alla creazione di un giardino come mezzo per ristabilire il legame fra il quartiere e la città.
La coesistenza, al contrario dell’integrazione, offre la possibilità di negoziare i termini di rapporti sereni e duraturi, basati sulla salvaguardia delle differenze.
La nostra città di Palermo è uno snodo cardine per i flussi culturali e per i movimenti umani, cosa che la rende affascinante agli occhi di artisti provenienti da qualsiasi ambito: anche vero che continua a essere una città-contesto piuttosto difficile in cui lavorare, per via dell’assenza di un sistema di supporto agli artisti e per via delle risorse economiche molto limitate. In ogni caso, una delle peculiarità di Manifesta 12 è la decisione di invitare partecipanti da qualsiasi paese e da qualsiasi ambito, contrariamente al fatto che di solito le biennali sono concentrate soltanto sulle arti visive: questa volta e con questa manifestazione si vuole rappresentare la complessità e la ricchezza di Palermo a 360 gradi.
La metafora del giardino come un modello per la coesistenza, e come un luogo dove la vita è generata dall’incontro e dalla “impollinazione incrociata”, coincide con la metodologia scelta: molti dei progetti inclusi in Manifesta riflettono questo approccio, come ad esempio i progetti di Gilles Clément nel quartiere ZEN o quelli di Rotor a Pizzo Sella.
Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la partecipazione di individui afferenti a diverse discipline e con svariati background, come botanici, landscape designer, antropologi, ingegneri, assistenti sociali e molti altri.
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