“Tempo” in Sicilia diventa “Ozio”, concetto indagato da una mostra e da performances al Teatro Ditirammu

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Il Teatro Ditirammu venne inaugurato a Palermo nello storico quartiere della Kalsa nel già lontano maggio del 1998. Con i suoi 52 posti a sedere, è uno tra i più piccoli in Italia e certamente l’unico del genere in Sicilia. Le origini della Compagnia di Canto Popolare Ditirammu, da cui il nome del teatro (proveniente a sua volta dal termine Ditirambo: antichissima tecnica recitativa di origine greca che inneggia al dio Bacco e al vino), risalgono all’antica formazione di canto folklorico costituitasi negli anni ’30 grazie alla Direzione Artistica di Carmelo Gioacchino e alle ricerche musicali di Giovanni Varvaro (chitarra, friscaletto e marranzano), fondatore con Rizzo e Corona del movimento futurista del primo novecento siciliano.

Gioacchino e Varvaro continuarono un lavoro di ricerca e di recupero del folklore degli ambienti popolari, iniziato alcuni decenni prima da ricercatori memorabili come Giuseppe Pitré, che lo stesso Varvaro ebbe modo di frequentare nella Libreria Internazionale Reber al Cassaro, di proprietà dello zio Luigi Pedone Lauriel e ritrovo di tanti artisti, letterati e uomini di cultura di quel tempo a Palermo, e il musicista Alberto Favara.

Presso il Piccolo teatro Ditirammu, in occasione di Manifesta si inaugura oggi, 11 giugno, una mostra singolare intitolata “Ozio“, un’esposizione che attraverso video, installazioni e performances, indaga le sfumature del concetto di ozio, intercalato nella storia e nella cultura della terra siciliana, una riflessione intorno ai suoi multipli significati.

“Ozio” è quindi il titolo dell’esposizione curata da Adina Drinceanu che, attraverso gli interventi degli artisti Anca Benera, Arnold Estefan, Ishion Hutchinson, Concetta Modica e con un contributo di Sanford Biggers, indagherà le contraddizioni insite nella parola “ozio”, spesso associata alla pigrizia, al piacere, all’indolenza, alla contemplazione, all’inattività, all’inerzia e alla stanchezza. Storicamente l’ozio è un concetto bipolare che, insieme ai suoi derivati, riflettono una lunga tradizione di impegno filosofico, religioso e letterario, dove l’ozio viene usato in maniera ambivalente e connotato in maniera positiva come negativa, e può essere scatenato sia dalla natura che dal desiderio, o qualche volta, dal senso di costrizione.

“L’idea della mostra trae ispirazione dalla mia personale esperienza di Palermo, città che ho percepito come un ecosistema temporale multi-stratificato”, spiega Adina Drinceanu ad Artribune: “Mi ha colpito la facilità con cui l’ozio può essere raggiunto attraverso il sovraccarico sensoriale generato dallo spettacolo visivo contraddittorio di questa città, dove lo spazio è intrinseco di ricordi sublimi di dominazioni passate e di segni urbani di abbandono, guerra, mafia ed utopie mescolate alla speculazione. Sicuramente ha contribuito il mio incontro con i rituali dei palermitani e con le loro storie personali sulle quali il senso del tempo si avverte in maniera quasi fisica”.

Il poeta jamaicano-americano Ishion Hutchinson presenterà un ambiente sonoro e una performance che si avvarrà del contributo dell’artista newyorkese Sanford Biggers. La mostra ospiterà inoltre la performance teatrale OzioLapa scritta e diretta da Elisa Parrinello e prodotta dal Teatro Ditirammu. “La collaborazione con il Teatro Ditirammu nasce in modo spontaneo, attraverso una ricerca sulla memoria orale locale”, continua Drinceanu. “Desideravo creare un legame più profondo tra la mostra e il carattere più intimo della città, seguendo il filo azzurro dell’ozio, che si svolge dall’arte alla poesia e alla musica. Questo teatro è custode dei canti, dei cunti, delle poesie orali e dei proverbi popolari che tutti insieme riflettono la complessa storia dei palermitani. Grazie a questa collaborazione”, conclude la curatrice, “è nata la performance OzioLapa, interpretata dai Picciotti della Lapa, scritta e diretta da Elisa Parrinello insieme a Daniele Billitteri”.

Con la sua piece “Going Back”, l’ozio diviene una “estensione temporale scatenata dalla noia e dalla ripetizione“; la sua opera si salda con l’apparato delle imprese epiche di Orlando, l’eroico paladino della tradizione teatrale dei pupi di Palermo.

Benera e Estefan pensano piuttosto all’ozio come ad un ecosistema multistrato e temporale nel quale incuria, decadenza, rovine e abbandono sono percepite come qualcosa di normale, uno stato mentale. Nel loro progetto “Citrus Tristeza” indagano la congiuntura tra storia naturale e sociale nella presente debris(f)era, un termine coniato dagli artisti per designare uno strato senza nome della crosta terrestre. Si tratta di un super-strato della Litosfera. “Debrisphere” offre l’opportunità per indagare il paesaggio globale costruito dagli uomini: montagne di macerie, deserti in boccio, barriere coralline, militari e altre costruzioni simili sparse per il mondo, che derivano dalla guerra o che sono al servizio di essa. Il titolo, Citrus Tristeza, è riferito al virus della tristezza, un malessere che affligge gli alberi di agrumi in Sicilia, che si sviluppa in condizioni dispari di crescita. In pratica, quando nella pianta si sviluppa eccessivamente solo una parte, l’albero muore. Attraverso performance, film e installazioni, le opere di Benera e Estefan “denunciano” la frammentarietà della filiera nel commercio degli agrumi, fatta di numerosi steps e raramente trasparente, con il conseguente sfruttamento dei lavoratori, spesso provenienti dal Nord Africa o dall’Europa dell’Est, e con la distribuzione su larga scala e la criminalità organizzata spesso conniventi.

Per Ishion Hutchinson l’ozio è invece propriamente il senso del tempo nell’Isola, modellato dal sole e dalla terra, rallentato dalla vastità del mare, fino a quando non diventa quasi immobile, abbracciando simultaneamente storie e tempo presente. Per il poeta Sicilia e Jamaica, a prescindere dalle loro differenti origini, presentano delle similitudini, tra un passato coloniale e un presente neoliberista. In occasione della mostra Hutchinson presenta Abeng, un’opera in tre atti che ha come traccia conduttrice il suono. Il titolo è tratto da uno dei poemi della raccolta Far Districted, pubblicata nel 2010, che racconta il suono prodotto da un abeng, un corno di mucca usato dai Cimarroni, gli indigeni Tainos e gli schiavi Africani deportati in Jamaica dagli spagnoli. Grazie a questo strumento comunicavano in codice durante la guerra di indipendenza dei Cimarroni. Nel suo lavoro Hutchinson interpreta l’ozio come forma di protesta contro il potere e il tempo regolato dai padroni, quell’ozio che risuona nelle opere scritte da Federico de Roberto, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Vitaliano Brancati e Leonardo Sciascia. Il primo atto consiste in un ambiente sonoro, con lo stesso titolo, installato nel museo del teatro. Il secondo atto invece è una performance poetica intitolata Mariner’s Progress. L’atto finale è The Singing-Court of Dread, una performance sonora e musicale interattiva che coinvolgerà il pubblico. Questo atto mescola i ritmi della poesia con quelli Dub e sarà realizzato in collaborazione con l’artista Sanford Bigger. La performance utilizzerà una installazione dell’artista americano, realizzata con coperte patchwork americane d’epoca create originariamente dagli schiavi, remixate, “in tessuto campionato, tritato, avvitato e Dubbed”. Qui Hutchinson intende mescolare i ritmi della poesia, quelli Dub e i suoni del mare, rimuovendo universalmente le storie di colonizzazione.

Per l’artista siciliana Concetta Modica, l’ozio non può essere altro che una estensione temporale scatenata dalla noia e dalla ripetizione. L’artista analizza concetti come l’amore, il conflitto, l’eroismo militare. Usando nella sua piece Going Back la pratica teatrale, oggetti di scena e la composizione musicale, si appropria e smantella l’apparato delle imprese epiche di Orlando, l’eroico paladino della tradizione teatrale dei pupi di Palermo, con esiti imprevedibili.

Spray paint, interior paint, treated acrylic paint, assorted textiles, on antique quilt.

Il programma di performances:

Mercoledì 13 giugno 2018: OzioLapa by Picciotti della Lapa, h. 22.30

Giovedì, 14 giugno 2018: Concetta Modica Going Back 19.30 (itinerante; punto di ritrovo in Piazza Magione)

Venerdì 15 giugno 2018: Ishion Hutchinson & Sanford Biggers The Singing-Court of Dread, h. 20.30 – 23.30

Sabato 16 giugno 2018: Concetta Modica, Going Back alle h.19:00 (itinerante; punto di ritrovo in Piazza Magione)

Domenica 17 giugno 2018: Ishion Hutchinson Mariner’s Progress, h. 20:00

 

La mostra: (Ingresso gratuito)

Orari d’apertura: dall’11 al 17 giugno: dal lunedì al sabato dalle 10 alle 22

Dal 18 giugno all’11 luglio: dal lunedì al sabato dalle h. 10,00 alle 18,00.

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