“L’Unica”: Franca Florio nel ritratto di Giovanni Boldini, rimane a Palermo

0
26
Condividi su Facebook
Tweet su Twitter


Want create site? Find Free WordPress Themes and plugins.

Colti, eleganti, curiosi e dotati di grande umorismo inglese, i Marchesi Berlingieri da tempo si occupano di avanguardia artistica dopo essersi circondati da sempre di capolavori del passato, tra cui le sculture di Canova a Palazzo Treves, a Venezia, della madre di Annibale. Poi ereditano il castello avito a San Basilio, in Basilicata, appartenuto a Emma (sorella dell’Imperatore Federico II di Svevia, poi divenuto monastero benedettino) e, in anni più recenti, Palazzo Mazzarino a Palermo. A questa coppia unitissima di straordinari mecenati va il merito di averli restaurati e fatti diventare tutti gioielli dell’Italia del Sud. Dopo i lavori di restauro di Palazzo Mazzarino, l’acquisto recentissimo del superbo ritratto di donna Franca Florio, dipinto da Giovanni Boldini, rassicura sia il sindaco Orlando che si era battuto affinché il dipinto rimanesse in città che tutti gli estimatori d’arte e di storia siciliana. Nessun museo era sceso in campo per l’acquisto, neanche lo Stato aveva esercitato alcun potere di prelazione sull’opera, era fallita persino la raccolta popolare, con il rischio dunque che “Donna Florio” potesse davvero “migrare” lontano dalla Sicilia. Il dipinto e’ stato battuto all’asta e acquistato alla cifra record di 1.133.029 euro.

Il ritratto a figura intera di Donna Franca Florio, commissionato all’artista nel 1901 dal potente imprenditore palermitano e marito Ignazio Florio, è considerato uno dei capolavori boldiniani più costosi (e ammirati) di sempre. Vissuto dai cittadini come un tesoro di famiglia, è stato esposto per anni in una sala del Grand Hotel Villa Igea – antica dimora dei Florio – gestito dalla Società Acqua Marcia, società poi fallita, con i beni dei suoi vari alberghi andati in liquidazione: mobili, suppellettili, dipinti di valore. Per quasi un secolo si era creduto nell’esistenza di almeno due versioni del dipinto senza che ciò fosse suffragato da alcuna prova certa: la verità arriva grazie agli esperti di Bonino, che hanno avuto modo di studiare da vicino la tela. L’originale del 1901 semplicemente non c’è più. Di conseguenza, la copia oggi esposta a Roma, datata 1924 e acquistata dal Barone Rotchild fra il 1927-28, è l’unica esistente. O meglio, ben tre versioni sono esistite, ma tutte sullo stesso supporto, semplicemente sovrapposte. È bastata un’analisi ai raggi X per accorgersi che sotto la figura slanciata di Franca Florio si celava un’altra silhouette con dettagli differenti: “Per esempio, osservando il braccio sollevato, è facile riconoscere i segni di una manica nera che l’incarnato copre”, ha spiegato il Direttore del Dipartimento Dipinti e Disegni di Bonino, Matteo Smolizza. “Il dipinto sottostante era la tela da Boldini realizzata nel 1901 e presentata alla Biennale di Venezia nel 1903, in cui Donna Franca indossa un vestito nero con una ricca gonna”. La sigla d’inventario incisa sul retro del telaio è la prova del passaggio in Biennale. L’abito, in principio, aveva dunque maniche lunghe con intarsi sui polsi, una gonna sontuosamente decorata e un décolleté anch’esso impreziosito da ricami. Il tutto venne poi semplificato, lasciando braccia e caviglie scoperte, ed eliminando decorazioni e strascico. Ma c’è ancora una fase intermedia, emersa dalle analisi, ne dà testimonianza una fotografia scattata nello studio del pittore tra il 1908 ed il 1912: Boldini è in posa dinanzi alla tela, che ha già subito le varie modifiche, ma in cui non è ancora stata inserita la seggiola visibile oggi a destra della donna, che si scorge proprio in un angolo dello studio. La spallina audacemente scivolata, inoltre, sarebbe stata poi sistemata con una pennellata nera.

È così che viene corretta la bibliografia tradizionale, che aveva travisato le fasi della storia. Si narrava infatti che la tela attuale – considerata erroneamente la prima versione – non fosse piaciuta a Ignazio Florio perché troppo discinta. L’artista ne avrebbe dunque realizzata una seconda più adeguata, con maniche lunghe e gonna sfarzosa fino a piedi. Questa variante, esposta e Venezia e documentata da un’unica foto superstite, secondo la leggenda, sarebbe poi andata dispersa. Oggi la verità smentisce e ne inverte l’ordne temporale.

Lo splendido abito nero in velluto indossato da Donna Florio nel ritratto è conservato oggi alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti, a Firenze. Gli intagli su gonna e maniche sono gli stessi del ritratto poi cancellato, ma il modello è a collo alto, castigatissimo: è all’immaginazione del pittore, frequentatore dei salotti parigini più alla moda, che si deve quella reinterpretazione audace, quasi a dare consistenza alle parole ispirate di D’Annunzio, rivolte a donna Franca: “L’unica. Una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino”.

Una donna che ha fatto la storia di Palermo, amata e stimata da tutti. Bella, saggia, intelligente, che mai passò inosservata, attrazione di tutti i salotti palermitani, attirava a sé tutti gli sguardi degli uomini, “donna bellissima e moglie fedele” che il Kaiser Guglielmo II chiamò “La stella d’Italia”.

Alta circa 1,73, occhi verdi, carnagione ambrata e un vitino da far girar la testa, donna Franca ricoprì un ruolo fondamentale anche nella gestione dell’economia della famiglia che contava banche, industrie, cantieri navali, fonderie, tonnare, saline, cantine vinicole (il famoso Marsala) e, soprattutto, una delle più grandi flotte europee, la Società di Navigazione Italiana. Il sogno della famiglia Florio era quello di dare a Palermo e alla Sicilia un volto europeo, ed è per questo che i due coniugi strinsero amicizie e rapporti di una certa rilevanza in cui Franca giocò un ruolo importantissimo. Ma la storia ci racconta anche dei suoi gusti un po’ bizzarri tanto da tenere nella sua casa di Palermo, in totale libertà, due scimmiette, Fitty e Fufi, come tutte le scimmiette molto dispettose, che i camerieri in assenza della padrona legavano a una catenella. Le due diaboliche scimmiette un giorno provocarono un incendio in cui bruciò “la famosa e preziosissima tenda in pizzo e merletto del Cinquecento, vanto di casa Florio”. Le chiacchiere del tempo dicono che gli animali, “cercando d’imparare a fumare, come avevano visto fare”, cominciarono a sfregare i fiammiferi da cucina contro il muro fino ad accenderli.

Il mito di donna Franca ci dice inoltre che era capace di giocarsi a carte in una sola sera un patrimonio e di inquietare i sonni dei più raffinati spiriti artistici dell’epoca: Puccini, Leoncavallo, Caruso, Montesquieu, una schiera di illustri pittori, tra cui Boldini e Ettore De Maria Bergler, esponenti della più alta aristocrazia italiana come il duca Cesarini Sforza ed altri personaggi tra i più importanti del panorama internazionale: si narra anche che la sera del 19 maggio 1896, all’inaugurazione del Teatro Massimo, si rappresentava il “Falstaff” di Verdi, ma gli occhi di tutti erano attratti dalla sfolgorante bellezza di Franca. Il vero spettacolo quella sera fu lei, avvolta da una stola di zibellino a coprirle le ampie spalle che nude spiccavano dal favoloso vestito di seta chiara che amplificava i raggi di luce sfavillante emessi dai diamanti che adornavano la sua parure. I gioielli di Franca Florio, per inciso, nascevano solo per lei dai migliori orafi del mondo come Cartier a Lalique: un esempio per tutti la famosa “collana di perle della Florio”, un gioiello maestoso, lunghissimo, che contava trecentosessantacinque perle di invidiabile calibro tanto da mettere in imbarazzo la Regina d’Italia che possedeva una collana di perle, affatto paragonabile.

Ignazio Florio era gelosissimo di Franca, da buon purosangue siciliano e per le stesse qualità fu un marito traditore; ma ne la gelosia ne i tradimenti del marito, furono il vero cruccio di Franca quanto piuttosto altri dolori che le spezzarono il cuore e segnarono la sua vita: la morte dei suoi figli. La prima figlia dei coniugi Florio, Giovanna, a soli 9 anni morì di meningite. Ignazio, affettuosamente chiamato baby boy, l’unico erede maschio, morì l’anno dopo e Giacobbina, nata nove mesi dopo visse solo un’ora, un vero strazio. Uniche figlie rimaste furono Igea e Giulia che non erano considerate eredi di tutto rispetto in quanto femmine. Pare che queste vicissitudini abbiano influito non poco sul crollo economico che la famiglia visse tra la fine degli anni venti e la metà degli anni trenta, insieme allo sfrenato lusso e all’incapacità di rinnovare le strategie.

Le situazioni avverse ed il dolore avevano cambiato il volto della Bella Franca che nonostante tutto terminò con dignità la sua vita, fra stenti e dolori, nel 1950, a 77 anni, nella Villa Salviati della figlia Igea. Ma il mito della ‘Regina di Sicilia‘, discendente da una delle più nobili famiglie dell’aristocrazia siciliana, non morirà e la notizia del recuperato ritratto ad opera dei Marchesi Berlingieri ha reso più lieto il natale di tutti i palermitani.

ph. Boldini, Ritratto di Donna Franca Florio, art tribune

Did you find apk for android? You can find new Free Android Games and apps.


LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome:

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.