Mafia, “L’unico PAPA è lui, Sergio Damiani”. Storia di uno dei mandamenti più importanti di Cosa nostra

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ll mandamento mafioso di San Giuseppe Jato (che ricomprende i territori dei comuni di San Giuseppe Jato, San Cipirello, Monreale, Pioppo, Altofonte, Camporeale, Piana degli Albanesie Santa Cristina Gela ) ha subito diversi colpi da parte degli uomini dell’Arma dei carabinieri, ma nonostante ciò è sempre rinato e riuscito a risorgere dalle sue ceneri.

Non sono bastate le operazioni  “Grande Mandamento ” del marzo 2013 fino a quella chiamata “Nuovo Papa” che ha visto l’ennesima ordinanza di custodia carcerari all’indirizzo di Sergio Damiani cresciuto a pane e mafia, sotto il controllo del padre Salvatore e del nonno Settimo, a smantellare un sodalizio criminale che gode da sempre dell’ attenzione e della protezione delle famiglie palermitane.

Una capacità organizzativa del mandamento di  San Giuseppe Jato, davvero incredibile, data dagli interessi economici e dall’importanza geografica nell’assetto della Sicilia Occidentale.

Era il 2014 quando i carabinieri misero a segno l’operazione “Grande Mandamento” che colpì per numerosi episodi di estorsione aggravata dal metodo mafioso e per diversi reati molti esponenti apicali  in particolare: Gregorio Agrigento, quale capo- mandamento, Ignazio Bruno, Antonino Alamia,  Giuseppe D’Anna , Girolamo Spina. Nomi che tornano e ritornano anche dopo anni, anche al fianco dell’ascesa di Damiani.

All’epoca  le indagini dei carabinieri avevano  i consentito di accertare come nella zona di San Giuseppe Jato la fazione di  Gregorio Agrigento,  dopo un periodo di fibrillazione e contrapposizione fosse riuscita ad imporsi, anche con la forza, sul gruppo costituito da Giovanni Di Lorenzo ed altri affiliati. Un ulteriore fattore di destabilizzazione e riorganizzazione degli assetti associativi era rappresentato dalla violazione delle regole interne a Cosa nostra da parte di  Giovan Battista Ciulla, referente della famiglia mafiosa di Monreal. E per questo  in ragione di ciò il nuovo capo-mandamento Ignazio Bruno aveva deciso di sostituirlo. Ciulla allarmato da questa decisione si diede alla fuga a Udine.

L’uscita di scena di Ciulla aveva ancora una volta riaperta la lotta per la successione alla guida del mandamento. Dopo appena 10 giorno il “nuovo capo” Francesco Balsano venne arrestato in flagranza di reato, ma non per associazione mafiosa, bensì per  detenzione di armi comuni da sparo.

E nel marzo del 2015 che entra in scena Salvatore Lupo in un primo tempo legato al Ciulla da amicizia e successivamente aperto concorrente nella gestione degli affari. Gli stessi vertici del mandamento ritenevano che Lupo avrebbe dovuto mantenere la carica temporaneamente in attesa dell’arrivo del “Nuovo Papa” ovvero Sergio Damiani, di fatto avvenuta tra il mese di dicembre 2015 e gennaio del 2016.

Un legame e una stima quella di Lupo con Damiani emerso in diverse intercettazioni ambientali come hanno raccontato oggi il comandante del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Monreale e il comandante dei carabinieri di Monreale. Due e più incontri documentati, uno tra l’altro avvenuto in via Chinnici a Palermo era il giugno del 2016.

Rapporti di cui erano al corrente anche altri affiliato come Salvatore Lo Cicero. Lupo chiedeva a quest’ultimo di appuntarsi la data del prossimo incontro.

Insomma era Lupo che con insistenza perorava la causa di Damiani al ritorno al vertice del mandamento anche se questo, dopo l’uscita dal carcere aveva paventato la voglia di rimanere in disparte.

Un giorno sempre Lupo mentre discuteva con Alberto Bruscia proprio sul ruolo di reggente dice senza troppi giri di parole: “Non hanno nessuno, non hai forse capito. L’unico Papa che può essere con loro è Sergio!”

Ecco l’ascesa di un panettiere acclarato come boss, che non si è fermato nonostante il carcere (dove sta scontando una pena a 11 anni sempre per associazione mafiosa), alla guida di uno dei mandamenti più longevi e importanti dal punto di vista economico-criminale di Cosa nostra.

 

 

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