La Corte di Cassazione con l’ordinanza n.21296/2017 confermava l’addebito della separazione al marito i cui atti vessatori avevano costretto la moglie ad allontanarsi dalla casa coniugale. La vicenda riguarda il caso di due coniugi, genitori di due ragazze (una minorenne ed una maggiorenne), nei confronti dei quali era intervenuta separazione personale con addebito al marito. Il tribunale di Torino infatti, nel pronunciare la separazione personale aveva stabilito l’addebito al marito, assegnato l’abitazione della casa coniugale alla moglie e affidato la figlia minore ad entrambi i genitori con dimora abituale presso la madre.
La Corte di Appello di Torino respingeva l’appello proposto dal marito confermando la pronuncia di primo grado. In particolare sostenevano i giudici che i comportamenti costituenti atti persecutori posti in essere dal marito nei confronti della moglie risultavano sufficientemente provati mentre di contro non risultavano adeguatamente dimostrate condotte della moglie contrarie ai doveri nascenti dal matrimonio, avendo gli atti persecutori perduranti nel tempo reso intollerabile la convivenza. Conformemente quindi a quanto ritenuto dal Tribunale, i giudici di appello affermavano che nella fattispecie ci si trovava in presenza del cosiddetto mobbing familiare.
Avverso tale pronuncia il marito proponeva ricorso per Cassazione sostenendo che sia il Tribunale che la Corte di Appello avrebbero fondato l’addebito su fatti e circostanze successivi alla rottura del rapporto matrimoniale e che la moglie si era allontanata volontariamente dalla casa coniugale, circostanza questa che non era stata valutata neppure per graduare le responsabilità scaturenti dai rispettivi comportamenti dei coniugi.
I giudici della Suprema Corte osservavano che dalla sentenza della Corte di Appello emergeva chiaramente che l’allontanamento della moglie dalla casa coniugale era dovuto alla condotta colpevole del marito tale da determinare l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Correttamente quindi era stata pronunciata la separazione con addebito al marito dato che l’allontanamento non poteva essere contestato alla moglie come dovuto alla crisi coniugale, crisi che doveva già ritenersi in corso tanto da avere provocato una reazione (l’allontanamento) dovuto alla condotta colpevole del marito che aveva determinato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. La Corte quindi dichiarava inammissibile il ricorso condannando il ricorrente a rifondere alla moglie, che aveva proposto ricorso incidentale, le spese processuali.