72 anni, l’autonomia è vecchia e la sua storia misteriosa ed ignota

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I destini di milioni di esseri umani venivano decisi da tre o quattro uomini: nascevano e morivano nazioni, cancellavano o risuscitavano libertà. La guerra mondiale avrebbe dovuto essere seguita dalla pace globale. Teheran nel 1943, Mosca nel 1944, Yalta nel 1945 e, a guerra finita, Potsdam, servirono a creare le condizioni di un armistizio lungo e, per fortuna, formalmente rispettato. La nascita dello Stato d’Israele 70 anni fa, e l’autonomia speciale alla Sicilia 72 anni or sono, arrivano in questo clima “globale”, in cui ogni pedina della partita a scacchi fra i Grandi del mondo innesca il domino postbellico.

E’ difficile immaginarlo, ma sarebbe potuto accadere di tutto. Che la Val d’Aosta diventasse francese, Trieste e Venezia Giulia jugoslava, la Sicilia inglese o americana. Gli storici storcono il naso, forse a ben ragione in verità, ma la loro analisi è postuma, dispone di molti elementi che i protagonisti di quel tempo possedevano solo in parte.

A Teheran la trattativa ebbe due protagonisti, Roosvelt e Churchill, Stalin fu solo un comprimario; nell’incontro fra Churchill e Stalin a Mosca il premier inglese credette di potere trattare alla pari con Stalin, facendo a meno di Roosvelt; a Yalta Roosvelt e Stalin fecero a meno di Churchill. L’impero inglese non c’era più e Churchill non se n’era accorto, o fingeva di non accorgersene per restare a galla. A Teheran e Postdam Henry Truman, succeduto a Franklyn Delano Roosvelt, ed il signor Attlee, dopo Churchill, che aveva vinto la guerra e perso le elezioni, fecero un pezzo della storia siciliana.

La Carta atlantica del 1941 è il punto di partenza, inglesi ed americani la propongono a Stalin e Stalin aderisce, assumendo un impegno solenne: non ci saranno modifiche territoriali in alcuna parte del mondo in contrasto con gli interessi liberamente espressi dai popoli. Che significa? Niente, un’enunciazione di principio, che non sarebbe stata mai rispettata. Stalin, infatti, vuole legittimare le conquiste territoriali: Mosca annette tre stati baltici nella guerra contro la Finlandia, i territori polacchi dell’ovest e la Bessarabia romena guadagnati con il patto di non aggressione Stalin – Ribbentrop del ’38. Non si butta via niente, insomma.

Churchill a Mosca propose la spartizione dell’Europa, gli inglesi sono maestri nell’ingegneria territoriale. Grazie a loro ci sono ancora oggi popoli senza nazione – gli armeni, i curdi, i turcomanni – e nazioni senza popolo, come l’Iraq, l’Arabia Saudita, la Giordania, la Siria. E c’è Israele, nata da buone ragioni, sensi di colpa europei e ambiguità britanniche, ma non c’è ancora la Palestina.

Lo psicodramma siciliano fu rappresentato su un palcoscenico troppo ampio perché i siciliani potessero metterci il naso. Roosvelt diffidava sia dello sciovinismo francese che dell’imperialismo inglese. Gli serviva l’Italia unita, forte, sicura alleata dell’America. La Sicilia non doveva essere necessariamente americana, ma i siculi-americani sognavano ad occhi aperti. E chissà che non abbiano toccato con mano la possibilità di farne una specie di Tortuga del Mediterraneo.

L’armata rossa avanzava a spese dei tedeschi e degli alleati, l’URSS annesse la Polonia e la Cecoslovacchia e costruì l’impero. Il Presidente degli Stati Uniti dovette fronteggiare Stalin come alleato e potenziale nemico, fu costretto a equilibrismi che lo resero più debole, avvantaggiarono Stalin e, nel suo piccolo, la Sicilia autonomista, che nacque di fatto contemporaneamente allo Stato d’Israele.

A Yalta si ribadì solennemente il diritto dei popoli di scegliersi la forma di governo, rendendo possibile il pronunciamento degli indipendentisti siciliani a favore di una adesione agli Stati Uniti d’America. Stalin avrebbe potuto ingoiare il rospo, aveva guadagnato mezza Europa. Poteva contare sul potente Partito comunista in Italia. La diffidenza americana verso i francesi e gli inglesi pesò molto di più che l’abissale diversità fra Stati Uniti e URSS. Toccò a Truman metterci una pezza con il piano Marshall e la diga anticomunista. E allo stesso Truman dare il suo ok alla Sicilia autonomista.

Sino a che la Repubblica di Salò rimase in piedi, il separatismo siciliano fu valorizzato, enfatizzato, poi divenne tempest in a teapot. E’ quello che i siciliani si sono meritati, secondo gli analisti più severi. Non fecero la Resistenza, non si arruolarono nell’esercito di Badoglio, non combatterono i fascisti. Finsero di mobilitarsi contro i poveracci dell’esercito indipendentista. Ma imbracciarono il fucile solo i banditi e i caporioni della mafia. Fu così che i siciliani sparirono, erano nati sull’argilla, grazie a pochi personaggi illuminati, cui gli States dovevano riconoscenza.

 C’è oggi chi nega l’esistenza degli indipendentisti, degli autonomisti, degli italiani di Sicilia. E dei democratici, dei socialisti e comunisti, del popolo di morti di fame che nelle campagne si ribellarono contro i prepotenti, i baroni e i mafiosi. E c’è qualche ragione.

Quando si accenna alla Sicilia americana, sono in tanti a sorriderne, a farne una leggenda metropolitana e a derubricarla perciò come un romanzo che nessuno ha mai scritto.

Il mondo era spaccato a metà come una mela, e i siciliani abitavano sul seme, quella piccola parte che qualcuno sputa e qualche altro mangia. Ma è qui che la mela nasce, è qui che comincia a marcire.

Nel ‘47 l’America viveva l’incubo dell’invasione comunista dell’Italia. Il National Security Council pianificò l’azione militare nel caso che il Blocco del Popolo, comunisti e socialisti, avessero vinto le elezioni a Roma. I siciliani commisero uno sbaglio: con il loro voto consegnarono la maggioranza ai socialcomunisti in Parlamento regionale. La Sicilia, adagiata sul 38esimo parallelo (lo stesso che segna il confine fra le due Coree), avrebbe potuto contagiare l’Italia e poi l’Europa, pensarono quei soloni di Washington. Non era più il luogo della storica contesa colonialistica britannica, dall’Isola si potevano controllare i Balcani, il Mediterraneo, il Medio Oriente.

L’azione militare del National Security Council nella Corea mediterranea, fu preceduta da tragiche operazioni terroristiche con l’obiettivo di scoraggiare la resistenza dei rossi. Affidarono a Cosa nostra italo americana l’Operazione Underworld. Il resto lo fece Roma, offrendo agli States lo Statuto speciale siciliano che appena approvato divenne carta straccia, rinfocolando il vecchio dissenso siciliano verso l’Italia. Ė qui che comincia la storia inventata, la Sicilia americana con il referendum e il patto di adesione alla Federazione.

Roma ottiene cospicue risorse dal Piano Marshall, l’integrità territoriale, il ritorno di Trieste all’Italia. E Stalin tace: le elezioni pilotate in Polonia e il golpe cecoslovacco gli impediscono di interferire. Ha troppo da farsi rimproverare.

Per qualche giorno la storia regalò il sogno americano ad una folla anonima di immigrati negli States ed a pochi siciliani di forte ingegno e bene armati che avevano tante cose da farsi perdonare.

Il sogno sarebbe svanito presto. Al suo posto la Sicilia, con la sua aura di specialità. Merce avariata fin dal primo giorno. Forse.

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