Corruzione, costa 170 euro pro capite e alza del 20 per cento appalti

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Il fenomeno della corruzione in Italia fa  diminuire gli investimenti esteri del 16% e fa aumentare del 20% il  costo complessivo degli appalti. Secondo lo studio di Unimpresa sui  costi dell’illegalità, pubblicato oggi mentre è in corso l’inchiesta  della Procura della Repubblica di Roma sul nuovo Stadio del calcio,  negli ultimi 10 anni, la corruzione ha “mangiato” 10 miliardi di euro  l’anno di prodotto interno lordo per complessivi 100 miliardi in un  decennio.

Ma non solo. Le aziende che operano in un contesto corrotto crescono  in media del 25% in meno rispetto alle concorrenti che operano in  un’area di legalità. E, in particolare, per le piccole e medie imprese hanno un tasso di crescita delle vendite di oltre il 40% inferiore  rispetto a quelle grandi.

Per il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, “le  indagini di questi giorni sulla città di Roma rendono urgente un  intervento serio da parte del governo e del Parlamento per ridurre i  costi dell’illegalità che gravano sulle imprese italiane”.

Lo studio di Unimpresa parte dal presupposto che il costo della  corruzione nell’Ue raggiunge i 120 miliardi di euro l’anno, pari  all’1% del Pil dell’Unione europea. La corruzione può far aumentare  del 20% i costi complessivi dei contratti di appalti pubblici. Non è  facile calcolare i costi economici complessivi del fenomeno che può  essere calcolata, facendo una sintesi tra diverse fonti  internazionali, come il 5% del Pil a livello mondiale.

Nel mondo ogni anno si pagano più di 1.000 miliardi di dollari di  tangenti e va sprecato, a causa della corruzione, circa il 3% del pil  mondiale: a questi danni economici vanno aggiunti quelli altrettanto  gravi del degrado etico e sociale. Unimpresa rileva che secondo una  recente analisi internazionale, il peggioramento di un punto  dell’Indice di percezione della corruzione in un campione di paesi  determina una riduzione annua del prodotto interno lordo pari allo  0,39% e del reddito pro capite pari allo 0,41% e riduce la  produttività del 4% rispetto al prodotto interno lordo.

– Unimpresa segnala che “visto che l’Italia nell’ultimo  decennio ha visto un crollo del proprio punteggio nel Cpi (indice di  percezione della corruzione) da 5,5 a 3,9, si può stimare una perdita  di ricchezza causata dalla corruzione pari a circa 10 miliardi di euro annui in termini di prodotto interno lordo, circa 170 euro annui di  reddito pro capite e oltre il 6% in termini di produttività”.

Particolarmente pesante secondo l’associazione, poi, è “l’impatto di  questi costi sulla crescita del Paese, perché la corruzione diffusa  altera, innanzi tutto, la libera concorrenza e favorisce la  concentrazione della ricchezza in capo a coloro che accettano e  beneficiano del mercato della tangente a scapito di coloro che invece  si rifiutano di accettarne le condizioni”.

“La sola discesa nella classifica di percezione della  corruzione -indica ancora lo studio di Unimpresa- provoca la perdita  del 16% degli investimenti dall’estero; le imprese che operano in un  contesto corrotto e che devono pagare tangenti crescono in media quasi del 25% in meno di quelle che non devono affrontare tale problema;  mentre le piccole imprese hanno un tasso di crescita delle vendite di  oltre il 40% inferiore rispetto a quelle grandi”. Secondo gli analisti dell’associazione, quando la corruzione “assume carattere endemico e  pervasivo, essa diviene sistema, in grado addirittura di falsare la  rappresentanza democratica e compromettere la stabilità governativa di un paese”.

Recenti avvenimenti, indica ancora la ricerca, “testimoniano che  talvolta le stesse leggi, omettendo di prevedere precisi vincoli di  destinazione e rigorosi obblighi di rendiconto all’attività di spesa,  crea i presupposti per favorire l’illecita dissipazione del pubblico  denaro. Inefficaci risultano anche i sistemi di controllo sociale”.

“Nella finalizzazione dei suoi programmi delittuosi ed economici, la  criminalità organizzata pone sempre più cura alle forme di  condizionamento dei rami dell’apparato pubblico, alle intromissioni  negli stessi circuiti finanziari, ritagliandosi, in tal modo, spazi di potere in ambito economico e nella società civile” avvertono infine  gli analisti di Unimpresa.        (Ada/AdnKronos)

 

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