“A due anni dal vile attentato che ha colpito me e la mia scorta oggi è tutto più chiaro. Da anni tutti i capi mafia siciliani e non solo incassavano milioni di euro di fondi europei per l’agricoltura senza colpo ferire e, mentre gli agricoltori venivano intimiditi affinché non partecipassero ai bandi pubblici per l’affitto dei terreni, mentre magistrati e uomini dello Stato cadevano sotto i colpi di Cosa nostra, loro incassavano fondi pubblici con rendimenti che superavano anche il 2000 per cento, neanche il mercato delle droga”. A dirlo è Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi e responsabile nazionale Legalità del Partito democratico nel giorno del secondo anniversario dell’attentato mafioso subìto.
“Tra i vari percettori di fondi europei – prosegue – c’era, per esempio, un agricoltore particolare: Gaetano Riina, il fratello del capo di Cosa nostra Totò Riina. A Belmonte Mezzagno in provincia di Palermo si era riusciti addirittura a ottenere fondi comunitari su tre terreni che erano stati confiscati per mafia alla famiglia Spera, e questo tra il 2004 e il 2009, nonostante i terreni a Spera fossero stati già confiscati nel 1997 e, dunque, non avrebbero potuto certamente ricevere fondi pubblici. Sono tante – prosegue Antoci – le famiglie mafiose che hanno ottenuto in questi anni contributi europei nonostante molti dei loro esponenti si trovassero in carcere o fossero già condannati. Questo perché fino al nostro impegno e alla creazione del protocollo di legalità, oggi legge dello Stato, non esisteva alcun controllo sia nell’assegnazione che nell’erogazione di questi fondi: era un business rapido e senza rischi. Se in questi due anni una cosa è certamente accaduta – conclude – è che lo Stato, attraverso il recepimento del protocollo di legalità nel nuovo codice Antimafia ha vinto questa partita contro la mafia e nessun mafioso potrà più autocertificare il falso. Lo Stato questa volta ha vinto”. (Loc/AdnKronos)