Sono tutte nel meridione le regioni che occupano i primi cinque posti della triste classifica sulla poverta’ educativa in Italia, secondo il nuovo indice di poverta’ educativa (IPE) elaborato dall’Organizzazione: Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Molise. Regioni in cui bambini e i ragazzi sono maggiormente privati delle opportunita’ necessarie per apprendere, sperimentare e coltivare le proprie capacita’, nonche’ della possibilita’ di sviluppare percorsi di resilienza necessari per superare ostacoli e condizioni di svantaggio iniziali. A fare da contraltare, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Emilia-Romagna che si segnalano invece come le aree che offrono maggiori opportunita’ educative per i minori.
Nel nostro Paese – secondo il rapporto di Save the Children – 1 minore di 15 anni su 5 non raggiunge le competenze minime in lettura e in matematica; quasi il 14% dei ragazzi abbandona gli studi prima del tempo (il 23,5% in Sicilia, percentuale piu’ alta in Italia); appena 1 bambino su 10 frequenta l’asilo nido o un servizio per la prima infanzia (l’87% a livello nazionale non va al nido, in Sicilia ancora meno, l’Isola infatti occupa il terzo posto nella classifica sulla mancata copertura dei nidi con il 95%, dopo Calabria e Campania). Circa la meta’ degli alunni non usufruisce della mensa a scuola (percentuale che raggiunge il valore piu’ alto in Sicilia, 81%), il tempo pieno e’ assente da quasi 7 classi su 10 delle scuole primarie (66% a livello nazionale, in Sicilia sale quasi al 92%, seconda percentuale piu’ alta in Italia dopo il Molise) e da quasi 9 classi su 10 delle scuole secondarie (85,7% in Italia, in Sicilia la percentuale e’ poco piu’ bassa della media nazionale con l’85,3%).
Per quanto riguarda la partecipazione dei minori alle attivita’ culturali e ricreative, l’IPE ci dice che piu’ della meta’ dei ragazzi in Italia (52,8%) non legge libri (anche in questo caso la Sicilia svetta con il 72%); quasi il 43% non fa sport (la Sicilia si distingue con il suo quasi 64%, seconda dopo la Campania) e quasi 1 su 3, 29%, non naviga su internet (la Sicilia raggiunge il poco invidiabile primato del 40,7%). E, ancora, quasi 7 su 10 non vanno a teatro (69% a livello nazionale, in Sicilia il 73%) o non visitano siti archeologici (69% in Italia, l’80% nell’Isola, seconda dopo la Calabria); quasi 8 su 10 (77%) non vanno a concerti (82% in Sicilia e in Valle d’Aosta, che seguono la Campania con l’84,5%) e piu’ della meta’ (55%) non visitano mostre o musei (71% nell’Isola, che segue la Calabria con il 78%). Dati che, a livello regionale, confermano come le regioni in cima alla classifica IPE siano anche quelle dove l’offerta di attivita’ culturali e ricreative sia piu’ bassa. Oggi, in Italia, il 23% degli alunni di 15 anni non raggiunge i livelli minimi di competenze in matematica, ovvero non e’ in grado di utilizzare dati e formule per comprendere la realta’ esterna, mentre il 21% non riesce a interpretare correttamente il significato di un testo appena letto, non raggiungendo pertanto le competenze minime in lettura.
Nella maggior parte dei casi, come emerge dal rapporto “Nuotare contro corrente”, si tratta di ragazzi che vivono in contesti svantaggiati. I minori che vivono in famiglie con un piu’ basso livello socio-economico e culturale (pari a 34.000 ragazzi che rappresentano il 25% del totale degli alunni 15enni iscritti a scuola nel 2015) hanno infatti quasi 5 volte in piu’ la probabilita’ di non raggiungere le competenze minime sia in matematica che in lettura rispetto ai coetanei che provengono dalle famiglie piu’ agiate (24% contro 5%).
‘La nostra ricerca ci dimostra tuttavia che nonostante le condizioni di svantaggio iniziale, tanti bambini e ragazzi possono rivelarsi particolarmente resilienti e grazie al loro impegno e alle loro motivazioni, alimentate e rafforzate dalle opportunita’ che la scuola e i territori in cui vivono sono in grado di offrire loro, possono superare le barriere e le difficolta’ che si trovano di fronte e migliorare cosi’ anche le proprie competenze scolastiche”, ha affermato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. Tra gli alunni quindicenni piu’ svantaggiati, infatti, piu’ di 1 su 4 (26%) riesce a raggiungere le competenze minime sia in matematica che in lettura, percentuale che si alza notevolmente prendendo in considerazione la singola materia (37% in matematica; 36% in lettura). Di essi, il 3,79% raggiunge i livelli di competenze piu’ alti in matematica, mentre lo 0,75% (circa 1.000 alunni) sono considerati “top performer”, ovvero ottengono il massimo livello di competenza. Nel corso del tempo, il numero di minori resilienti in Italia ha fatto registrare un significativo aumento soprattutto tra il 2006 e il 2012, passando dal 17% al 28%, per poi contrarsi sino all’attuale 26% [13]; mentre per quanto riguarda le differenze regionali emerge che le percentuali piu’ alte si registrano soprattutto al nord, calando notevolmente nelle regioni meridionali dove bambini e ragazzi hanno meno opportunita’ di emanciparsi dalle condizioni familiari di partenza. A eccezione della Liguria, infatti, nelle regioni del nord piu’ di 1 minore su 3 e’ resiliente, con punte del 45% in Veneto e 46% in Lombardia; al centro tale percentuale si attesta tra il 20% e il 30% mentre al sud e nelle isole cala sotto la soglia del 20%, con Calabria e Sicilia in fondo alla classifica (rispettivamente al 12% e 14%) [14]. Se ai livelli minimi in matematica e lettura si aggiungono anche quelli in scienze, la percentuale di quindicenni resilienti in Italia si abbassa al 20%, percentuale tra le piu’ basse in Europa, migliore solo rispetto a Lituania (19%), Malta (18%), Lussemburgo (17%), Slovacchia (16%), Grecia (15%), Ungheria (14%), Bulgaria (9%) e al fanalino di coda Romania (6%).Dall’analisi di Save the Children, svolta con il contributo dell’Universita’ di Roma Tor Vergata, emergono una serie di fattori chiave in grado di favorire – o, al contrario, di ostacolare – lo sviluppo della resilienza tra i minori che provengono dai contesti piu’ svantaggiati. In Italia, i minori di 15 anni che appartengono al 25% delle famiglie piu’ disagiate (sul totale degli alunni 15enni iscritti a scuola nel 2015) ma che hanno frequentato il nido o un servizio per l’infanzia, hanno infatti il 39% di probabilita’ in piu’, rispetto ai loro coetanei che non lo hanno frequentato, di essere resilienti, cioe’ di raggiungere livelli di competenze in matematica e lettura tali da favorire l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.
Allo stesso modo, le probabilita’ di essere resilienti aumentano di ben il 100% se si frequentano scuole dove non vi sono particolari problemi disciplinari e dove le relazioni insegnante-alunni sono positive, cosi’ come alunni svantaggiati che frequentano scuole dotate di infrastrutture adeguate hanno quasi il doppio delle probabilita’ di superare i livelli minimi di competenze in lettura e matematica rispetto ai propri coetanei che vanno in scuole inadeguate. Rimanendo in ambito scolastico, l’analisi mette in evidenza che frequentare scuole che propongono nella loro offerta formativa una serie di attivita’ extracurriculari, come gruppi musicali o sportivi, volontariato, arte e biblioteche, aumenta del 127% le probabilita’ di resilienza dei minori.
Anche il tasso di dispersione scolastica, del resto, puo’ influenzare la resilienza: i ragazzi meno abbienti che vivono in contesti dove la dispersione e’ piu’ bassa rispetto alla media nazionale hanno infatti piu’ del 50% di probabilita’ di rafforzare le competenze in matematica e in lettura.
Infine, anche la motivazione, la fiducia in se stessi, la perseveranza, sono fattori fondamentali per avviare percorsi di resilienza tra i minori. La probabilita’ di essere resilienti aumenta infatti del 36% per i minori meno abbienti che indicano di “non mollare facilmente” di fronte alle difficolta’ sia nello studio che nella vita, o che sono convinti che la scuola faccia “molto per preparami alla vita” (78% di probabilita’ in piu’), che l'”andare bene (a scuola, nella vita) dipenda principalmente da me” (+133%) e “lo studio e’ importante per le prospettive di lavoro future” (+145%).
Al di fuori dalla scuola, l’analisi di Save the Children mette inoltre in risalto che i minori che vivono in famiglie meno abbienti ma che vivono in aree geografiche dove l’offerta culturale e ricreativa e’ maggiore della media nazionale hanno il triplo di probabilita’ di essere resilienti rispetto ai coetanei che vivono invece in luoghi dove minore e’ l’offerta di attivita’ sportive, di lettura di libri, di navigazione su internet, di partecipazione ad attivita’ culturali come mostre, musei, monumenti, teatri e concerti. Di contro, i minori svantaggiati che vivono in luoghi caratterizzati da tassi di criminalita’ minorile e da incidenza della poverta’ piu’ alti della media nazionale (rispettivamente 1,4% e 12,6%) hanno tra il 30% e il 70% di probabilita’ in meno di attivare percorsi di resilienza educativa. Cosi’ come gli alunni che risiedono in zone dove la disoccupazione giovanile e’ maggiore della media nazionale (35%) hanno una probabilita’ di quasi due volte inferiore di essere resilienti educativi, rispetto ai loro coetanei che vivono in aree con maggiori opportunita’ lavorative. “Negli ultimi anni sono stati compiuti alcuni significativi passi avanti per contrastare la poverta’ educativa, tra cui l’adozione del Reddito di inclusione e l’istituzione di un Fondo specifico con Legge di stabilita’. Tuttavia, i dati che emergono dal nostro rapporto ci consegnano un quadro allarmante dell’impatto della poverta’ educativa oggi in Italia. Questi dati aspettano non solo di essere analizzati, ma anche – e soprattutto – aspettano di essere tradotti in una agenda di lavoro e in impegni concreti. Si rende necessaria una accelerazione, un impegno straordinario, come l’adozione di un’Agenda italiana per il contrasto della poverta’ educativa, per spezzare questo circolo vizioso tra poverta’ economica ed educativa che oggi ipoteca il futuro dei bambini e, con loro, quello di tutto il Paese”, ha proseguito Raffaela Milano.