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(Giovanni Burgio)

Non vedremo più alla Favorita le decine di giovanissime ragazze nere offrire il loro corpo a pochi euro? Tardi, la sera, a piazza XIII Vittime, via Crispi, alla Cala, non sosteranno più le macchine con i clienti a contrattare il prezzo per un rapporto sessuale? Per le bellissime minorenni di colore, finirà il lungo calvario di sottomissione, schiavitù, angherie e soprusi che ha inizio a Benin City in Nigeria e finisce qui in Europa? Giovedì 13 aprile la Giunta comunale di Palermo ha emanato un provvedimento che intende arginare e reprimere la triste pratica del sesso a pagamento. Se da un lato si multano con 400 euro le persone colte in flagranza di reato, dall’altro s’intende tutelare la personalità delle vittime della tratta. Recita infatti l’ordinanza “Le persone dedite alla prostituzione vittime di violenza o di grave sfruttamento, ovvero in stato di particolare disagio, su base volontaria potranno essere avviate a programmi di sostegno e di reinserimento sociale attivi sul territorio comunale”. L’altro evento di grandissima rilevanza si è invece celebrato il 9 marzo scorso nello Stato di Edo nel sud della Nigeria. Il capo religioso e amministrativo della regione, re Ewuare II di Benin City, ha revocato e annullato tutti i riti di giuramento juju, che soggiogano, impietriscono e condizionano ancestralmente e psicologicamente le persone che li pronunciano. Ha in sostanza liberato le adolescenti ragazze nigeriane dalla catena che le lega alle proprie maman (la figura femminile che le ospita e le sfrutta) e ai trafficanti di esseri umani ai quali sono state vendute dai loro stessi familiari. Un pronunciamento, per il popolo e la cultura di quella etnia, che si può senz’altro definire sconvolgente e rivoluzionario. Questi due avvenimenti hanno avuto la loro sintesi emozionale al convento salesiano di S. Chiara a Palermo, sabato 14 aprile, dove c’è stato il “Liberation day”, “La fine del commercio delle schiave del sesso delle donne dello Stato dell’Edo in Nigeria”.

“Dopo l’editto del re, già ci sono state 10-12 ragazze che sono fuggite dalle connection-house (le case dove si esercita la prostituzione) – dice Osas, presidente dell’associazione palermitana “Donne di Benin City” – Ora si pone il problema di dove andranno e come potranno essere protette. Anche alcune maman vorrebbero scappare ed essere finalmente libere. Ma da questo momento in poi, chi le accompagnerà a rifarsi una vita? Il Comune e le istituzioni non devono lasciarle sole. Le devono aiutare e devono essere loro vicino”. Intervenendo, l’assessore comunale alle attività sociali Giuseppe Mattina ha affermato che l’ordinanza comunale ha anche il fine di sensibilizzare tutta la cittadinanza al problema della tratta delle giovani ragazze nigeriane “Non tutti, come noi, qui, ora, conoscono questo dramma. La maggior parte della gente non sa le condizioni in cui vivono le donne. Andremo anche nelle scuole per far conoscere ai giovani questa realtà. E per tutelare queste persone estremamente fragili, abbiamo già destinato una struttura che li ospiterà”.

Il 5 aprile, a Palermo, sono stati chiesti più di 118 anni di carcere per 14 persone accusate di fare parte della mafia nigeriana, la “Black Axe” che traffica e gestisce tutta la tratta delle nigeriane. Altre 5 sono ancora sotto processo. Se sarà riconosciuta l’associazione mafiosa per questa banda nigeriana, sarà la prima volta che in città si sancirà la presenza di questa potente organizzazione criminale.

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