Gela, ancora un suicidio. E sono tre in quattro giorni

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Il 2018 a Gela si è trascinato una coda velenosa: i suicidi, tre in poche ore. Un segnale orribile, che la comunità sembra ignorare. Prevale la certezza che la causa del gesto, togliersi la vita, sia individuale, talvolta imperscrutabile, tra l’atro attesa, e nulla abbia a che fare con il vissuto della città. Eppure avrebbero dovuto accorgersi, a Gela, che ormai si può parlare di un fenomeno rilevante. Gela vive uno dei momenti più difficili della sua storia, gli anni sessanta, l’industria i posti di lavoro il posto sicuro le imprese le cooperative il terziario affollato, sono solo un ricorda.

C’è chi ha l’animo per risollevarsi, investe, fa altro. Chi torna a Gela in questo tempo nota che c’è un risveglio importante nel campo del commercio. La movida regala la visione di una città che sta attraversando con lo spirito giusto la transizione. Il petrolchimico muore, ma l’Eni comincia a farsi carico del futuro. Che lo faccia per ragioni politiche e dì immagine conta poco. E’ importante che non sbatta la porta e scompaia. Riciclarsi, fare altro, tornare a respirare aria buona, investire sulle energie alternative, il turismo. Ciò che la città offre a piene mani.

I suicidi che c’entrano con tutto questo?

C’entrano, perché la forza di ricominciare, se non ce l’ha, non te la da nessuno. In più, se stai male, se la tua depressione non la riconosce nessuno, se la tua malattia mentale è un problema familiare e basta, allora tutto diventa nero come la pece. Tenebre e morte.

Si è tolto la vita un pensionato 68enne, aveva lasciato la sua abitazione in città e si era recato nella sua villetta di Piano Marina, che nella bella stagione offre una spiaggia con un arenile stupendo. Non è tornato a casa, come di consueto, i congiunti si sono preoccupati e quando sono andati a Piano Marina l’hanno trovato ormai senza vita, accanto ad un flaconcino di diserbante, il veleno utilizzato per spegnersi. Inspiegabile le ragioni del gesto, dicono i congiunti.

Il giorno dopo è stata la volta di un 42enne. Si è impiccato davanti il portone di casa della sua ex compagna. Suicidio d’amore. Ha creduto di punire la sua donna con quel gesto. Il senso di colpa dovrebbe tormentarla per il resto dell’esistenza. Il prezzo, però, è alto, il gesto irreversibile. Il più sensibile degli uomini, o delle donne, se ne fa una ragione, e torna a vivere, com’è giusto che sia.

Il terzo suicidio due giorni dopo. Ancora veleno, ancora inspiegabile.

Nessuno dei due casi sembra avere a che fare con una allucinante condizione, l’assenza di servizi di assistenza idonei per una comunità popolosa come Gela. I malati di mente a Gela sono più di duemila, il servizio pubblico è affidato a due medici, talvolta uno solo, che fanno quel che possono. E c’è chi, da esperto segnala, che a Gela il numero alto delle malattie mentali potrebbe avere a che fare, almeno in passato, con l’aria che si respira e con il cibo che si consuma. Nessuno è in grado di confermare il sospetto, ma nessuno ha ancora svolto indagini accurate per escluderlo.

La realtà ci racconta di migliaia di famiglie che portano il fardello della malattia mentale in casa. E di più di cinquanta casi di suicidio (o tentato suicidio) lo scorso anno.

 

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