La Commissione Nazionale Antimafia nella relazione su mafia e massoneria della presidente Rosy Bindi ha puntato il dito sul “dovere di segretezza, su cui e’ improntato l’associazionismo massonico, con tutti i suoi corollari dei vincoli gerarchici e di fratellanza, della legge e della giustizia massoniche intese come ordinamento separato da quello dello Stato e prevalente rispetto a quest’ultimo”. “Con grande evidenza e’ emerso – sottolinea la relazione – un segreto interno, gia’ di per se’ inconcepibile in uno Stato democratico, a cui fa eco, soprattutto, quello esterno, anche verso le pubbliche Autorita’. Nemmeno con il provvedimento di sequestro, per citare solo uno dei tanti esempi riportati, e’ stato possibile venire in possesso degli elenchi effettivi degli iscritti perche’ presso le sedi ufficiali forse neanche ci sono e, comunque, quelli che ci sono non consentono di conoscere un’alta percentuale di iscritti rimasti occulti grazie a generalita’ incomplete, inesistenti o nemmeno riportate. Il vincolo di solidarieta’ tra fratelli, a sua volta, consente, perfino, come visto in uno dei casi di estrema gravita’ affrontati, il dialogo tra esponenti mafiosi e chi amministra la giustizia; dialogo che non solo legittima richieste di intervento per mutare il corso dei processi, ma impone il silenzio di chi quelle richieste riceve”.
La Commissione Nazionale Antimafia nella relazione su mafia e massoneria della presidente Rosy Bindi auspica “che nella prossima legislatura il Parlamento valuti quanto prima, da un lato, come e quando inserire nel proprio programma dei lavori l’argomento oggetto della presente relazione, ai fini delle opportune modifiche alla legislazione vigente”.
“Dall’altro – aggiunge -, appare altresi’ utile una contestuale riflessione su come proseguire il lavoro di inchiesta della XVII legislatura, mediante un mandato da conferire alla prossima Commissione Antimafia, anche attraverso ulteriori coordinate della ricerca. In seno al dibattito sono state avanzate proposte, infatti, che i tempi e le risorse disponibili non hanno consentito di mettere in atto in questa legislatura. Tra queste, rivestono particolare interesse: l’estensione dell’analisi del rischio di infiltrazione mafiosa nella massoneria anche alle restanti regioni d’Italia, senza limitarla solo a Sicilia e Calabria; l’estensione della verifica sulle situazioni giudiziarie non solo ai reati di cui all’articolo 51, comma 3 bis, c.p.p., di mafia in senso strettamente tecnico, ovvero alle misure di prevenzione del ‘codice antimafia’, ma anche ad una serie ulteriore di ‘reati spia’; l’estensione delle verifiche sui fattori di rischio derivanti dall’appartenenza alla massoneria o ad altre associazioni similari, in concreto, anche alla dimensione del fenomeno dell’iscrizione a logge massoniche da parte di politici, funzionari pubblici, appartenenti alle forze di polizia, militari, e categorie simili”.
“L’ordinamento giuridico, che ben dispone di strumenti in grado di prevenire e di reprimere le deviazioni e i patti intercorsi con le mafie, – e dunque la duplice appartenenza e la convenienza – non gode di altrettanti mezzi nel caso della tolleranza, cioe’ in assenza di fatti penalmente rilevanti dal lato massonico e, pertanto, assiste inerme ad un fenomeno che, benche’ necessariamente generato dall’incontro tra due entita’, consapevole una e piu’ o meno inconsapevole l’altra, puo’ essere impedito solo per meta’”. E’ quanto scrive la Commissione Nazionale Antimafia nella relazione su mafia e massoneria della presidente Rosy Bindi. “Tale pericolosa tolleranza – aggiunge – si realizza, in primo luogo, laddove, nonostante il continuo allarme di inquirenti, giuristi, storici e organi di stampa, non sono state ancora assunte dalla massoneria ufficiale determinazioni ferme e definitive volte a rendersi impermeabile rispetto agli interessi criminali”. “Nonostante la consapevolezza dei rischi, il sistema dei controlli massonici – sottolinea la relazione – si e’ rivelato spesso inefficace, e cio’ non tanto per la carenza di strumenti, come si e’ pure obiettato, ma soprattutto per la mancanza di volonta’ in tal senso. Ed invero, quando le infiltrazioni malavitose sono state accertate a livello organizzativo la scelta dello scioglimento delle logge non ha impedito, anzi ha favorito, il transito dei membri in altre articolazioni della medesima obbedienza. Allo stesso modo, le accorate segnalazioni dei fratelli piu’ avveduti si sono risolte nell’espulsione di costoro. Le sentenze penali di condanna per fatti di mafia, a loro volta, sono rimaste spesso ignorate dalle obbedienze massoniche che non hanno riconosciuto in esse la segnalazione di un pericolo”. “Al contempo, come si e’ constatato in diverse occasioni – prosegue la relazione -, non state adottate posizioni di netta collaborazione massonica, rivelatrici di una convergenza di scopi, con le Autorita’ impegnate nella repressione del fenomeno”.
“Questa Commissione e’ diretta testimone di tale atteggiamento, verificato tanto nel corso delle reticenti audizioni, tanto nel rifiuto di consegna degli elenchi. Ma ne sono testimoni altresi’ i membri della loggia ‘Araba Fenice’ che si dimisero per protestare contro l’espulsione di un fratello reo di avere collaborato con la Digos. La tolleranza si riscontra altresi’ nella miope ostinazione della massoneria a mantenere, nonostante quanto la storia italiana ci abbia insegnato, quelle caratteristiche strutturali e organizzative, del tutto similari a quelle della mafia, che, nella loro concreta attuazione, ben valicante ogni innocuo rituale, si pongono quali fonti di alimentazione per la creazione, in ambito massonico, di un humus particolarmente fertile per la coltivazione degli interessi mafiosi”.
“E’ stato evidenziato dallo stesso mondo massonico come in Italia, e in particolar modo nelle regioni del centro-sud, sia presente un florilegio di numerose piccole obbedienze, con dichiarate finalita’ lecite, considerate alla stregua di massonerie irregolari o di logge spurie. Cosi’ come e’ stato segnalato che esistono canali di dialogo tra queste entita’ associative e la massoneria regolare”. E’ quanto scrive la Commissione Nazionale Antimafia nella relazione su mafia e massoneria della presidente Rosy Bindi, evidenziando che “l’insieme di queste dichiarazioni, dunque, proprio perche’ provenienti dall’interno del circuito massonico, e peraltro da chi lo rappresenta, acquistano particolare valenza in quanto pongono le premesse, unitamente ad altri elementi raccolti da questa Commissione, sulla necessita’ che il lavoro d’inchiesta avviato in questa Legislatura debba proseguire. Non potra’, infatti, essere trascurato l’approfondimento del mondo magmatico delle massonerie irregolari, del loro potenziale relazionale, dell’atteggiarsi delle mafie nei loro confronti”.(ITALPRESS).