Il presidente della Repubblica ha conferito a Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidentessa del Senato, l’incarico di esplorare l’esistenza delle condizioni per la formazione di un governo fondato su una maggioranza parlamentare comprendente il centrodestra e il M5S. Sergio Mattarella ha dato alla presidentessa del Senato tempi assai stretti, chiedendole di riferirgli la situazione entro la giornata di venerdì. Si apre una nuova fase del lungo percorso per dare all’Italia un governo stabile dopo le elezioni del 4 marzo che hanno visto un’affermazione rilevante dei cinquestelle e della Lega, non sufficiente tuttavia a garantire la maggioranza nella Camera dei Deputati e nel Senato. La scelta del presidente della Repubblica Sergio Mattarella può in realtà essere interpretata da due differenti punti di vista. Il primo: chi siede sullo scranno più alto di Palazzo Madama rappresenta la seconda carica dello Stato; è perciò il naturale riferimento di un tentativo di natura istituzionale teso a verificare la disponibilità delle forze politiche a dar vita all’Esecutivo. Dal momento che che la coalizione di centrodestra si è fermata alle elezioni poco oltre il 37% e il M5S ha superato il 32%. nessuno degli schieramenti in campo ha conquistato il premio di maggioranza fissato nel Rosatellum al 40%; ciò che rende inevitabile un governo di coalizione. In questo caso il mandato servirebbe a verificare se esistono le condizioni per superare lo stallo politico, ma lo scenario resta del tutto incerto. Un precedente fu l’incarico conferito alla presidente comunista della Camera Nilde Iotti da Francesco Cossiga nel 1987 o, in tempi più recenti, quello affidato nel 2008 da Giorgio Napolitano all’allora presidente del Senato Franco Marini. La seconda chiave di lettura farebbe pensare, invece, che il presidente della Repubblica abbia deciso, dopo due giri di consultazioni in cui ha riscontrato la sostanziale incapacità di Di Maio e Salvini di trovare un accordo, di attivare un percorso che cominci dal centrodestra- di cui la Casellati è comunque esponente di rilievo-che quarantacinque giorni fa ha preso più voti. Si spiegherebbe così l’esplicito consenso di Matteo Salvini alla soluzione ed il suo trarsi fuori dal rischio di ricevere lui il pre-incarico. A tale obiettivo avrebbero puntato, secondo alcuni osservatori, anche le dichiarazioni filo Putin del leader leghista all’indomani dell’attacco di Usa, Gran Bretagna e Francia alla Siria; una presa di posizione che alla luce della presa di distanze di Silvio Berlusconi, dalle affermazioni inaspettatamente filo-atlantiche di Di Maio e, infine , dalle dichiarazioni rese nell’aula di Montecitorio dal premier Gentiloni, avrebbero messo avrebbero drasticamente ridotto le sue chances di dar vita ad un governo. D’altronde la lunga marcia di avvicinamento tra il capo della Lega e il giovane “capo politico” pentastellato era stato bruscamente interrotta dalla pièce recitata dall’ex cavaliere appena usciti dalla studio alla Vetrata dopo il secondo giro di consultazioni: apparentemente numero da avanspettacolo, si trattava invece di una mossa politica studiata a tavolino per spiazzare Salvini e Giorgia Meloni. Non segno, quindi, di incombente senilità, ma rappresentazione del “corpo mediale del leader” che, secondo la filosofa della politica Giuliana Parotto “distrugge la grammatica della rappresentanza, esce dalle regole dei protocolli, si sottrae alla disciplina che impone la funzione rappresentativa”. Cosa succederà in caso di fallimento del tentativo della Casellati? Se abbiamo ben interpretato lo schema secondo il quale parrebbe muoversi il presidente Mattarella, non si può escludere un ulteriore incarico istituzionale, questa volta al presidente della Camera Roberto Fico. Ipotesi che qualche osservatore considera indigesta al vertice pentastellato il quale si starebbe muovendo per evitare che il mandato a formare il governo possa essere affidato al capo dell’ala movimentista dei Cinque stelle, non solo e non tanto perché in tale veste non potrebbe sottrarsi all’incontro formale con Silvio Berlusconi ma soprattutto per la ragione che metterebbe fuori gioco Di Maio. In tale prospettiva potrebbe trovare una spiegazione anche la prima vera mossa politica, praticata con un post su facebook, di Maurizio Martina da quando è diventato reggente del PD: “Confrontiamoci con i cittadini a partire dai loro bisogni e dalle loro aspettative” Dichiarazione che avrebbe trovato apprezzamento da parte dei capigruppo dei Cinque Stelle in entrambi i rami del Parlamento. Il Partito democratico ha fatto ancor di più con l’individuazione di tre punti programmatici su cui sarebbe plausibile l’avvio di un confronto: la lotta alla povertà, la famiglia, i provvedimenti a sostegno del lavoro. Se anche l’ipotesi di un governo M5S -PD fallisse, resta la strada del cosiddetto governo del presidente, cioè di un appello del Capo dello Stato a tutte le forze politiche ad assumersi la responsabilità di aderire all’ipotesi di un governo con priorità limitate alle maggiori urgenze del paese, legge elettorale compresa. Non sembra azzardato immaginare che, in tale ipotesi, potrebbe tornare in campo il nome dell’attuale presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che sta gestendo con indubbia autorevolezza la complicatissima fase di transizione. In conclusione, la crisi sembra ancor lontana da una soluzione organica che consenta alla legislatura di avviarsi in maniera produttiva. L’unica certezza è che Sergio Mattarella farà tutto quanto in suo potere per evitare che l’Italia torni alle urne in un clima avvelenato dallo scontro di tutti contro tutti.
Mattarella: “Signora, prego, si accomodi” e speriamo bene…
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