Un’inesauribile Galleria d’Arte per i contemplatori di nuvole

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Ho sempre amato contemplare le nuvole. Niente in natura può competere con la loro mutevolezza e la loro scenografica teatralità. Niente possiede la stessa bellezza effimera e sublime. Se certi meravigliosi tramonti dietro una cortina di altocumuli dovessero dispiegarsi in cielo solo una volta ogni venticinque anni, entrerebbero senza dubbio a far parte delle leggende di tutti tempi. Eppure, la maggior parte della gente sembra accorgersi appena delle nubi, quando non le considera addirittura un difetto che compromette la perfezione di un giorno d’estate, o una scusa per sentirsi giù di morale e “rannuvolarsi“. Non c’è nulla di più deprimente, a quanto pare, del vedere “solo nubi all’orizzonte“.

A qualcuno però questo stato di cose non è piaciuto, qualcuno che ritiene che le nuvole siano fatte per i sognatori e che contemplarle giovi all’anima, così Gavin Pretor-Pinney, un londinese direttore creativo della rivista “The Idler”, ha fatto qualcosa per cambiarlo, ha lanciato un Manifesto, scritto un libro unico nel suo genere e creato un sito che oramai ha milioni di seguaci in tutto il mondo e dove si possono contemplare paesaggi nuvoleschi letteralmente incantevoli.

A parte avere saccheggiato gli scritti di esperti di metereologia che hanno arricchito libro e sito di informazioni precise sulle nuvole, la sua è stata un’impresa assai più seria: una celebrazione del passatempo più spensierato, futile e inesauribilmente vitale di chi ama andare a caccia di nubi.

La Cloud Appreciation Society ha quindi elaborato un Manifesto che recita così:

Crediamo che le nuvole siano vittima di ingiuste

calunnie: senza di esse la vita sarebbe

incommensurabilmente più misera.

Le nuvole sono per noi la poesia della natura

e costituiscono lo spettacolo più egualitario

del mondo naturale, perché ciascuno le può

interpretare a proprio piacimento nei modi

più fantastici.

Ci impegniamo a lottare contro “la filosofia

dei cieli azzurri” ogni qual volta ne veniamo in

contatto. Quanto sarebbe tediosa la vira se fossimo

costretti a contemplare la monotonia senza fine

di un firmamento sereno!

Intendiamo ricordare a tutti che le nuvole denotano

gli umori dell’atmosfera ed equivalgono

alle espressioni del volto umano.

Le nuvole, ne siamo convinti, sono fatte per i

sognatori, e contemplarle giova all’anima. Invero,

chiunque si soffermi a considerare le immagini che

evocano in ciascuno di noi riuscirà a risparmiare in

misura notevole sulla parcella del suo psicoanalista.

Perciò esortiamo tutti coloro che sono

disposti ad ascoltarci:

Alzate gli occhi, stupitevi della bellezza

effimera e vivete con la testa tra le nuvole.

Entrare nel sito dei cloudspotting è un vero e proprio delirio d’immagini di formazioni nuvolose rare e bellissime il cui effetto primario è quello di ridimensionare immediatamente il nostro immenso “Io” e riportandoci a quello che realmente siamo: infinitesimamente piccoli ma con una capacità di sognare grande quanto il cielo stesso che, grazie alle nuvole, diventa un’inesauribile galleria d’arte: nubi lenticolari ondulate sospese sopra i picchi delle Alpi svizzere; strati di cirrocumuli increspati soffusi delle calde sfumature dell’aurora; cumuli a forma di elefanti e gatti, con le sembianze di Albert Einstein e Bob Marley o di ballerine danzanti.

Insomma, qualche volta è importante ribaltare la prospettiva ed evadere, contemplare le nuvole non costa nulla e fa bene all’anima, le nuvole sono lo spettacolo più egualitario del regno naturale, pienamente disponibile per ciascuno di noi, a prescindere dal luogo dove ci troviamo. Basta trovarsi nello stato d’animo giusto e la possibilità di posizionarsi in un luogo sopraelevato – la cima di una collina, magari, ma anche una finestra a un piano alto – e coricarsi di schiena, in modo da poter guardare le nuvole sopra e dietro di sé. Lo scenografico paesaggio di uno stratocumulo allargato nel cielo è perfetto per tentare la prova. Osservando la volta celeste, si innesca così un cambio di prospettiva: è come se si vedessero le nubi non più dal basso, ma dall’alto. Sembrano librate su una terra fantastica e nebulosa che si estende fino all’orizzonte.

E’ uno spettacolo egualitario: i contemplatori di nuvole non aspirano a catalogare gli oggetti della loro passione: ci pensano già i meteorologi a classificarli a seconda del genere, della specie e delle varietà, impegno che quegli specialisti chiamano “lavoro”. La nostra è un’occupazione assai più piacevole e riflessiva, tale da condurre chi la pratica a una conoscenza più profonda del mondo fisico, emotivo e spirituale. Chi non ha mai contemplato i soffici castelli del cielo immaginando un mondo lontano dagli assilli della terraferma? Quando da uno strato nasce uno stratocumulo, cominciano ad apparire sprazzi e spezzoni di azzurro. Se poche ore prima il sole pareva spento per sempre, adesso le fasce nebbiose vanno addensandosi in catene di montagne incappucciate di neve e si sciolgono in sinuosi fiumi d’azzurro. Lassù si è creato un altro universo: una realtà mutevole fatta di valli glaciali e gonfi picchi, un paese di promesse e di evasione, regolato da leggi proprie, basate su una geologia nebulosa.

Possiamo considerare le errabonde abitatrici del firmamento come le macchie di Rorschach del cielo: immagini astratte sulle quali proiettare le nostre fantasie. Passare il tempo a giocare con le loro forme mutevoli è un sistema garantito per risparmiare sul conto dello psicoanalista. Individuare questo o quell’oggetto tra le nuvole è praticamente un’occupazione a tempo pieno per i bambini. I contemplatori di nuvole divenuti troppo giudiziosi per indulgere a simili quisquilie dovrebbero riconsiderare il proprio atteggiamento. Farebbero bene ad accantonare la razionalità, ad abbandonarsi all’estro e alle fantasticherie e non importa se non riescono ad identificarne qualcuna: l’atteggiamento ideale consiste nel rivolgere gli occhi al cielo, sgomberare la mente dai pensieri e permettere alle sagome delle nubi di trovare noi.

Nicolas Reeves, un professore di Montreal che insegna all’università del Québec e membro dell’Hexagram institute, ha inventato l’Arpa delle nuvole: uno strumento che produce melodie legate alla forma delle nubi sotto cui si trova. Finora, l’esperimento ha avuto luogo in sei città del mondo: Amos e Montreal (Canada), Lione (Francia), Amburgo (Germania), Gizycko (Polonia) e Pittsburgh (Stati Uniti). Se il cielo è sereno, l’arpa rimane silenziosa, ma appena c’è una nuvola a sorvolarla, iniziano i suoni. «Funziona per mezzo di un liadar» spiega Reeves «cioè un raggio laser puntato sulle nubi. Ciò che viene riflesso e torna verso lo strumento, una volta misurato, dà un’idea della luminosità e dell’altitudine della formazione». Un musicista, ribattezzato per l’occasione «nuvolista», configura l’apparecchio in modo che le relative informazioni attivino e modulino determinati suoni musicali. Dopodiché lo si lascia ad eseguire per i passanti le melodie del cielo. Ad Amos, nelle regioni settentrionali del Québec, l’Arpa delle nuvole è stata installata all’interno di un parco, in una radura circondata da alberi. «Nelle notti di luna piena» ricorda il suo inventore «la gente si portava il sacco a pelo e restava intorno allo strumento fino al mattino. Rimaneva là solo per ascoltare la melodia delle nubi: era fantastico».

Pensate un po’ se potessimo avere l’Arpa delle Nuvole istallata nella Valle dei Templi, ad Agrigento: dopo l’Arpa eolica di Robinson Crosue, fatta con pelle di capra e posizionata sul margine più alto di un albero, per noi contemplatori di nuvole si aprirebbe uno spiraglio per poter naufragare nel Tempo tra musica, archeologia e semplicemente il cielo sopra di noi.

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