
C’è il triangolo, c’è il delitto passionale, la relazione extraconiugale, la ferocia con la quale l’assassina si è accanita sulla sua vittima. Un episodio di ordinaria barbarie, vecchio quanto il tempo. C’è solo un oggetto, solo un oggetto, fuori posto: la telecamera che ha immortalato l’assassina che si liberava dei guanti di lattice dopo avere compiuto il delitto. Un video che ha permesso ai carabinieri di identificarla.
I fatti risalgono al 2013 e sono tornati in prima pagina la domenica di Pasqua grazie ad un normale servizio di controllo dei carabinieri di Latiano: rintracciata la 46enne Anna Maria Lombardi, che deve espiare la pena residua di nove anni, otto mesi e 27 giorni di reclusione. Il 6 dicembre 2013, uccise il 57enne imprenditore foggiano Angelo Radatti, infliggendogli 87 coltellate.
“ Il cadavere dell’uomo era stato trovato la sera successiva da un pastore che percorreva il tratto dove l’uomo e la donna si erano incontrati. Ad incastrare la 46enne, ricordano i carabinieri, “fu la telecamera di un sistema di videosorveglianza che l’aveva immortalata mentre si disfaceva dei guanti in lattice utilizzati per commettere l’omicidio e trovati dai carabinieri nel corso del sopralluogo“.
Che cosa rende una notizia di ordinaria barbarie diversa dalle altre? Le 87 coltellate, contate con scrupolo dall’ anatomopatologo. Sono troppe. Una eternità. Come se l’assassina non volesse solo uccidere la sua vittima, ma annientarla, punirla oltre la morte, distruggere il corpo, o quel che restava di esso.
Quanta forza e risolutezza ha trovato dentro di sé? Non è umano ciò che si è imposto: 87 coltellate si infliggono se la forza fisica è sostenuta da una volontà “assoluta”. Una volontà che non può essere spiegata dal movente, qualunque esso sia, ma da una rabbia ostinata senza limiti. Per uccidere basta una sola coltellata, per essere certi di avere ucciso altre due o tre coltellate. Le altre non hanno niente a che vedere con il delitto. Sono furia incontrollata. E’ stato attraversato un confine: il movente, lo scopo non ci sono più. E’ una fuga dalla realtà. Follia, dunque?
Quando qualcosa non può essere spiegata, viene ascritta ad una perdita di sé, ad una fuga dalla realtà, alla follia. Ma è una scorciatoia, che ci permette di non essere contaminati. Che cosa c’è in fondo al tunnel di una mente che ha smarrito se stessa ? Che cosa troveremmo se esplorassimo il vuoto di umanità in cui è sprofondato l’assassino?
Ci fermiamo davanti a ciò che ci inorridisce, ci spaventa. Potremmo scoprire qualcosa che ci appartiene. E che abbiamo visto magari in un nostro incubo.