Miccichè rischia, Cardinale tratta, PD compatto, Cancelleri in armi

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“L’ingordigia ha messo nei guai il centrodestra”. Nicola Cristaldi, ex Presidente dell’Ars, e soprattutto una vecchia volpe, non ha dubbi: “Forza Italia avrebbe dovuto cedere alle due opposizioni, M5S e PD, le vicepresidenze, l’accordo istituzionale avrebbe fatto permesso a Gianfranco Miccichè di farcela sin dal primo scrutinio”.

Non ha torto Cristaldi. E’ stata l’intenzione di prendere due posti sue tre – presidemnza e vicepresidenza vicaria – a aggregare le opposizioni. Cancelleri, per il M5S, ha infati annunciato di volere proporre al PD una intesa, in modo da votare insieme i deputati da mandare in consiglio di presidenza. E per quanroi tiguarda la poltrona più alta, la presidenza. Ha detto chiaro e tondo che Miccichè non è votabile, riconoscendo tuttavia alla coalizione che ha vinto le elezioni di indicare il Presidente dell’Ars.

La mano passa ora alle opposizioni. Se troveranno l’intesa, come si augura Cancelleri, potrebbero sparigliare la maggioranza, sempre che restino dietro la siepe i due cechini che hanno avuto Miccichè come bersaglio. Sulla loro presenza nei banchi del centrodestra, invero, Miccichè era certo, tanto da avere cercato accordo con i dem per la vicepresidenza, naturalmente a danno dei grillini. Ma quando il PD ha deciso di disertare lo scrutinio per fare emergere i cecchini e le difficoltà della maggioranza, il piano di Miccichè è saltato.

“Non capisco perché si siano fatti mettere in un cul de sac, i poteri del Presidente dell’Ars sono ampi e non possono essere limitati dai vicepresidenti”, commenta Criistaldi per corrobare la sua tesi.

In verità, tuttavia, la spiegazione c’è, eccome. La scelta degli assessori, sulla quale ha armeggiato per giorni Miccichè, assumendosi la responsabilità del risultato (e diventando perciò bersaglio di chi è rimasto fuori), è stata assai complicata. Gli autonomisti hanno preteso la vicepresidenza vicaria, cancellando la casella che avrebbe potuto aiutare la soluzione finale.

Ora può accadere di tutto. Miccichè non ha perduto la guerra, ha solo perso una battaglia, ma c’è il terzo scrutinio che potrebbe fargli male. Molto male. Se Miccichè va al ballottaggio, perché il terzo scrutinio non regala il tetto di voti richiesto dal regolamento, i cecchini potrebbero portare al termine la “vendetta”.

Il coordinatore dispone di alcune ore, quante ne mancano prima della seduta di sabato, per pattare la quaranta. Come? Convincere l’autonomista Di Mauro a fare un passo indietro ed offrire le due vicepresidenze alle opposizioni. Ma questa mossa, pur dolorosa, potrebbe non bastare, perché Cancelleri non considera Miccichè votabile.

Se il PD esce dalla partita in comune con il M5S e si accorda per la vicepresidenza, a danno dei grillini, allora Miccichè si salva, mantiene l’impegno con gli autonomisti della sua coalizione. Questo percorso ha anche il pregio di superare le polemiche fra PD e Sicilia Futura, offrendo a Sicilia Futura il ruolo di avanguardia, come avvenne per il cosiddetto “modello Palermo”, quando Cardinale stipulò l’intesa con Orlando mentre i dem resistevano sull’Aventino.

IL problema è che il gruppo PD ha bisogno di restare unito, ad ogni costo, perché ci sono le elezioni politiche ormai vicine, e deve mostrare la sua tenuta. Votare per Miccichè potrebbe provocare una spaccatura fra i renziani di Sicilia e i deputati che si riconoscono nell’area di Andrea Orlando. Ecco per quale ragione la prima ipotesi – mollare entrambe le vicepresidenwe – è sicuramente la più sicura per Miccichè.

 

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