1. Premessa: il problema dei “falsi dirigenti”
Una recente sentenza (n. 37 del 17 marzo 2015) della Corte costituzionale ha comportato la decadenza di circa 700 funzionari dell’Agenzia delle entrate, che erano stati “elevati” al ruolo di dirigenti pur senza aver partecipato a un normale concorso.
Questi soggetti da anni svolgevano le funzioni dirigenziali (come “reggenti”), firmando gli avvisi di accertamento e gli altri atti impositivi sulla base di deleghe del direttore dell’Ufficio che venivano illegittimamente reiterate nel tempo in modo continuativo, in contrasto con la natura necessariamente temporanea dell’istituto della reggenza.
Alla luce della sentenza della Corte costituzionale si pone il problema della legittimità degli atti firmati negli anni dai “falsi dirigenti” dichiarati decaduti.
Sull’argomento hanno immediatamente preso posizione il direttore dell’Agenzia delle entrate Rossella Orlandi e il Ministro dell’Economia Padoa Schioppa, i quali hanno dichiarato che, a loro avviso “gli atti sono validi, non si facciano spendere soldi inutili ai cittadini per i ricorsi”
Tuttavia vanno susseguendosi in Italia diverse sentenze delle Commissioni tributarie che ritengono nulli gli atti firmai dai “falsi dirigenti”. In questo senso si sono ad oggi pronunciate, tra le altre, le Commissioni tributarie provinciali di Campobasso, Lecce, Reggio Emilia, e Milano.
La situazione, secondo alcune recenti indiscrezioni, è talmente grave da aver incrinato il rapporto di fiducia tra Renzi e la Orlani, direttore dell’Agenzia delle entrate
2. La sentenza della CTP di Trapani
Anche i contribuenti siciliani possono ben sperare.
La Commissione tributaria provinciale di Trapani, presidente Roberto Angelo De Simone, relatore Antonino Arangio, giudice Pier Luigi Tomaiuoli, accogliendo il ricorso di un’imprenditrice di Trapani, assistita dal prof. Alessandro Dagnino, avvocato tributarista di Palermo, ha annullato due avvisi di accertamento in materia di IRPEF, IRAP e IVA, per gli anni 2008 e 2009, del valore di complessivi 65.000 euro circa, affermando che “l’avviso di accertamento è nullo … se non reca la sottoscrizione del capo dell’Ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (cfr. Corte cost. n. 37/2015)”.
“Se la sottoscrizione non è quella del titolare dell’Ufficio incombe all’Ufficio dimostrare, in caso di contestazione come nella specie, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore e la presenza della delega del titolare dell’ufficio”.
“Nella specie, gli impugnati avvisi risultano essere sottoscritti … per delega del direttore dal capo team accertamenti senza, però, l’indicazione di alcunché. Come da produzione in atti, l’Ufficio, poi, ha versato una semplice fotocopia di una generica delega senza provare, indicandola, se il direttore ed il tale capo team appartenevano o meno, alla data della sottoscrizione dell’atto, alla qualifica direttiva”.
La Commissione ha, pertanto, ritenuta “fondata l’eccezione di parte ricorrente e nulli gli impugnati avvisi”, condannando l’Agenzia delle entrate a pagare euro 7.050 in favore del contribuente, a titolo di spese del giudizio.
Secondo, il professor Alessandro Dagnino, avvocato del contribuente, “con questa sentenza anche in Sicilia viene confermata la nullità degli avvisi di accertamento emessi dai “dirigenti” dell’Agenzia delle entrate decaduti per effetto della sentenza della Corte costituzionale del marzo di quest’anno”.
“La sentenza spiega in modo ineccepibile le ragioni dell’invalidità degli atti di accertamento dell’Agenzia delle entrate che siano stati sottoscritti da funzionario delegato, ponendo a carico dell’Ufficio l’onere di provare la correttezza del proprio operato. Per questo motivo costituisce un importante precedente che potrà essere invocato da tutti i contribuenti che abbiano ricevuto avvisi di accertamento nei quali non sia chiaramente indicata la qualifica dirigenziale del firmatario”.











Leave a Reply Cancel Reply