Parte da Palermo l’atto d’accusa sulla violazione dei diritti dei migranti. Da oggi e sino a mercoledì, infatti, nel capoluogo siciliano è riunito il Tribunale Permanente dei Popoli, i cui sette membri sono chiamati a pronunciarsi sulle politiche di confine dell’Italia e dell’Unione Europea. Nel luglio 2017 il Tribunale Permanente dei Popoli ha avviato una sessione a Barcellona, sostenuta da oltre cento organizzazioni e associazioni internazionali, sulle violenze dei diritti umani delle persone migranti e rifugiate. L’obiettivo è identificare la catena di attori coinvolti nelle “diffuse e sistemiche violazioni dei diritti umani”.
La Sicilia, luogo simbolo del transito di tantissimi popoli, ha chiesto che il suo capoluogo ospitasse una tappa di questa sessione del Tribunale, mettendo in luce quanto sta accadendo nel Mediterraneo.
“C’è una violazione non occasionale ma sistematica e strutturale dei diritti dei popoli da parte degli Stati che si ritengono gli unici proprietari di un diritto e della sua amministrazione – dice Gianni Tognoni, Segretario generale del Tribunale Permanente dei Popoli – e che trasformano attraverso varie strategie e procedure questi soggetti reali in vittime o persone che devono giustificare la propria esistenza e la propria identità di soggetti di diritto”. La sessione di Palermo che si è aperta questa mattina è frutto del lavoro di circa 95 organizzazioni che l’hanno sostenuta.
“Abbiamo raccolto i racconti di molti esperti del settore – spiega Pasqua de Candia, rappresentate della rete di associazioni al fianco della sessione palermitana del Tribunale -, testimonianze di operatori e migranti che hanno vissuto in maniera diretta le violazioni. Abbiamo cercato di definire, descrivere la frontiera e quello che lì sta accadendo, attraverso immagini e parole che avvicinano e irrimediabilmente svuotano le nostre coscienze, a partire dalle violenze dei campi in Libia, dove decine di migliaia di persone sono arbitrariamente imprigionate, sfruttate, e la cui esistenza ogni giorno svanisce in un buco nero”.
Questa sessione del Tribunale Permanente dei Popoli è chiamata ad accertare se le politiche adottate dall’Unione europea in tema di migrazione e asilo, di cui sono espressione politiche, normative e prassi recenti degli Stati membri, configurino, nei loro effetti concreti sul popolo migrante, un crimine contro l’umanità.
“È imprescindibile indagare quali responsabilità possano essere ricondotte all’Unione europea e al Governo italiano rispetto alle gravissime violazioni commesse ai danni dei migranti bloccati in mare dalle forze libiche e poi ricondotti nei centri di detenzione del territorio – dicono Alessandra Sciurba della Clinica legale per i diritti umani, e Daniele Papa dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione -, luoghi in cui, come ha di recente denunciato anche l’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu, non vige alcuno stato di diritto, efferate violenze sono all’ordine del giorno e nei quali le persone divengono spesso vittime di compravendita, tratta, schiavitù”.
“Abbiamo espresso con molta forza il nostro dissenso rispetto a tutti i vincoli, primo fra tutti il permesso di soggiorno, che costituisce una nuova tortura al pari della pena di morte – ha detto il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, intervenendo durante l’udienza -. Nel Mediterraneo è in atto un vero e proprio genocidio e sono certo che un giorno, forse sui libri di storia o davanti una corte di giustizia, si farà un secondo processo di Norimberga. La città di Palermo vuole restare fuori dal banco degli imputati e tenere alta l’asticella dei diritti umani serve a non rinunciare all’ambizione di vedere riconosciuta ai migranti la condizione di persone umane, non più oggetto, numero o problema di sicurezza”. (Loc/AdnKronos)