Droni di Sigonella: il governo italiano alza il freno a mano, ma usare questo aggeggio in corsa è pericoloso, potrebbe provocare guai, di sicuro può provocare la vertigine del conducente che deve tenere in carreggiata la vettura. Metafora appropriata, ma fino a un certo punto. I droni sono strumenti di guerra micidiali. Decollano con un piano di volo e obiettivi programmati con precisione chirurgica: e quando fanno danno alla parte sbagliata, vuol dire che la pianificazione dell’intervento è sbagliata. Una questione di intelligence, dunque.
Saranno le informazioni che pervengono al Pentagono ed al Ministero della Difesa italiano a dare il via agli interventi in Libia, perché – com’è stato scrupolosamente precisato dalla Farnesina, Ministero della Difesa e Palazzo Chigi – i raid dei droni “siciliani” dovranno ottenere l’autorizzazione tricolore. Caso per caso, è stato specificato. Al bisogno, dunque. Quando forze speciali americani e civili sono in pericolo. Regole d’ingaggio inequivocabili, che hanno il difetto di ospitare tutto, dall’attacco a postazioni del nemico a blitz cruenti sul teatro del conflitto.
La Libia è stata “invasa” dal Califfato, che controlla 150-200 chilometri di costa sulla Sirte. L’Isis dispone di un esercito in armi che avanza lungo la costa e verso l’interno. In più è in grado di compiere attentati in ogni parte del Medio-Oriente ed Africa, o Europa. La guerra dell’Isis è asimmetrica, propone variabili, non è combattuta solo in Libia. A questa strategia è praticamente impossibile contrapporre “regole” adatte solo agli eventi militari che si verificano sul terreno. Quindi il “caso per caso” oltre che essere provocato dalle informazioni dei servizi che operano nel territorio – americani, francesi, inglesi, italiani – deve tener conto dell’asimmetria e delle variabili di Daesh.
C’è, infine, una terza opzione da considerare. Usa e Italia hanno sicuramente un obiettivo comune, combattere il terrorismo e il Califfato, ma hanno priorità e visione strategica diverse.
L’Italia ha bisogno di stabilizzare la Libia, renderla governabile, avere un interlocutore con cui trattare per abbassare i pericoli che può provocare una vicinanza così stretta ad un paese dalle mille milizie e per tutelare i propri interessi economici (gas, petrolio ecc). Gli Usa hanno una urgenza militare, il Pentagono ritiene, non a torto, che si sia perso troppo tempo, dando modo al Califfato di allargare la sua influenza sia in Siria, che in Iraq e ora in Libia. Quindi, occorre agire senza alcun indugio e non aspettare all’infinito, come suggerisce l’Italia, che si costituisca un governo unitario.
La cautela italiana è giustificata inoltre dal timore di ritorsioni. Se l’Italia attacca militarmente il Califfato, deve aspettarsi la rappresaglia, la risposta. Se lo fanno gli Usa dalle basi siciliane cambia qualcosa? Le coste italiane sono lunghe, e la Sirte governata dall’Isis si trova a 300 km dalla Sicilia.
“Le azioni dei droni dovranno ottenere l’autorizzazione italiana”, dichiara il Ministro degli Esteri Gentiloni. “Avranno funzioni difensive, nulla a che fare con un intervento militare in Libia, il loro uso sul terreno libico non prelude l’intervento militare”.
Le intenzioni sono buone, evitare che l’Italia si trovi in prima linea, ma questo non cambia affatto lo stato delle cose. I droni partono da Sigonella su “input” dell’intelligence e in seguito ad eventi che è impossibile verificare. Ed il successo delle operazioni può provocare ritorsioni. Tanto vale, dunque, stare dentro la cabina di comando, partecipando alle scelte.











Leave a Reply Cancel Reply