Bollette alle stelle, Corte dei Conti: meno pubblico, più giustizia

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Negli ultimi dieci anni, avverte Federconsumatori, le tariffe dell’acqua hanno subito un incremento dell’80,2 per cento, le tariffe del rifiuti sono aumentate del 66,1 per cento, quelle dell’energia elettrica del 48,6 per cento. Poiché nell’analogo periodo l’inflazione è aumentata del 20 per cento, si è verificato un significativo impoverimento generale della popolazione.

Il balzo dei costi delle bollette, inoltre, ha colpito indiscriminatamente benestanti e fasce deboli della popolazione. Le tariffe non sono differenziate sui servizi di prima necessità, e le bollette divengono di fatto una tassa che colpisce ricchi e poveri allo stesso modo. Una mannaia sul capo dei meno abbienti.

In realtà, come quella siciliana, dove le fasce deboli sono più vaste, calcola Giorgio Cappello, presidente regionale della Piccola Industria, gli incrementi dei costi dei servizi hanno provocato una perdita secca dal 2008 ad oggi, a causa dell’inflazione, del 26,3 per cento del valore aggiunto nel settore manifatturiero, contro un “meno due per cento” del settore pubblico.

La Sicilia, peraltro, è la regione più pubblica d’Italia: comuni, ex province, Regione, Stato, gestiscono di tutto (acqua, rifiuti, trasporti, scuola, sanità, erogazione energia elettrica, gas, ecc.).

La relazione della Corte dei Conti sulla parificazione del bilancio 2014 postula perciò la necessità di una rimodulazione dei confini della gestione pubblica, rivelatisi costosa – come denuncia Federconsumatori – e di una concorrenza alle spese pubbliche nei servizi in ragione della diversa capacità contributiva.

La Corte traccia il percorso della privatizzazione, al fine di ridimensionare l’area pubblica da un lato, e una progressione tariffaria, alla stregua di ciò che avviene nel regime fiscale. Allargare, dunque, la partecipazione delle imprese private nell’erogazione dei servizi, rendendo giustizia nelle “bollette”, di fatto una tassa (nessuno può privarsi dell’acqua, dell’energia elettrica, della raccolta dei rifiuti, gestiti – peraltro – da società pubbliche).

Nelle aree a prevalenza pubblica, come la Sicilia, si registrano le maggiori resistenze alla rimodulazione del “confine” fra pubblico e privato, per usare il linguaggio della Corte dei Conti. Su questo tema si confrontano da qualche tempo, con scarso successo invero, comuni, ex province e Regione siciliana da una parte, la Confindustria, nelle sue articolazioni settoriali e territoriali, dall’altra in specie nei trasporti e nel trattamento del ciclo dei rifiuti.

Le ragioni delle resistenze all’allargamento del pubblico sono duplici: da un lato l’antica credenza che “pubblico è meglio”, perché il privato deve accumulare profitti dall’altro il valore politico della gestione dei servizi, che regala relazioni, clientele, apparati in un contesto difficile dove prevale la sfiducia verso i partiti e la politica.

Dovrebbe unicamente l’interesse dei cittadini, e cioè la qualità e i costi dei servizi, adeguati alla capacità contributiva. Il superamento dei tabù, dunque, e il disboscamento della galassia di enti e società controllati. La Corte dei Conti ha contato 325 new entry a livello nazionale, 165 dei quali costano ben 23 miliardi di euro anche se hanno speso il 20 per cento in meno.

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2 Commenti

  1. Prego l’articolista di venire ad Augusta (SR) a documentarsi sulla gestione privata di acqua e n.u..Si narra,tra l’altro, che il privato addebitasse il 7% in più su ogni bolletta per garantirsi un sostanzioso introito nel caso i cittadini, “presa coscienza”, tendessero a consumare meno H2O. Chiaramente deve poi avere il coraggio di riferire su questo sito.In attesa,Saluti.

  2. NOTA STORICA 1 – I siciliani dicono e/o credono di essere furbi e che nessuno è in grado di fregarli. In vero, da tempo (dal 1860) si fregano l’un con l’altro e continuano a farsi fregare da chi amministra la cosa pubblica (di livello comunale, provinciale, regionale e nazionale) fedelmente eletti dagli stessi. (Vedi altre note storiche nel blog “sicilia nuova era”).

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