E’ una Sicilia defedata quella che si avvia al voto del 10 giugno in 138 comuni su 390. Squagliata la neve invernale, la primavera mette in mostra tutte le crepe della maggioranza di centrodestra che rendono debole il governo regionale.
IL DEF è faticosamente riuscito a superare la prova dell’aula grazie all’esame di riparazione, il Disegno di legge di stabilità entrerà a sala d’Ercole il 23 aprile ad appena una settimana dal temine ultimo di scadenza dell’esercizio provvisorio, il presidente Musumeci- che è persona di indubbia dignità- sta pagando giornalmente il conto delle promesse clientelari fatte in campagna elettorale dai suoi alleati ed oggi impossibili da realizzare. Sta emergendo, grazie alle inchieste giudiziarie, il vecchio travestito da nuovo, come era facile prevedere conoscendo nomi e storie degli adepti alle Lega “nazionale” di Matteo Salvini. Siamo stati facili profeti nel prevedere che prima o poi il grido “arridatece il puzzone” si sarebbe levato dalle piazze e azzardiamo che il vituperatissimo Rosario Crocetta, al quale la magistratura rende giustizia rispetto ad episodi inquietanti, diverrà presto esempio di buon governo. Dato il clima, è difficilissimo prevedere cosa accadrà il 10 giugno in un turno elettorale che coinvolgerà città importanti come Catania, Messina, Ragusa e Trapani ma anche un largo numero di comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti. Le elezioni siciliane saranno probabilmente influenzate dall’intensissima primavera elettorale e dalla confusa vicenda della formazione del nuovo governo nazionale.
Il 22 aprile si voterà per le regionali in Molise, il 29 in Friuli- Venezia Giulia, entrambe regioni governate dal centrosinistra nella legislatura appena conclusa: sarà interessante vedere se si ripeterà il bipolarismo centrodestra M5S che ha caratterizzato le recenti elezioni politiche. Tornando alla nostra regione, il quesito di maggior interesse è se i grillini ripeteranno lo straripante successo del 4 marzo che li ha visti superare in Sicilia la media del 48%.
Nell’unico comune capoluogo, tra quelli al voto, amministrato dai Cinque stelle il sindaco uscente Federico Piccitto non si ricandiderà e il Movimento sta vivendo una fase assai travagliata, testimoniata anche dall’assenza di ragusani tra gli eletti grillini alla Camera ed al Senato. Astraendo dal caso singolo, l’interrogativo è se l’ondata plebiscitaria a favore del soggetto politico capeggiato da Di Maio si ripeterà- e in che misura- in un turno elettorale caratterizzato dalla numerosità dei candidati e dalla campagna porta a porta come sono le Comunali. Intanto, le scelte che si vanno compiendo negli altri schieramenti appaiono chiaramente segnate dall’esigenza di trovare le formule atte ad impedire che si ripeta la vicenda del 4 marzo. Preoccupazione riguardante in particolar modo il centrosinistra che sembra aver individuato nella riproposizione del “civismo” di Leoluca Orlando la formula con cui affrontare la tenzone: in questa direzione si sta muovendo esplicitamente il sindaco uscente di Catania Enzo Bianco che trova però nella stessa area una candidatura come quella di Sergio Abramo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, che potrebbe trovare molto spazio nel mondo cattolico.
Il centrodestra etneo ha messo invece in campo la corazzata Salvo Pogliese, attuale eurodeputato, con una storia profondamente radicata nella destra post missina e vicino al presidente della Regione. Candidato di disturbo in questo settore sarà Riccardo Pellegrino, consigliere comunale di Forza Italia, già segnalato tra gli “impresentabili” alle regionali ed attualmente coinvolto in un’inchiesta giudiziaria. Il Movimento cinque stelle che pure avrà un ruolo assai significativo nella partita, non ha ancora formalizzato la sua candidatura anche se circola il nome dell’avvocato Matilde Montaudo esperta in Diritto del lavoro. Anche l’ex sindaco di Valderice ed Erice e primo dei non eletti nel PD alle regionali, Giacomo Tanchida sembra intenzionato a seguire la via del civismo.
La situazione di Trapani è resa assai interessante dal fatto che entrambi i leader storici del centrodestra- Antonio D’Alì e Girolamo Fazio- da tempo l’un contro l’altro armati- sono fuori gioco in seguito a guai con la giustizia. Lo sfacelo del centrodestra in quella realtà è segnalato anche dalla notizia che il mancato assessore della giunta Musumeci Giuseppe Guaiana avrebbe scelto di appoggiare Tranchida. L’avversario più consistente del politico ericino, alla luce dei risultati del 4 marzo, apparirebbe il candidato sindaco pentastellato, ma- come si è ricordato- la legge elettorale per il sindaco è profondamente diversa da quella per le Camere e non è ancora noto se i grillini ricandideranno Marcello Maltese che nelle elezioni del giugno 2017 ottenne appena il 16,75% dei voti. Ha annunciato invece la sua discesa in campo, con un movimento civico, anche Peppe Bologna editore di Telescirocco. A Siracusa il sindaco uscente di centrosinistra Giancarlo Garozzo si ripresenta ma non è scontato che il PD lo appoggi. La sindacatura di Garozzo è stata fortemente contrastata in questi anni, ma ha resistito a più di una tempesta e le recenti vicende relative allo scandalo che ha coinvolto magistrati ed avvocati aretusei colorano di una luce particolare la prossima competizione elettorale. Lo schieramento di centrodestra sembra orientato a sostenere Ezechia Paolo Reale che fece un breve passaggio da assessore in una delle Giunte Crocetta, ma anche l’ex deputato regionale Vincenzo Vinciullo sembra intenzionato a scendere in campo. Tuttavia la domanda più rilevante riguarda i pentastellati che a Siracusa il 4 marzo hanno conseguito uno stupefacente 55,56% che li propone come il soggetto più titolato a gestire la prossima amministrazione comunale. Il movimento non ha ancora compiuto alcuna scelta ufficiale: sarebbe in pole position Silvia Russoniello. 43enne di Belvedere che gestisce una sala di ricevimenti, ma circolano anche i nomi di Giovanni Napolitano e Giovanni Randazzo. In sintesi, il leit motiv delle elezioni comunali del 10 giugno sarà lo scontro tra il M5S che si presenterà con il proprio simbolo per confermare il successo delle elezioni politiche, il centrodestra che deciderà, a seconda delle situazioni, se presentarsi come coalizione o con simboli locali ed il “civismo” che appare invece come la chiave di volta scelta dal centrosinistra ed in particolare dal PD per recuperare le recenti sconfitte delle regionali e del 4 marzo scorso. Una strategia tutta da verificare per un partito che in Sicilia non ha ancora saputo affrontare un’approfondita analisi critica ed autocritica delle ragioni delle ripetute debacle subite.