La figura di Chicchiarelli non venne approfondita nel corso dei processi sul sequestro e l’uccisione di Moro, cosa che sarebbe stata opportuna se si considera che lo stesso aveva collegamenti oltre che con la criminalità (Cosa Nostra e banda della Magliana),con estremisti di destra e di sinistra, la loggia P2, l’Opus Dei e i servizi segreti. Secondo il confidente del Sisde e dei carabinieri Luciano Dal Bello, soprannominato Gheddafi, Chicchiarelli era un esponente delle BR. Ed ancora il 14 aprile 1979 fu fatto ritrovare “casualmente” in un taxi a Roma un borsello con materiale vario riguardante il sequestro e l’omicidio Moro, l’omicidio Pecorelli e il depistaggio del lago della Duchessa, borsello che risultò appartenere al Chicchiarelli il quale però venne sostanzialmente lasciato ai margini del processo Moro anche quando vennero rinvenuti due spezzoni di foto scattate, quasi sicuramente da Chicchiarelli, all’interno del covo dove era tenuto prigioniero Moro. Il ruolo rivestito dal Chicchiarelli nella vicenda Moro e i motivi che lo spinsero a redigere il falso comunicato non sono mai stati accertati e chiariti. Un dato però è certo e cioè che questi era certamente a conoscenza dei retroscena della vicenda Moro. Il 28 settembre 1984 Chicchiarelli venne ucciso in un agguato a Roma.
Il possibile coinvolgimento della CIA nel sequestro Moro emergerebbe dalla vicenda che vide protagonista Aldo Semerari, direttore dell’ Istituto di criminologia dell’università di Roma, docente di psichiatria forense, più volte inquisito per terrorismo nero. Nell’estate del 1978 pervenne, indirizzata personalmente al Semerari, una lettera che lo stesso aprì e lesse insieme al suo collega Antonio Mottola. La lettera che era a firma di tale “Mister Brown” diceva che il sequestro e la morte di Moro erano riconducibili a “un complotto della CIA”. La lettera venne inviata al generale dei carabinieri Ferrara, ma non risulta che sul contenuto della stessa siano state effettuate particolari indagini. Nel luglio del 1981 Mottola venne assassinato dopo essere stato prelevato presso la propria abitazione da tre uomini. Aldo Semerari scomparve il 25 marzo del 1982 : il suo cadavere decapitato sarà ritrovato all’interno di una fiat 128, parcheggiata in viale Elena, a pochi metri dal municipio di Ottaviano.
Una circostanza strana si verifica il 14 giugno1986 allorquando un cittadino inglese, tale Martin Woodrow Brown muore mentre viene trasportato in ospedale a Pisa. Nella sua borsa vengono rinvenuti degli articoli in tedesco e in italiano che riguardano la camorra e le BR tedesche e italiane. Ma circostanza interessante è che nella borsa vi è anche una lettera inviata da Semerari a un funzionario della Criminalpol nella quale lo stesso annotava alcune sue valutazioni sulle Brigate Rosse. Ma chi era Woudrow Brown ? Era una spia, un mitomane un criminologo? Tra il materiale ritrovato nella borsa vi è anche un ritaglio di giornale dal quale risultava che Brown era stato fermato dalla Polizia di Dallas in occasione dell’assassinio di Kennedy, nel 1963. Si trovava a breve distanza dal luogo in cui si era trovata a transitare la macchina di Kennedy. Per gli inquirenti Brown era un mitomane con una passione per le indagini e nessun collegamento aveva con ambienti della criminalità e del terrorismo. Resta comunque il fatto, non spiegato, di come lo stesso fosse in possesso di una lettera di Semerari indirizzata alla Criminalpol e sulla cui autenticità gli inquirenti avanzarono qualche dubbio pur non escludendola.
La verità giudiziaria nei vari processi Moro si basò quasi esclusivamente sulla ricostruzione della vicenda che ne fece il brigatista Valerio Morucci nel suo c.d. memoriale, redatto in carcere con la collaborazione del giornalista democristiano Remigio Cavedon. Si è sempre ritenuto, sulla base della ricostruzione della vicenda effettuata dall’ex brigatista, che nel sequestro e nell’assassinio di Moro tutto fosse chiaro. Il memoriale fu visto con favore dalla DC e fu avallato dall’ex capo delle BR Mario Moretti nonché da una parte della magistratura. In realtà come osserva l’ex senatore Sergio Flamigni nel libro “Patto di omertà” il memoriale è un documento pieno di omissioni, di reticenze, di bugie, di vuoti e di ambiguità “che racconta una verità ufficiale menzognera dall’inizio ( la strage di via Fani) alla fine (la prigionia e l’uccisione di Moro”. In questo libro Sergio Flamigni, non solo ritiene del tutto inattendibile il memoriale ma afferma che lo stesso sarebbe il frutto di un” patto di omertà” stipulato dagli ex terroristi con settori politici, statali ed istituzionali. In altri termini il memoriale avrebbe avuto come finalità quella di impedire una ricostruzione completa e veritiera del sequestro e dell’omicidio del presidente della DC presentando delle lacune gravissime e dei quesiti ancora oggi privi di risposta. Nel memoriale si sostiene che la strage e i 55 giorni della prigionia di Moro vennero eseguiti e gestiti soltanto dalle BR senza l’intervento di complicità esterne, di manovre o trattative occulte.
In realtà come si è visto rimangono ancora alcuni aspetti oscuri della vicenda che non furono adeguatamente scandagliati e che possono così riassumersi :
- nessuno raccolse mai i numerosi avvertimenti che indicavano che proprio quella mattina Moro sarebbe stato rapito.
- Le linee telefoniche di buona parte di Roma restarono fuori uso durante il periodo del rapimento
- Il colonnello dei servizi segreti Guglielmi era presente al rapimento fornendo versioni contrastanti e smentite della sua presenza in via Fani la mattina del 16 marzo 1978
- A distanza di 39 anni dall’agguato vennero fuori alcune foto scattate sul luogo della strage e poi scomparse. Si tratta di 11 fotografie scattate da un ottico di via Stresa, Gennaro Gualerzi il cui esercizio si affacciava a metà della stradina che si snoda sull’incrocio-scena della sparatoria. Della esistenza di queste foto vi è traccia in un rapporto del Nucleo Operativo dei Carabinieri (allegato agli atti della prima Commissione Moro (voll. 30-39). Circa il numero di queste foto si rileva una correzione a mano che lo porta a 16 ma quelle effettive sono solo 11. Tra queste foto vi è l’immagine di Giustino De Vuono, un ex legionario vicino all’estremismo politico che nel 1975 partecipò insieme ad elementi di Autonomia operaia al sequestro dell’ing. Carlo Saronio. Il De Vuono venne riconosciuto da un testimone tale Rodolfo Valentino. Si ipotizzò che il De Vuono, presente sul luogo dell’agguato, non avesse partecipato all’azione di sequestro ma si trovasse sul posto con il ruolo di supervisore. La domanda che ci si pone è perché queste foto sparirono dagli atti per 39 anni?
- Nessuna spiegazione plausibile è stata data del fatto che la stampante utilizzata per la redazione dei comunicati delle BR proveniva da un ufficio riservato dei servizi segreti
- Non tutti i componenti il gruppo di fuoco dell’agguato sono stati identificati.
- Alcune delle borse che Moro portava sempre con sé, non furono prelevate dal commando brigatista. Però scomparvero ugualmente, e non se ne seppe più nulla.
- Non è stato accertato da chi Chicchirelli, componente della banda della Magliana, ricevette l’incarico di redigere il falso comunicato della Duchessa nel quale, come si è detto, si diceva che il cadavere di Moro era stato sepolto in tale lago. Chicchiarelli, che venne ucciso a Roma nel 1984, era in effetti in contatto con le BR e quasi sicuramente si era recato nel covo in cui era tenuto prigioniero Moro. La banda della Magliana, alla quale Chicchiarelli apparteneva, era legata al terrorismo nero, alla mafia, a Giusva Fioravanti, all’aristocrazia nera romana, a Flavio Carboni, a Francesco Pazienza e a Pippo Calò. Nessuna indagine risulta essere stata effettuata al fine di accertare quale fosse il nesso tra questi personaggi e le Brigate Rosse e il ruolo dagli stessi avuto nella vicenda Moro.
.Da quanto fin qui, sia pure sinteticamente detto, si intuisce nella vicenda del sequestro e della uccisione di Moro, un intreccio perverso, ancora oggi oscuro, tra varie componenti, quali servizi di sicurezza anche stranieri, criminalità comune ed organizzata, massoneria, interessi transnazionali. . E non è senza significato il fatto che il comitato costituito presso il ministero dell’Interno per seguire la vicenda del sequestro Moro era quasi completamente costituito da esponenti piduisti che con l’assassinio di Moro verosimilmente perseguivano gli interessi delle suddette componenti. In ogni caso la vicenda Moro non potrà mai essere compresa a fondo se non verrà vista avuto riguardo al contesto internazionale in cui maturò il delitto : una dimensione senza cui esso è condannato a restare inintelligibile.
(Fine)
Prima parte,
1/ Via Fani, 16 marzo del 1978. I segreti inesplorati sul caso Moro