Venerdì prossimo, 27 febbraio, all’Auditorium della Rai di Palermo sarà presentato, a partire dalle 18, “Lampi di memoria” di Melinda Zacco. Ne discuteranno, alla presenza dell’autrice, Adelfio Elio Cardinale, Manlio Corselli, Luciana Pitini Vincenti, Salvatore Cusimano farà da moderatore.
Sarà un’occasione per ricordare la Grande Guerra, a un secolo di distanza dall’anno dell’adesione italiana. Sì, perché il libro della Zacco accende i riflettori sul primo conflitto bellico, e in particolare su come venne vissuto in Sicilia e a Palermo. E lo fa con lo stile che caratterizza i tanti scritti dell’autrice: il gusto degli aneddoti, la curiosità che spazia in vari campi condiscono la narrazione dei fatti. Il titolo, “Lampi di memoria”, è suggestivo e azzeccato: da un lato richiama i fulmini nefasti di una guerra che trasuda ancora ataviche ferite, dall’altro rimanda alle schegge, ai frammenti dei ricordi tuttora vivi e densi di commozione.
Nel suo libro la Zacco fa rivivere le emozioni, le paure, i sentimenti patriottici di una guerra che contò milioni di morti, tantissimi italiani (16.800 ufficiali e 570.000 soldati), e tra gli italiani la maggior parte meridionali. La scrittrice e giornalista palermitana ci riesce raccogliendo testimonianze inedite, quale quelle del palermitano Francesco Sineri, il cui padre Michele fu protagonista in trincea della Grande Guerra: ‹‹Da quella terribile guerra mio padre ne uscì vivo, ma gravemente danneggiato mentalmente…I ricordi di mio padre erano sempre ricchi di una inevitabile sofferenza. Ricordo i suoi occhi quando parlava dei suoi compagni che vedeva morire attimo per attimo senza poter fare nulla››. O anche attraverso le lettere strazianti dei soldati, nelle quali affiorano la forza della fede e il calore degli affetti familiari: ‹‹Forti, si deve essere forti nel soffrire finché la fibra resiste. Prego, prego, prego e mi sento più tranquillo, più forte e la speranza si rinnova››, ‹‹Mamma carissima, pochi minuti prima di andare all’assalto ti invio il mio pensiero affettuosissimo…col tuo aiuto, coll’aiuto di Dio, da te fervidamente pregato, il mio animo è sereno››.
I libri della Zacco nascono sempre da ricerche minuziose e, grazie a esse, ci consegnano memorie ricche di palpitante umanità. Così anche in “Lampi di memoria”. Nel libro si omaggiano due categorie professionali che offrirono un contributo non irrilevante alla guerra: i carabinieri, di cui si ricorda la figura del siciliano Antonio Bonsignore (porta il suo nome la caserma palermitana di via Vittorio Emanuele); i giornalisti, le cui cronache di guerra furono scritte in trincea col costo tante volte della vita, come fu per i siciliani Nino Florio Caravaglios, Ettore D’Agata, Ignazio Ferro, Vincenzo Picardi e per quegli altri cronisti menzionati dalla Zacco e disseppelliti da un ingiusto oblio.
Lo sguardo indagatore della Zacco si sofferma anche sui nobili siciliani che parteciparono alla Grande Guerra spesso con comportamenti eroici, e tra di essi (seppure non avesse inclinazioni belliche) su Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e sulle donne. Le donne, in quel conflitto, ebbero ruoli tutt’altro che secondari: si distinsero nell’assistere i feriti e nelle famiglie esercitarono compiti di amministrazione sostituendosi ai mariti impegnati sul campo.
Il segno della Grande Guerra suggellò Palermo non solo nelle rovine, nei tanti edifici, non pochi di pregio artistico, crollati, ma anche nell’architettura che, soprattutto nel periodo fascista, volle ricordare, con lapidi e monumenti, i caduti. La Zacco ce ne offre un’interessante illustrazione.
La ricerca della Zacco sconfina persino nel folklore rivelandoci che il canto siciliano più noto, “Vitti ‘na crozza”, il cui testo ha un contenuto assai dolente sebbene accompagnato da un posticcio e inappropriato ritornello musicale, risale con ogni probabilità alla Grande Guerra: secondo attendibili ricostruzioni lo intonavano i soldati siciliani nelle trincee del Carso o nella battaglia del Piave.
Il libro della Zacco, anche perché scorrevole e di facile lettura, potrebbe essere adottato nelle scuole affinché il ricordo di quell’”inutile strage” sia ai giovani da monito sull’atrocità della guerra.











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