Che cosa cambierà in Sicilia con Sergio Mattarella al Quirinale? È una domanda che in questi giorni si pongono in tanti, nei bar e nelle stanze dei bottoni. Oggetto di analisi o di semplice conversazione, la presenza di un siciliano al Colle pone qualche interrogativo e divide.
La risposta non è mai netta, univoca. Si preferisce il condizionale, si evocano scenari. Gli scettici affermano che non cambierà proprio nulla, ma ammettono che il Presidente della Repubblica possa influenzare le istituzioni siciliane attraverso la moral suasion. Poco o niente, dunque.
Sergio Mattarella, è opinione comune, rimarrà lontano mille miglia dalle vicende politiche siciliane, a meno che esse non lo coinvolgano, circostanza eccezionale. Del resto è da parecchi anni, ancor prima venisse eletto dal Parlamento giudice costituzionale, che Mattarella si tiene a debita distanza dalle questioni isolane.
Da giudice costituzionale questa distanza si è allargata, ma nell’unico episodio che invece è stata abbattuta, Mattarella ha modificato in modo sostanziale una norma di grande rilievo dello Statuto speciale, quella che mantiene in Sicilia il Commissario dello Stato. E questo ci riconduce al punto nodale. Da membro della Consulta, Sergio Mattarella, ha esercitato in pieno il suo ruolo, occupandosi della Sicilia. E’ stato lui ad aprire il “fascicolo”, lui ad istruirlo, lui a redigere la sentenza che abolisce il Commissariato dello Stato.
Sulla decisione in Sicilia, com’è noto, si sono avuto reazioni contrapposte. Alcuni hanno plaudito, altri hanno dissentito. I primi credono che l’abolizione ridia la sovranità al Parlamento regionale, sottoposto alle censure di un Prefetto, i secondi, invece, pongono l’accento sulla “normalizzazione”: la Sicilia è stata allineata alle regioni a stastuto ordinario, che non hanno né Commissario di governo, né commissario dello Stato.
Qual era la intenzione di Mattarella, normalizzare o regalare sovranità? Anche su questa domanda, le risposte non sono univoche, tutt’altro. Una cosa è certa, il Presidente della Repubblica non è stato mai tenero con le istituzioni siciliani ed ha manifestato, in passato, più volte con accenti severi, la sua contrarietà.
Se le cose stanno così, allora, in Sicilia dovranno stare con due piedi in una scarpa. Più attenzione e più rigore verso la propria terra. Si pretende di più e di meglio da chi si ama.











Il Commissario dello Stato è ancora una figura vigente in Sicilia e tuttora vigenti sono le norme dello Statuto che gli attribuiscono il potere d’impugnativa delle leggi e di scioglimento della Assemblea regionale per persistente violazione del presente Statuto.
Per poter realizzare l’auspicio che il nuovo presidente siciliano e palermitano possa contribuire al “cambiamento”, è necessario che si creino le condizioni affinché oltre ad avere il preciso compito di seguire le sorti istituzionali del paese che rappresenta, possa seguire con un occhio diciamo favorevole le evoluzioni sociali, culturali, politiche ed economiche di una terra che oltre ai natali gli ha dato gioie e dolori e a cui sembra attaccatissimo.
Il presidente di suo pugno e di sua iniziativa potrà fare ben poco, il compito e l’impegno gravoso e l’eventuale prospettiva da “sfruttare” spetta ai siciliani che dovranno fare i così detti compiti per benino e con un piglio evidentemente ben diverso da quello avuto sino ad oggi. Quindi fatti più concreti, coerenti e con una fase di sviluppo seria; solo a quel punto potremmo “stimolare” quel cuore siciliano che sentiamo batte e forte nel nostro presidente.
Un caro saluto
Massimo M.
L’unico modo per i Siciliani di rialzare la testa è quello di andare in centinaia di miglia a Palazzo D’Orleans. La verità è che non si muove quasi nulla, Palermo è un po’ come Roma nelle recenti notizie ma vecchie abitudini. Qui tutti pappano alla grande e lasciano il resto della Sicilia a marcire.
Sono i cittadini che devono prendere in mano la situazione con qualcosa che non si è mai visto dal dopoguerra altrimenti non cambierà nulla.
“Che cosa cambierà in Sicilia con il siciliano al Colle”?
E’ legittimo porsi la domanda ed è altrettanto legittimo cercare delle ragionevoli risposte. Dicono che sia poco gradevole replicare ad una domanda con un’altra domanda ma per fare un legittimo ricorso all’esperienza ed alla ragione, per analogia, mi sembra quantomeno opportuno chiedersi: “Che cosa è cambiato a Napoli con il napoletano Napolitano al Colle?”.
Napolitano è eletto Presidente della Repubblica il 15 maggio 2006. La crisi dei rifiuti in Campania ed a Napoli ha il suo zenit nel 2007 in pieno Governo Prodi.
Quali cambiamenti possiamo aspettarci? Dubito! Fortemente ed intensamente dubito che la Presidenza della Repubblica possa essere motivo di cambiamento per il terri