Suicidi, gay, pedofilia e mafia
secondo il vescovo di Acireale

Suicidi, gay, pedofilia e mafia <br /> secondo il vescovo di Acireale

Crisi economica, mafia, pedofilia, unioni civili. Monsignor Raspanti non si tira indietro e parla di tutto. Senza nascondere la solidità dei propri convincimenti, ma dimostrando al contempo la voglia di non fuggire davanti a questioni che dominano l’attualità. Temi che, a più riprese e a vario titolo, toccano anche la Chiesa. Cinquantacinquenne nativo di Alcamo, Nino Raspanti è stato nominato vescovo di Acireale nel luglio del 2011 da papa Benedetto XVI.

Tra qualche giorno ricorrerà il terzo anno del suo insediamento. Che città è Acireale?

“La città che ho trovato vive un periodo di profonda difficoltà. I problemi li notiamo giorno dopo giorno, non sono un fenomeno recente. Sono decenni che la città è ferma. Acireale ha un passato glorioso e nobile, ma questo dato paradossalmente non fa che aggravare la constatazione”.

In che modo?

“In una città che vive nel ricordo di un passato andato, le difficoltà vengono percepite maggiormente. Ho la sensazione che si sia persa la capacità di credere nel futuro, di vivere la propria vita aspirando alla realizzazione di un progetto. In tal senso, le istituzioni, che avrebbero dovuto fungere da punto di riferimento, non hanno facilitato il compito delle persone, che via via si sono sentite sempre più sole, abbandonate”.

Ad Acireale, negli ultimi mesi, si sono registrati diversi suicidi.

“Non è una casualità, l’incidenza è tale da obbligare a una riflessione. Personalmente ho avuto modo di parlare con professionisti nel settore della salute mentale, i quali, alla luce dei dati che possiedono, hanno espresso delle preoccupazioni. Non ho conosciuto nessuno delle vittime di questi mesi, ma a livello generale posso dire che la nostra città ha sviluppato negli anni la diffusione di sentimenti come la paura e lo sconforto. Fattori che possono condurre le persone, specialmente i più giovani, verso la disperazione”.

C’è chi, nel tentativo di trovare una spiegazione, ha parlato di sette sataniche attive sul territorio.

“Sono voci che mi sono giunte già qualche anno fa, in occasione di un altro suicidio. Non ho dati ufficiali, ma i segnali che mi arrivano mi portano a dire che negli ultimi tempi stanno proliferando attività a metà tra l’occulto, il paranormale e il magico. Tutte tematiche che, pur non essendo direttamente collegate con le derive criminali, fanno comunque parte di un mondo che oserei definire a vasi comunicanti, un universo scivoloso, dove i più fragili possono andare incontro a conseguenze anche gravi”.

Negli scorsi giorni, la Chiesa ha preso posizione nei confronti dello sfruttamento dei rituali religiosi da parte della mafia e papa Francesco ha minacciato la scomunica. Lei già l’anno scorso invitò i sacerdoti a non celebrare i funerali ai mafiosi.

Sì, in molti mi hanno conosciuto per questo, ma non sono stato di certo il primo ad aver preso una posizione simile.

Di recente ha dichiarato che da queste parti c’è una minore coscienza del fenomeno mafioso rispetto alla Sicilia Occidentale.

“Ho la sensazione che la coscienza a livello personale e privato ci sia. È sul piano pubblico e istituzionale che sembra che ci si rapporti con il fenomeno mafioso con poca consapevolezza di quanto possa essere radicato e pericoloso. Un tempo si pensava che l’importante era starne alla larga, che bastava quello per non avere problemi. Ma la storia ci ha dimostrato che non è così: la mafia corrode e tarpa le ali di ognuno di noi, nessuno ne è esente. E per questo va combattuta”.

Si dice spesso che bisogna lottare la mafia, poi tutto sembra rientrare. La nostra cultura è realmente pronta a una ribellione?

“Io credo che la paura – sentimento più che comprensibile – sia diffusa e freni molti a impegnarsi in prima persona, ma allo stesso tempo ritengo che ribellarsi sia fondamentale e la forza deve arrivarci proprio dal sangue versato da chi ci ha creduto in questa battaglia. Non credo sia un processo che possa coinvolgere sin dall’inizio le masse, ma alcune elite che, con la propria testimonianza, possono diffondere la fiducia nel cambiamento”.

Sulla parola ‘cambiamento’, il neosindaco Roberto Barbagallo ha incentrato l’intera campagna elettorale.

“Sono giovani e possono rappresentare una speranza. Di certo possono fare la loro parte. Come? Iniziando a dare il buon esempio, imponendosi un codice di trasparenza, avvicinando la burocrazia alle persone ma soprattutto mettendo fine all’idea che per ricevere qualcosa bisogna essere amico dei politici”.

Nel giro di pochi anni, la diocesi di Acireale è stata interessata da due casi di pedofilia. Il primo proprio qui in città, il secondo a Randazzo dove qualcuno la accusa di non aver preso gli opportuni provvedimenti.

“Su questa storia sono state scritte diverse inesattezze. Il sacerdote di Randazzo ha rassegnato le sue dimissioni all’indomani della condanna in primo grado. Da parte mia, posso dire che da quel che mi risulta anche la magistratura non ha notato negligenze nel mio operato”.

Sì, ma forse sarebbe potuto intervenire prima della sentenza.

“Si sarebbe trattato di una misura cautelativa che però non era suffragata da sufficienti elementi oggettivi. Quando mi insediai e venni a conoscenza della storia, parlai con il ragazzo e gli chiesi di fornirmi tutti quegli elementi che potevano suffragare la sua tesi. La Chiesa, con il suo codice giuridico, ha compiuto il proprio percorso, ma ciò che è emerso non è stato sufficiente per stabilire che bisognava intervenire in maniera preventiva. Quando ho riferito ciò al ragazzo, chiedendo se avesse altri elementi, mi ha risposto di non averne e dunque si è deciso di mettere in stallo, per il momento, l’intero iter”.

Nel caso di don Carlo Chiarenza, però, prese una posizione più netta.

“Era una situazione diversa. In quell’occasione, mi vennero presentati elementi di un altro spessore, circostanze tali da consentire determinati provvedimenti. Nel caso di Randazzo, non ho avuto alcuna preclusione, ma la Chiesa, come ho già detto, ha un suo ordinamento giuridico ed è a esso che ho fatto riferimento”.

C’è chi pensa che l’abolizione del celibato dei preti potrebbe essere un modo indiretto per arginare il fenomeno della pedofilia all’interno della Chiesa.

“Non credo ci sia alcuna correlazione tra le due cose. Per quanto riguarda la possibilità di abolire il celibato dei sacerdoti, posso dire che trattandosi non di un dogma ma di un atto disciplinare, si potrebbe un giorno decidere di modificare la norma. La chiesa cattolica orientale, per esempio, consente al vescovo di ordinare uomini sposati”.

A maggio ha preso parte a un incontro religioso con esponenti di altre confessioni presenti in Sicilia. Nella consapevolezza che il mondo di oggi è sempre più interculturale, non è giunto il momento di studiare a scuola la storia delle religioni, abolendo l’ora di religione cattolica?

“Non la vedo così. Si può discutere sui programmi e sono dell’opinione che se una minoranza religiosa, comunque largamente rappresentativa di una parte della popolazione che risiede in Italia, volesse trasmettere la propria conoscenza a scuola bisognerebbe darle la possibilità di farlo. Ma per il resto sono contrario all’idea che la religione vada insegnata da una prospettiva laica. La religione è passione, non sono d’accordo con chi parla di un approccio secolarizzato al suo studio”.

In Italia ha ripreso banco il tema delle unioni civili. Parlarne non può prescindere dall’affrontare la questione omosessualità. Una coppia gay non deve avere lo stesso diritto di una etero di creare un percorso comune?

“Si tratta di un problema è delicato. La materia è vasta e sbaglia chi la tratta con leggerezza. Io parto da un punto fermo: se si vuole far passare l’idea che la determinazione sessuale è un optional, e per questo dunque si può pensare a un’equiparazione tra famiglia tradizionale e unioni omosessuali io mi ribello”.

Perché?

“Non è così, perché entra di mezzo la generatività, la logica che sovrintende la sopravvivenza del genere umano sulla Terra”.

Una coppia etero che decide di non procreare dovrebbe quindi imbattersi negli stessi problemi di una coppia gay?

“No, a me non importa la scelta. Lì c’entra la libertà. Quello di cui parlo io è un problema di principio, una questione filosofica. La combinazione tra due persone dello stesso sesso non è equiparabile a una coppia etero. Non voglio dare giudizi morali, ma l’unione eterosessuale ha uno sbocco di generatività”.

Quindi nessun diritto alle coppie omosessuali?

“Se riconosciamo che parliamo di due piani diversi, se parliamo di due persone che si vogliono bene, che si stanno accanto e fanno quello che gli pare, allora da questo punto di vista credo che sia giusto ragionare sulla possibilità di lavorare su un ampliamento dei diritti individuali. Ma sulle unioni civili, tengo a dire che i problemi riguardano anche le coppie etero”.

In che senso?

“Beh, di recente ho avuto una discussione con lo stesso Crocetta. Prendiamo per esempio, il diritto alle case popolari. Dare una casa a una coppia che rifiuta, anche davanti allo Stato, di ufficializzare la propria unione, credo sia un errore, perché si dà un bene pagato con le tasse della società a due persone che sin dall’inizio non sono disposte a dichiarare la volontà di voler continuare insieme sul lungo periodo”.

Stabili o precari, etero o gay… non si rischia di dimenticarci che si parla comunque di amore?

“Infatti io non vieto di amare; io non sono d’accordo con lo scimmiottare ciò che non si è. Dico: abbiate il coraggio di essere ciò che siete, ma fermatevi lì”.

  1. […] “Movimenti tellurici” sconvolgono la diocesi di Messina. Dopo l’articolo de Linkiesta di lunedì 21 settembre, dove si dava conto dell’imbarazzo in Vaticano che aveva creato l’arresto di Salvatore Bucolo, sindaco di Mazzarrà Sant’Andrea, sono iniziate a cadere le prime teste: a dimettersi è stato il numero uno della diocesi, monsignor Calogero La Piana, che sarà sostituito, come amministratore apostolico, dal vescovo di Acireale Antonino Raspanti noto per la sua lotta contro la mafia. […]

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  2. Conosco il vescovo e lo ammiro anche in questa circostanza per la sua coerenza e coraggio, infatti oggi per parlare di unioni gay ci vuole coraggio da leoni, basta che li si nominino e strepitano ad oltranza!
    Oggi i giovani non vogliono sposarsi e preferiscono convivere e solo i gay inneggiano al vincolo! Chi ci capisce è bravo, poi avremo pure le separazioni, i divorzi gay…
    davvero rivoluzionario oggi dire ciò che ha detto padre nino!
    Il sig. Fabio Sbattezzato…che tristezza…

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    • Ci vuole solo un po’ di materia grigia per capire che l’equiparazione dei diritti è l’unica via d’uscita contro la discriminazione, contro l’omofobia, contro l’ignoranza. Il problema è che non volete capire un bel niente. Anche a tanti gay non importa un bel niente del matrimonio o di avere figli. Se oggi i giovani non vogliono sposarsi non vuol dire che tale diritto non debba essere riconosciuto alle coppie omosessuali che desiderano assumerne i diritti e doveri relativi all’unione ufficiale. Vuole che glielo spiego in altre parole????? Comunque per cominciare una volta è per tutte separate il MATRIMONIO CIVILE e il MATRIMONIO RELIGIOSO!

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  3. Una società con la sindrome di stoccolma che permette ai ministri di un altro Stato di perpetrare nel nostro controllo, divisione ed esclusione sociale, ma si può? L’Italia è sotto ostaggio della religione con vescovi, preti e altri frutti di quell’organizzazione piramidale monarchica (non compatibile con una repubblica democratica) che dall’alto di una chiesa sterile si arrogano il diritto di parlare di famiglia impedendo ad alcuni di formarla, soprattutto con l’arma dell’ingerenza politica. Poi ci parla di lotta alla mafia: l’ingerenza della chiesa nello stato è mafia!! Sig. Raspanti (senza monsignore o padre, da sbattezzato ne disconosco la carica) se non gioca al gioco, non faccia le regole: si sposi, faccia figli e poi parli di generatività!

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  4. La famiglia in generale è formata da marito moglie e figli. questo è stato l’intento del legislatore. Due persone che si accoppiano per poter procreare, la cosa più naturale che esista. Ed anche i figli possono avere un padre ed una madre con i loro ruoli al maschile e al femminile (cosa da non trascurare). Sono in grado gli omosessuali di procreare fra di loro???? Possono stare insieme e questo non glielo vieta nessuno, si possono trovare delle leggi che riguardino l’aspetto economico e le eredità, ma non potranno mai essere una famiglia.

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    • Un uomo e una donna che si accoppiano per procreare è la cosa più naturale che esista, sono d’accordo. Però se questa ovvietà viene utilizzata per respingere il fatto che le famiglie delle coppie omosessuali siano famiglie, allora tale affermazione diventa parziale e ipocrita.

      1)Le persone eterosessuali sterili, così come quelle eterosessuali che non vogliono avere figli… non fanno figli. Eppure loro, ovviamente, possono sposarsi. Se loro non fanno figli e possono, dovrebbe essere permesso anche a me ma non lo è. Questo dimostra che la capacità/volontà di fare figli o meno non c’entra niente col diritto di sposarsi (cosa che tra l’altro la corte costituzionale ha chiarito già da moltissimi anni). In realtà quella della procreazione, per i più, è solo una comoda scusa. La cosa a cui realmente si è contrari non è il fatto che a sposarsi sia chi non fa figli, perché accade già e nessuno si lamenta: la cosa a cui si è contrari è il fatto che a sposarsi siano due uomini e due donne. E dietro al fatto che non si ritengano famiglie le coppie omosessuali, c’è lo stesso motivo. Non la procreazione.

      2)Anche perché, di coppie omosessuali con figli, ce ne sono tante. Ora, lungi da me il non voler rispettare le sue idee sulla famiglia, ma mentirei se non le dicessi che secondo me fanno acqua più di un colabrodo. Lei mi sta dicendo che un uomo e una donna che possono procreare (e dunque, secondo lei, sposarsi) sono una famiglia. Invece, due uomini con un figlio, no (perché quel figlio è figlio biologico di uno solo dei due). Lei mi sta dicendo che un uomo sposato con una donna per soldi (magari l’ottavo o il nono marito) possono essere una famiglia perché procreano… mentre quell’uomo, il suo compagno, e il bambino che crescono insieme, no. “Non potranno mai essere una famiglia”, parole sue. E allora le chiedo: su cosa si dovrebbe basare una famiglia, moralmente parlando, se non sull’affetto e sulla cura reciproca? Ora, io posso capire tutte le contrarietà di questo mondo, ma qui non si tratta di essere favorevoli o contrari, si tratta di obiettività. Le famiglie formate da coppie omosessuali con figli ci sono (e a differenza di quanto lei afferma parlando di ruoli maschili e femminili, tutte le ricerche serie dimostrano che questi bambini crescono bene come gli altri). Di fronte a questo fatto, con tutto il rispetto, il legislatore dovrebbe solo ‘inchinarsi’ umilmente. E uso la parola ‘inchinarsi’ per ricalcare quanto detto da Aldo Moro sulla famiglia, in sede di Assemblea Costituente in un intervento sull’articolo 29, quello che appunto riguarda il matrimonio e l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. In quell’articolo la famiglia viene definita “società naturale” ma non naturale in senso biologico, bensì in senso antropologico, naturale nel senso di pregiuridico, preesistente allo stato. Così, aggiungo io, come le coppie omosessuali, i loro amori, e i loro figli (e aggiungo anche che l’omogenitorialità non è un fattore solo umano ma è spontaneamente presente in natura, seppur raramente). Le cito le parole di alcuni padri costituenti sul concetto di famiglia come società naturale, forse le consentiranno di capire meglio il mio punto di vista.

      Aldo Moro: “La famiglia è una società naturale. Che significa questa espressione? Escluso che qui «naturale» abbia un significato zoologico o animalesco, o accenni ad un legame puramente di fatto, non si vuol dire con questa formula che la famiglia sia una società creata al di fuori di ogni vincolo razionale ed etico. Non è un fatto, la famiglia, ma è appunto un ordinamento giuridico e quindi qui «naturale» sta per «razionale». D’altra parte, non si vuole escludere che la famiglia abbia un suo processo di formazione storica, né si vuole negare che vi sia un sempre più perfetto adeguamento della famiglia a questa razionalità nel corso della storia; ma quando si dice: «società naturale» in questo momento storico si allude a quell’ordinamento che, perfezionato attraverso il processo della storia, costituisce la linea ideale della vita familiare. Quando si afferma che la famiglia è una «società naturale», si intende qualche cosa di più dei diritti della famiglia. Non si tratta soltanto di riconoscere i diritti naturali alla famiglia, ma di riconoscere la famiglia come società naturale, la quale abbia le sue leggi e i suoi diritti di fronte ai quali lo Stato, nella sua attività legislativa, si deve inchinare. Vi è naturalmente un potere legiferante dello Stato che opera anche in materia familiare; ma questo potere ha un limite precisamente in questa natura sociale e naturale della famiglia.”

      Giorgio La Pira: “Sin dall’inizio dei lavori della Sottocommissione, nella stesura della Costituzione, si è detto che la fondamentale preoccupazione è quella di negare la teoria dei «diritti riflessi», che fu il fondamento dello Stato fascista. Lo Stato fascista, infatti, aveva come suo fondamento la teoria giuridica che tutti i diritti sono creati e concessi dallo Stato, che può ritirarli in qualunque momento. Negando questa teoria, si vuole affermare che lo Stato non fa che riconoscere e tutelare dei diritti anteriori alla Costituzione dello Stato, che sono diritti dei singoli, diritti delle società o comunità naturali. Con una dichiarazione come quella proposta, ci si ricollega alla cosiddetta tradizione giuridica occidentale che da Aristotele, attraverso il Cristianesimo, è arrivata fino ad oggi. Affermando che la famiglia «è una società naturale» – oppure «di diritto naturale», secondo la proposta del Presidente – si afferma che la famiglia è un ordinamento giuridico e che lo Stato non fa che riconoscere e proteggere questo ordinamento giuridico anteriore allo Stato stesso.

      Lodovico Benvenuti: “Qui, onorevoli colleghi, abbiamo la restaurazione del diritto naturale sulla forma positiva. Il concetto è evidente: prima dello Stato, indipendente dallo Stato, esiste un diritto acquisito dei cittadini, e della famiglia in particolare, che resiste al diritto dello Stato, di fronte al quale lo Stato non ha libertà di scelta; nel quale, quindi, il diritto dello Stato non può e non deve intervenire; e, ove lo faccia, lo farà in virtù della forza di coazione di cui è munito, ma violando il diritto. Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, l’articolo 147 del Codice civile fascista, ove si diceva che l’educazione e la istruzione della prole devono essere conformi al sentimento nazionale fascista: il che significava che i genitori italiani, per essere in regola con la legge, dovevano educare i loro figliuoli a detestare la libertà e a servire l’oppressione. Queste sono le aberrazioni a cui può arrivare una legislazione, quando dimentichi che la famiglia è una società di diritto naturale.”

      Umberto Merlin: “Noi diciamo che questo concetto è affermato con le parole «la famiglia è una società naturale», per dimostrare questa semplice verità che la famiglia ha dei diritti primordiali, propri, che lo Stato non deve concedere come una graziosa concessione, ma che deve semplicemente riconoscere perché sono preesistenti alla sua organizzazione.”

      Non voglio certo affermare che i costituenti contemplassero il matrimonio gay e la coppie omosessuale come famiglia. Voglio solo dire che, vista l’effettiva presenza di coppie gay e famiglie coppie gay con figli, alla luce dell’adeguamento del concetto di famiglia nel corso della storia, lo stato dovrebbe fare ‘lo sforzo’ di riconoscere l’esistenza di quelle famiglie. Riconoscerle come famiglie viene addirittura prima dell’uguaglianza formale, perché le nostre famiglie, come tutte le altre, come diceva Merlin hanno dei diritti primordiali “che lo Stato non deve concedere come una graziosa concessione, ma che deve semplicemente riconoscere perché sono preesistenti alla sua organizzazione.” Mi scusi per la pappardella.

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  5. ….mi piacerebbe incontrare il vescovo di acireale e poter discutere faccia faccia su determinati argomenti.. mi chiedo con quale diritto si possa giudicare o stabilire quale sia l’esatto modo di vivere l’amore…dal mio punto di vista amare vuol dire donarsi …c’è chi si dona aDio come nel suo caso, chi sceglie di amare il prossimo, chi di creare una famiglia etero o omo

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    • ….mi piacerebbe incontrare il vescovo di acireale e poter discutere faccia faccia su determinati argomenti.. mi chiedo con quale diritto si possa giudicare o stabilire quale sia l’esatto modo di vivere l’amore…dal mio punto di vista amare vuol dire donarsi …c’è chi si dona aDio come nel suo caso, chi sceglie di amare il prossimo, chi di creare una famiglia etero o omo

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  6. A proposito di coraggio, mi chiedo con quale coraggio morale il vescovo si permetta di insinuare che le coppie omosessuali ‘scimmiottino’ quelle eterosessuali. Ritengo normale, in Italia, che un vescovo abbia delle posizioni retrograde su questo tema, ma penso che anche nella contrarietà si potrebbe avere almeno un minimo di rispetto per rivendicazione sociale delle coppie omosessuali. Una rivendicazione che, favorevoli o meno, si incentra sul principio di uguaglianza di fronte alla legge. Un argomento importante che tocca in profondità il cuore della democrazia e dello stato liberale. Un argomento che qualsiasi persona seria non affronterebbe mai utilizzando termini come ‘scimmiottare’. E il tutto assume un contorno ancora più tragico se si pensa a ciò che l’uomo ha detto prima, ovvero il riferimento al ‘se si vogliono bene’. Visto che le coppie gay volendo sposarsi starebbero ‘scimmiottando’ quelle etero (anche le coppie interraziali scimmiottarono quelle di bianchi?), evidentemente se ne deduce che, a differenza dei diritti individuali, il matrimonio non è più un istituto basato sul volersi bene, bensì sulla presenza di un pene e di una vagina (per procreare ma anche no, visto che chi non vuole procreare si può sposare lo stesso). Bella roba. Ve lo assicuro: noi gay, i valori del matrimonio, li abbiamo sicuramente più a cuore e li viviamo certamente di più di quest’uomo.

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  7. NON E’ IL CASO CHE IL SIG.CARAPEZZA RIPETA DUE VOLTE L’AMMIRAZIONE VERSO IL VESCOVO DI ACIREALE….ALCUNI PRETI HANNO LE LORO OPINIONI!!
    BENE LE UNIONI CIVILI. LE COPPIE GAY DEVONO AVERE GLI STESSI DIRITTI DELLE COPPIE “TRADIZIONALI”!!

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  8. Che tristezza leggere che esistono ancora sacerdoti così pieni di pregiudizi e rancore. La famiglia esiste là dove c’è amore. Se due persone omosessuali si amano, sono una famiglia. Le unioni civili sono necessarie.

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  9. Paolo Emilio Carapezza 16 luglio 2014, 13:18

    Sono d’accordo col Vescovo di Acireale. Lo ammiro e gli auguro buon lavoro.

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  10. Paolo Emilio Carapezza 16 luglio 2014, 13:17

    Sono d’accordo col vescovo di Acireale. Parla bene e chiaro. Lo ammiro.

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