Non lo vogliono né il Presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, né il Presidente della Regione, Nello Musumeci. Se indossasse una maglia e si trovasse su un terreno di gioco, Vittorio Sgarbi non potrebbe che andare in panchina e togliersi di mezzo, ma stiamo a Palazzo d’Orleans, e Sgarbi è l’assessore ai Beni culturali. Il coach conta fino a un cero punto. Non a causa della sua debolezza caratteriale. C’è da salvaguardare il galateo politico. Il “giocatore” in campo resta dov’è se non vuole sedere in panchina.
Il governatore potrebbe, tuttavia, spogliarlo della sua funzione senza chiedere il permesso a nessuno, anche al Presidente dell’Ars, che con la composizione dell’esecutivo non ha niente a che vedere, ma non ci pensa nemmeno, almeno finora, perché si tratterebbe di un provvedimento inusuale, l’arma estrema. Diverrebbe un caso. In più, il destinatario del “licenziamento” è un signore che non se ne tiene una, figuriamoci il licenziamento.
Siccome Sgarbi possiede l’arte dell’affabulazione, è estroso, pieno di fantasie, e non crede nelle gerarchie, la vivrebbe come uno sgarro, una offesa con conseguenze imprevedibili.
Qalche segnale c’è già stato, tanto da consigliare cautela L’assessore ha richiamato ll’ordine chi gli vuole dare il preavviso, cioè Miccichè. A conclusione di una una riunione di capigruppo, nella veste duplice di commissario di FI in Sicilia, informalmente (ma anche irritualmente) Miccichè aveva annunciato la prossima uscita dal governo di Sgarbi, dopo il 27 marzo.
L’annuncio non è piaciuto. Sicché l’assessore ha dovuto ricordare a Musumeci il patto tra galantuomini stipulato alla vigilia della campagna elettorale. Niente di scritto, il notaio non c’entra.
Sgarbi ha ribadito semplicemente quanto era noto ai suoi interlocutori, che aveva intenzione di candidarsi alla Presidenza della Regione, ma Silvio Berlusconi lo ha dissuaso. In mano il sondaggio di Pagnoncelli, che accreditva il Rinascimento del 5-7 per cento, il Cav gli chiese di …”mmiscariccilla”, come dicono i siciliani.
La sollecitazione in verità non colse certo impreparato Sgarbi, che si dimostrò lieto di potere accontentare Berlusconi, chiedendo di dare una mano al centrodestra, altrimenti a rischio per via dei consensi previsti da Pagnoncelli. E si arriva all’oggetto del patto, l’assessorato alla Cultura della Regione siciliana fino a quando non sarebbe stato chiamato a guidare l’omonimo dicastero a Roma con il governo di centro destra.
Ora le cose si sono un po’ incarbugliate, il risultato elettorale non regala certezze ad alcuno, figuriamoci a Sgarbi, perciò il licenziamento appare, agli occhi dell’interessato, una forzatura. Vuole essere lui a decidere quando e se andarsene. Potrebbe optare la il governo siciliano, infatti.
La disputa, comunque, non può essere pienamente compresa non citassimo alcuni episodi che hanno suscitato perplessità, per usare un eufemismo. L’idea di farsi ritrarre seduto sulla tazza del cesso con in mano il libro di Renzi non è stata giudicata affatto spiritosa. Chi l’ha difeso, ricordando la sua eccentricità, fisiologica negli uomini geniali, o ha accettato le sue iniziative piuttosto singolari (come Musumeci, “non sono la sua badante), non ha cancellato il corrivo dei detrattori. Ed una ragione c’è anche per questa dissenso. Disporre di un posto a tavola (del governo) non è cosa di tutti i giorni. Una cosa è aavere Sgarbi in campagna elettorale, dove si trova a suo agio, è un simpaticone, cattura attenzione, ed un’altra averlo a capo di un assessorato, battitore libero, inavvicinabile.
Nella disputa, tutta interna al centrodestra, sono entrati anche i deputati del M5S, che hanno assunto l’iniziativa di una mozione di censura contro Sgarbi. Piuttosto che accelerare l’uscita, l’iniziativa potrebbe allungare i tempi. Anche se, a causa di una maggioranza esigua, forse nemmeno esistente, potrebbe essere approvata. Senza alcuna conseguenza politica. L’Assemblea non ha poteri di nomina e licenziamento degli assessori.
I pentastellati ipotizzano che Musumeci sia costretto a tenerselo perché sarebbe ostaggio di Miccichè e Berlusconi. Forse dovrebbero guardarsi attorno, restando nelle vicinanze, rinunciando al campo lungo dei fotografi dilettanti.
Eccesso di zelo o voglia di tenere alta la tensione da parte dei grillini? Hanno busogno di “esserci” sempre e comunque, a prescindere. Il Movimento è una macchina da guerra che deve stare in esercizio giorno e notte, altrimenti si sporcano le candele, s’inceppa, sputa olio. Le pause mettono angoscia, disorientamento, smarriscono. Ansia da prestazione qualcuno la chiama, forse c’è dell’altro. Prima o poi lo scopriremo. Ci vorrà tempo, ma ce la faremo. Qualche idea ce l’abbiamo già.