Uno dei due protagonisti della squallida storia di Firenze, il carabiniere 32 enne, il piu’ giovane, e’ siciliano. Pazienza, i siciliani se ne faranno una ragione. Se ci riescono i carabinieri, a malincuore, perche’ non dovrebbero riuscirci i siciliani? Che restano quelli che sono, ne’ meglio ne’ peggio. Eppure, il luogo di nascita “sfonda” lo schermo, va sui titoli, a condizione che sia esportabile. Se e’ uno straniero, peggio un uomo di colore, a commettere lo stupro, l’origine diventa “il caso”, perche’ il pregiudizio, e l’interesse a riferirne i natali, e’ insopprimibile. Non e’ una manifestazione di affetto, ma una vena di razzismo sotto cute.
Una vecchia storia. Quando la Sicilia era terra di emigrazione, e non di immigrazione come nei nostri giorni, i siciliani subivano lo stesso trattamento sui titoli dei giornali. Ricordo un caso per tutti, forse il piu’ noto, Michele Sindona. Fini’ i suoi giorni in carcere, dopo avere subito una condanna, come mandante dell’assassinio del commercialista milanese Ambrosoli.
Ancor prima di subire i rigori della legge, fu perseguito per i suoi disinvolti maneggi bancari ed altro. Michele Sindona e’ nato in Sicilia, a Patti, e per una lunga stagione della sua vita e’ stata una delle stelle che brillavano di luce propria nell’alta finanza internazionale. Era dunque “il finanziere Sindona”, in buoni rapporti con il mondo politico, a cominciare da Giulio Andreotti. La sua origine siciliana rimase pressocche’ ignota, non faceva notizia. Ma quando iniziarono le sue disavventure e i sospetti si addensarono attorno ai suoi traffici, ecco la scoperta. Nei titoli divenne “il bancarottiere siciliano”, o “pattese”. La notizia acquisi’ di colpo rilevanza. La ragione? Non e’ certo affettiva. Pirandello non e’ mai stato, com’e’ giusto, il drammaturgo siciliano, o agrigentino. Cammilleri ha imposto, in vetta alla vendita dei suoi libri, la sua origine siciliana, perche’ adotta una lingua che richiama il dialetto della sua regione.
Il carabiniere siciliano non lo avete trovato nei titoli, ma se fosse di origine tunisina, seppur cittadino italiano a tutti gli effetti, potete scommetterci, sarebbe stato il carabiniere tunisino e non “il carabiniere”, che e’ gia’ tanto per quel che e’ accaduto.
In questa storia, comunque, la cosa ignobile non e’ tanto la sottile linea razzista dell’informazione, quanto il tentativo, nemmeno troppo nascosto, di giustificare in qualche modo il comportamento dei due militari dell’arma, il solito “se la sono voluta”, che in questa circostanza rimanda alle abbondanti libagioni delle due ragazze americane, caricate in auto in non perfette condizioni di intendere e di volere. Essendo in servizio (e anche se non lo fossero stati, non sarebbe cambiato nulla) avrebbero dovuto portare a casa e, se necessario, passare per il pronto soccorso. Non e’ solo lo stupro, infatti, ad assegnare gravi responsabilita’ ai due carabinieri, ma il loro comportamento che tradisce la consegna del servizio in modo clamoroso. Indifendibili, insomma. E nessuno li ha difesi, a cominciare dai vertici dell’Arma e dalla Ministra della Difesa.
Eppure c’e’ – basta sfogliare i social – chi cerca e trova le giustificazioni, quasi che le benemerenze dell’Arma – indubbie – potessero assolvere i due figuri, o le abbondanti libagioni delle americane, giustificare il rapporto consumato “in servizio”.
Preg.mo direttore al di la di ogni umana comprensione (se mai fosse necessaria) i due carabinieri vanno degradati e congedati con disonore. Negli Usa si usa fare così con i militari. Perché va ricordato sempre che sono militari e non civili qualunque e quindi la gravità è maggiore.