La Sicilia è stata per anni l’approdo di molti veneti negli anni Sessanta, una enclave “esclusiva”, che ha avuto in Graziano Verzotto, manager e dirigente politico dc, Renato Albiero, cardiochirurgo, e Arrigo Pasquini, giornalista, l’avanguardia più nota.
Per 35 anni Arrigo Pasquini è stato il portavoce di ben diciassette Presidenti regionali, da Mario Fasino a Totò Cuffaro. Di ognuno è diventato il braccio destro, la spalla, l’uomo di fiducia, talvolta l’amico o il guardiano.
Una istituzione nell’istituzione. La memoria di una stagione politica che sembra lontana anni luce dai giorni d’oggi. Nei tre decenni di Pasquini era l’Assemblea regionale a fare e disfare i Presidenti, talvolta con una rapidità inquietante.
Arrigo Pasquini ha vissuto a Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza regionale, le giornate più terribili ed oscure della storia siciliana – le stragi di mafia, la conflittualità più sanguigne, i crimini più efferati, il malaffare – e conosciuto le fragilità, le debolezze, le abitudini, le intelligenze e i vizi degli uomini che hanno dominato la Sicilia. Da più di venti anni ha lasciato Palazzo d’Orlans, non ha raccontato una sola parola di questa esperienza unica. Mai. Strappargli un ricordo di quella lunga stagione è, dunque, impresa faticosa ed inedita.
Arrigo, è venuto il tempo di raccontarsi.
“Non lo so, non mi sento pronto, lasciamo perdere…”
Non ti debbo fare il terzo grado, desidero soltanto suscitare qualche ricordo…
“E’ proprio necessario, utile….”
Dipende, Arrigo.
“Che cosa vuoi sapere? Ne ho viste tante…”
Quanti Presidenti hai “gestito”?
“Undici, tredici, forse di più, da Fassino a Cuffaro”
Te li ricordo: Mario Fasino, Vincenzo Giummarra, Angelo Bonfiglio, Piersanti Mattarella, Mario D’Acquisto, Calogero Lo Giudice, Santi Nicita, Modesto Sardo, Rosario Nicolosi, Vincenzo Leanza, Giuseppe Campione, Francesco Martino, Matteo Graziano, Giuseppe Provenzano, Giuseppe Drago, Angelo Capodicasa, Salvatore Cuffaro…
“Sono tanti”.
Quando hai avvertito un cambiamento, se mai l’hai avvertito?
“Il primo cambiamento l’ho vissuto con Piersanti Mattarella. Un cambiamento politico, epocale. Governò con i comunisti, era la prima volta. E volle che la Sicilia tenesse i conti a posto. Niente piagnistei, questue, ma grande dignità”
Altri momenti di svolta?
“Rino Nicolosi, con lui piovvero consistenti risorse in Sicilia, la Regione compì grandi passi avanti. Gestì una quantità notevole di fondi fuori bilancio… Era il tempo di Michelangelo Russo, il leader del Pci. Una stagione lontana”.
Finì male, Arrigo. Quanto hai dovuto attendere per vivere un altro cambiamento…
“Credevamo che dovese verificarsi un terremoto con il successo politico di Forza Italia, ma la realtà ci dimostrò che avevamo fatto i conti senza l’oste. Ricordo che il Presidente Provenzano ci provò a cambiare le cose…”
Senza riuscirci.
“Provenzano cercò di mettere ordine negli enti regionali. Non era certo un politico di lungo corso, “solo” un buon amministratore, e non bastava. Scoprì che la politica continuava a fare quel che voleva, per certi versi a sua insaputa. Le clientele ebbero la meglio”.
Provenzano fu l’ultima delusione?
“L’altro cambiamento, vero stavolta, lo portò Totò Cuffaro. Gestì il potere nei modi tradizionali, chiedendo risorse allo Stato. Con lui la Regione tornò imprenditrice. Ed è avvenuto quel che sappiamo”.
Sei veneto, perché hai scelto di lavorare in Sicilia?
“E’ la terra più bella del mondo, sono veronese. Verzotto? Sì, anche lui è veneto, ma è padovano, un altro mondo, quelli sono tutti dottori e professori. Io sono veronese”
Qual è la malattia della Sicilia?
“Chinare la testa, non saper reagire…”
L’episodio peggiore di quei trentacinque anni.
“L’assasinio di Piersanti mattarella. Non uccisero solo un uomo, temetti che volessero decapitare le istituzioni. Un assassinio dirompente. Mi chiesi dove vivevo… Provai lo stesso scoramento quando ammazzarono Carlo Alberto Dalla Chiesa, anche in quella occasione supposi che il bersaglio fosse lo Stato, non solo il generale. Era inconcepibile ciò che avveniva. Provai la voglia di andarmene…”.
Che cosa ti sei portato con te di positivo, ora che sei tornato nel Nord?
“Ho conosciuto tanti giovani impegnati nel sociale in Sicilia, sono stato testimone della loro disponibilità di aiutare gli altri ed aiutarsi. E’ questo che mi ha colpito”.